Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il potere sulle banche su moneta e capitale

Il potere sulle banche su moneta e capitale

di Raffaele Ragni - 14/01/2008

 

Il potere sulle banche su moneta e capitale



Le monete metalliche e le banconote esistono fin dagli albori del capitalismo. Sono chiamate denaro liquido o contante. E’ la forma che assumono i soldi nell’immaginario collettivo. Oramai si utilizzano solo per i piccoli acquisti. La loro circolazione è sostituita da flussi di valuta per impulso elettronico, innescato da carte di credito e bancomat rilasciati dalle banche ai correntisti. In realtà il contante non è che una piccola parte di ciò che, nel sistema economico, svolge la funzione di moneta.
In teoria qualunque cosa potrebbe servire da moneta, se ci si accorda ad utilizzarla come tale. Tuttavia, a rendere moneta un certo bene, non basta che alcune sue peculiarità - come la forma, il peso, la materia prima - lo rendano particolarmente adatto alla circolazione e alla tesaurizzazione. Deve avere un’utilità sociale, espressamente o tacitamente riconosciuta. Pertanto, non sono moneta tutti i valori che potrebbero servire da moneta, ma soltanto quelli a cui vengano attribuite un insieme di funzioni di rilevanza collettiva. La moneta è quindi, nella sua essenza, un prodotto della comunità. La natura e il lavoro umano non producono moneta, ma beni e valori che diventano tale per convenzione sociale.
L’accordo da cui nasce la moneta consiste, in primo luogo, nell’accettare di barattare le merci, non più tra loro, ma sempre e soltanto con una stessa merce, appunto quella che funge da moneta (intermediario degli scambi). In secondo luogo, nel decidere di misurare in moneta il valore di ogni bene, definendo un rapporto di cambio in virtù del maggiore o minore valore monetario di ciascuno (unità di conto). Svolgendo queste due funzioni, che la rendono veicolo e simbolo di ricchezza, la moneta tende ad essere tesaurizzata a scopi precauzionali (riserva di valore). Anche questa terza funzione ha un significato sociale, perché scaturisce dalla percezione del rapporto tra individui e classi, ma ha riflessi economici, perché condiziona la dinamica del sistema nelle relazioni tra sfere, mercati ed operatori.
In un sistema economico complesso, tutti i mezzi di pagamento e i titoli di credito che hanno funzione di moneta sono individuati ed accorpati in base al grado di liquidità, cioè alla capacità di fungere da denaro immediatamente disponibile. La Banca d’Italia, fin dal 1985, distingue 3 livelli di liquidità, a cui corrispondono 3 aggregati monetari. E’ possibile introdurre nuovi aggregati o ridefinire quelli esistenti. Ciò al fine di allargare la base monetaria, concetto che comprende la moneta legale e tutte le attività finanziarie trasformabili rapidamente in moneta legale, che le banche possono costituire in riserva obbligatoria presso la banca centrale. E’ definita anche moneta ad alto potenziale o liquidità di base, poiché rappresenta il fondamento da cui si sviluppa il meccanismo di creazione della liquidità.
Pur nella peculiarità delle sue funzioni e nella complessità della sua attuale composizione, la moneta resta comunque una merce, e come tale viene prodotta e negoziata in uno spazio economico regolato dalle leggi della domanda e dell’offerta. Con riferimento all’Unione Europea (UE), i soggetti che intervengono sul mercato della moneta si dividono in due settori: emittente e detentore di moneta. Il settore emittente crea moneta. Esso comprende le cosiddette Istituzioni Finanziarie e Monetarie (IFM), in particolare le banche centrali nazionali, la BCE, le aziende di credito, i fondi d’investimento monetario. Il settore detentore di moneta è invece una categoria residuale. Essa comprende tutti i residenti nell’area dell’euro che non siano IFM, in particolare le famiglie, le assicurazioni, i fondi pensione, le amministrazioni pubbliche centrali e periferiche. Le banche controllano, non solo l’emissione, ma anche il settore detentore di moneta. Infatti, da un lato controllano assicurazioni e fondi pensione mediante rapporti di compenetrazione, dall’altro vincolano famiglie ed enti pubblici attraverso l’indebitamento.
La produzione di moneta è un’attività pervasiva, perché muove il sistema in tutte le sue sfere. Il meccanismo del credito agisce con efficacia generale - laddove genera titoli che compongono i vari aggregati monetari - o con efficacia particolare - laddove crea disponibilità specifiche nelle varie sfere del sistema. I flussi di moneta verso la sfera della domanda (es. credito al consumo) o della distribuzione (es. credito all’esportazione) favoriscono le transazioni, ma non producono capitale. Quando invece una banca impiega fondi nel finanziare un imprenditore, nel sistema economico si forma capitale. Precisamente accade che un’azienda, operante sul mercato delle merci, compra da un’altra impresa, operante sul mercato della moneta, la merce denaro che, essendo investito con finalità di profitto, diventa capitale. Il processo che trasforma la moneta in capitale si definisce accumulazione. Per analogia con la produzione di merci, possiamo dire che la moneta è la materia prima del capitale.
Le diverse forme con cui le banche concedono credito alle imprese - agrarie, industriali, commerciali - rappresentano altrettanti processi di trasformazione di moneta in capitale. Ma il ruolo delle banche nell’accumulazione non si limita all’intermediazione creditizia, che comprende le operazioni di impiego in finanziamenti (apertura di credito, anticipazione, sconto) ed il cosiddetto credito speciale (credito fondiario, credito alle opere pubbliche, credito agrario e peschereccio, credito agevolato). Si estende alle operazioni di investimento finanziario e a quelle di compravendita mobiliare e valutaria, che rientrano nel concetto di intermediazione non creditizia, fino ad includere una serie di servizi collaterali o parabancari, che sono una categoria residuale dove sono confluite le nuove fattispecie prodotte dalla finanza cosmopolita.
Per il ruolo svolto nella creazione di moneta e nella sua trasformazione in capitale, le banche sono il cuore del sistema, usurpando funzioni che, avendo grande rilevanza collettiva, andrebbero affidate ad enti pubblici. Per capire in che modo, e a quali condizioni, le banche consentono l’accumulazione di capitale, bisogna partire dalle garanzie imposte all’imprenditore per erogare un credito. Senza adeguate garanzie, personali o reali, nessuno ottiene un finanziamento per iniziare, gestire o ampliare una certa attività produttiva. Le garanzie personali implicano l’allargamento della responsabilità patrimoniale, nel senso che l’adempimento dell’obbligazione è garantito, oltreché dal patrimonio del debitore principale, anche dal patrimonio di un’altra persona. Sono tali la fideiussione, l’avallo, il mandato di credito. Le garanzie reali consistono invece nel vincolare, a vantaggio della banca, determinati beni mobili o immobili di proprietà del debitore. Sono tali il pegno e l’ipoteca.
Svolge marginalmente funzione di contrappeso allo strapotere delle banche nel processo di accumulazione, l’assunzione di responsabilità collettiva da parte di specifiche categorie di beneficiari del credito. Sono i consorzi di garanzia collettiva - i cosiddetti confidi - enti costituiti dagli apporti privati degli imprenditori associati, talvolta anche da contributi pubblici, e regolati da formule miste di garanzia e assicurazione. Analoghe sono le cooperative di garanzia fra artigiani. Queste formule giovano a favorire il credito, a vantaggio di piccoli e medi imprenditori, da parte di banche convenzionate. Presso queste si costituiscono fondi rischi, a cui si aggiunge un monte fideiussioni gestito dal consorzio. La banca assume a suo rischio una percentuale della perdita e, in caso di insolvenza, si avvale prima del fondo rischi e poi del monte fideiussioni.
Ad attenuare il conflitto tra banchieri e imprenditori, segnato dal carattere più o meno restrittivo del sistema delle garanzie, intervengono le varie forme di integrazione tra finanza e industria che si realizzano con la partecipazione delle banche al capitale di rischio delle imprese. Tradizionalmente essa avviene mediante l’acquisizione di azioni che danno pieno diritto di voto in assemblea (azioni ordinarie) o che non danno diritto al voto ma offrono particolari vantaggi nella ripartizione degli utili o nel rimborso del capitale allo scioglimento della società (azioni privilegiate). La partecipazione avviene anche attraverso l’acquisizione di obbligazioni convertibili, che danno la facoltà di rimanere creditore della società emittente, e quindi di incassare interessi, oppure di convertirle in azioni ordinarie o privilegiate. Le tipologie d’intervento variano in relazione alla fase di sviluppo dell’azienda.
Un ruolo particolare svolgono le banche nei casi di partecipazione a sindacati di garanzia e/o collocamento titoli, e nelle operazioni di fusione e incorporazione. Le modalità d’intervento sono due. Con la tecnica asset for cash le banche acquisiscono solo le attività collegate al business d’interesse, che diventano garanzia per i finanziamenti. In tal modo si evitano problemi di responsabilità sulle pendenze legali e fiscali imputabili alla società da acquisire. La tecnica cash merger consiste invece nel costituire una società acquirente, che abbia una struttura finanziaria ritenuta adeguata per dare corso all’operazione. La società fittizia ottiene i finanziamenti, acquisisce l’impresa che interessa, e successivamente si fonde con essa.
A fusione avvenuta, le eventuali necessità finanziarie vengono soddisfatte liquidando le attività non ritenute indispensabili oppure alienando cespiti, quasi sempre immobili, che vengono subito dopo ripresi in locazione finanziaria con la tecnica del sale and lease back. La partecipazione delle banche a tali operazioni avviene attraverso la concessione di prestiti (bridge loans) o la sottoscrizione di una parte delle obbligazioni della società oggetto di acquisizione. Questi titoli sono definiti obbligazioni spazzatura (junk bonds) e compensano con un rendimento più alto della media il maggiore rischio assunto dall’investitore.
La moneta, per sua natura, è un prodotto comunitario, perchè nasce dalle necessità della vita associata, dalle più semplici alle più complesse. La coscienza collettiva genera moneta ed il popolo è l’unico suo legittimo proprietario. Laddove il sistema bancario, con lo sviluppo del capitalismo, ha cominciato a produrre titoli di sua proprietà che vengono prestati, cioè venduti ad usura, agli operatori del sistema economico - Stato, famiglie, imprese - ponendo quindi il popolo nella condizione di debitore, si è verificata un’usurpazione del diritto, potremmo dire naturale, della comunità ad essere proprietaria del suo prodotto sociale. Poiché le banche non si limitano ad essere creatrici e proprietarie della moneta, ma decidono come e quando la moneta è trasformata in capitale - non per il bene comune, ma per i loro specifici interessi - possiamo affermare che la sovranità, in un sistema del genere, non appartiene al popolo, ma alle banche.
Come viene rivendicato il diritto dei lavoratori ad essere proprietari, a determinate condizioni, dei mezzi di produzione, a maggior ragione bisogna affermare il diritto sovrano del popolo ad essere proprietario della moneta e del capitale. Ciò significa nazionalizzare le funzioni di emissione e accumulazione, sottraendole al potere delle banche private e affidandole ad enti pubblici che le gestiscano nell’interesse dell’economia, e non per massimizzare i profitti solo di certe aziende, quelle che producono la merce moneta e la trasformano in capitale. Portare l’attacco al cuore del sistema. Distruggere l’usurocrazia per costruire la democrazia.
Questa è la premessa o, se si preferisce, l’obiettivo di un’autentica liberazione nazionale.