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L'Arcifanfano d'Oriente

di Miguel Martinez - 15/01/2008

 

Non so se conoscete la storia di Sheykh Mansur.

Io avevo letto qualcosa una decina di anni fa.

Da allora, ho sempre sperato che qualcuno facesse le difficili ricerche necessarie per capire quanto ci fosse di vero.

Potete quindi immaginare la mia soddisfazione nell'apprendere che questo lavoro era stato, finalmente, fatto. Da una persona che ha le complesse competenze per farlo. E che scrive in maniera splendida.

Il libro si chiama L'imbroglio del turbante, l'autrice è Serena Vitale (edizioni Mondadori).

E la storia, all'incirca, è questa (solo che è molto più complicata).

Nel 1785, nel piccolo villaggio ceceno di Aldi - luogo da poco convertitosi all'Islam - appare un predicatore analfabeta, che invita i paesani a smettere di rubare e di compiere vendette.

I russi vengono a saperlo. Ritengono che il profeta di Aldi stia per "lanciare un jihad" contro di loro. Violando tregue e trattati, mandano un corpo di spedizione per catturarlo. Non ci riescono, incendiano il fieno e vanno via; ma mentre attraversano un bosco, vengono massacrati dai ceceni.

Con questo scontro, il predicatore di Aldi si trasforma, per il mondo, nel mitico Sheykh Mansur, il Vittorioso, terrore dell'Occidente o redentore dei musulmani oppressi secondo i punti di vista, che si racconta sia il predecessore del Mahdi, e che sia comparso nella lontana Bukhara. Oggi, è celebrato come eroe nazionale, anzi fondatore della Cecenia.

Di questa sorta di Osama bin Ladin dei suoi tempi, ci si interessa molto a San Pietroburgo, a Istanbul e - stranamente - a Firenze. Dove esce il testo della presunta Riforma dell'Alcorano di Mansur, in un fiorito italiano, un confuso programma di trasformazione dell'Islam; ed esce un'altrettanta bizzarra "storia ragionata" della vita di quello che l'anonimo autore descrive, non senza ammirazione, come un impostore e "arcifanfano".

Come mai a Firenze? Come mai in Italia?

Da un messaggio segreto che l'Internunzio Pontificio a Istanbul riesce a rubare al console prussiano, che a sua volta l'ha rubato al console olandese, risulta che Mansur sarebbe stato identificato come un giovane aristocratico persiano, approdato a Livorno come immigrato clandestino (lo so, in questo post gioco con assonanze contemporanee), che si fa convertire al cristianesimo sotto il nome di Giuseppe Maria Gaspero Ferdinando Monte Murli. Scompare, ricompare, a volte come un affascinante nobile italiano presso la corte di Luigi XVI, a volte come il più grande mujahid d'Oriente.

Poi, un giorno, la Gazzetta Universale di Firenze dà un annuncio ancora più sconvolgente a proposito del riformatore dell'Alcorano, che "ha messo sottosopra tutta la Georgia e la Circassia": dice, "sappiamo per certo essere egli un Rinnegato di nazione italiana".

Il Rinnegato Italiano assume le sembianze di Giovanni Battista Boetti, nato lo stesso giorno di Cagliostro, figlio di un piccolo notaio piemontese fuggito di casa per diventare un po' frate e un po' donnaiolo nelle località più improbabili, da Praga a Mosul. Scompare in Svizzera, dopo aver abbandonato la tonaca. E ricompare, dicono i gazzettieri, come Sheykh Mansur.

Sulla parete della sua casa natale, potete leggere questa notevole e molto italica lapide:

boetti

"In questa casa nacque il 2 giugno 1743 Giovanni Battista Boetti che sotto il nome di Profeta Mansur Sceik Oghan Oolo
alla testa di ottantamila uomini conquistò l'Armenia la Georgia il Kurdistan e la Circassia e vi regnò sei anni qual sovrano assoluto
morì nel 1798 in Solowetsk sul Mar Bianco."

Ma questo è solo l'inizio dell'imbroglio, attraverso cui ci conduce Serena Vitale, dando la caccia ai protagonisti negli archivi di San Pietroburgo, Prato, Istanbul, Parigi, Napoli, Nantes, Londra e chi sa quanti altri luoghi.

Che vi devo dire, certi libri si avvicinano davvero alla perfezione.