La relazione tra uomo e donna si è ammalata. Aumentano i divorzi, ma aumenta anche lo stalking, la persecuzione dell’ex partner tempestato (soprattutto se donna), da telefonate, minacce, irruzioni, purtroppo anche percosse, qualche volta ferite, e peggio. Non si riesce a stare assieme, ma neppure a lasciarsi. Anche le separazioni e i divorzi, con la loro sequela di accuse, dispetti, ritorsioni, diventano spesso un modo di non lasciare l’altro, perseguitandolo nei modi più crudeli.
Cos’è che avvelena la relazione tra le persone, impedisce loro di progettare insieme, di costruire, di mediare le rispettive differenze? Il fatto è che si è ammalato l’amore. In particolare, s’è ammalato il luogo dove ogni essere umano sperimenta per la prima volta l’amore, il venire amato e l’amare gli altri: la famiglia.
Del resto, si tratta della più antica istituzione umana, con compiti e funzioni estremamente diversificati, e sensibili all’ambiente circostante: non c’è dunque da stupirsi che si sia ammalata, in un’epoca di così profondi e numerosi cambiamenti, come la nostra. Il fatto è che la buona funzionalità della famiglia, come incubatrice delle successive esperienze d’amore e di relazione affettiva dei figli, è sempre stata fondata soprattutto su un requisito preciso: la sua capacità di fornire effettivamente amore e supporto ai suoi figli, di essere insomma il primo luogo dove viene sperimentato un pieno appagamento affettivo.
Questa piena soddisfazione affettiva, ricevuta dal rapporto coi genitori, all’interno della relazione familiare, metteva i figli in grado di credere nell’amore degli altri per loro, e di aver fiducia nella relazione uomo-donna, modellata sul rapporto genitoriale.
Qui, però, già incominciano i dolori. Innanzitutto perché nella famiglia attuale i figli, come oggetti d’amore dei genitori, si trovano in concorrenza con molte altre cose. Per esempio il successo, l’immagine, gli oggetti di consumo che contribuiscono ad affermarla. Ci sono però anche le altre persone, fuori dalla famiglia: i possibili flirt o amori (reali o virtuali, le passioni da internet e chat) dei genitori, che non sono più un tabù, ma fanno parte di una quotidianità diffusa.
Naturalmente la trasgressione genitoriale è sempre esistita, ed i figli ne hanno sempre sentito la più o meno nascosta minaccia. Quando però si manifesta (tra trasgressioni paterne, e quelle materne), in una coppia su tre, come oggi, e diventa quindi costume (infatti non più sanzionato dalla legge), nei figli si instaura l’angoscia.
La sfiducia nella relazione affettiva, e nella relazione di coppia, comincia, in queste condizioni, molto presto. Sia perché spesso i figli stessi non si sono sentiti realmente ascoltati e pienamente amati per quello che sono, sia perché hanno percepito la fragilità nel rapporto d’amore tra i genitori. I quali, quando ne hanno le possibilità, cercano spesso di rimediare a quest’angoscia dei figli, che più o meno consciamente avvertono, colmandoli di favori. Riempirli di regali e cercare di farsi perdonare però, non rimedia a nulla. Anzi peggiora, perché non li aiuta a costruire quel senso di responsabilità, che sarà decisivo per la salute della coppia. Inoltre spinge i figli a coprire la loro insicurezza profonda, con una narcisistica illusione del proprio valore, confermato dalla benevolenza che i genitori mostrano verso di loro. Nutre insomma quello che la psicologia chiama il “sé grandioso” destinato ad infrangersi al primo no che l’altro dirà loro.
La fragilità della famiglia rende così, a loro volta, i giovani incapaci di relazioni salde.

da “Il Mattino di Napoli”