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La legge sono loro

di Antonio Padellaro - 19/01/2008

       
  
'...Condannato da un tribunale della Repubblica a cinque anni per favoreggiamento, il presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro comunica esultante: non mi dimetto.
Uomo di parola, Totò lo aveva detto prima che senza l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra sarebbe rimasto al suo posto. L’asticella l’ha fissata lui, e adesso non sente ragioni.
Almeno un amico degli amici si è giovato di una sua soffiata su certe microspie messe dagli investigatori. Con il risultato di vanificare intercettazione e indagini. Negli Stati Uniti per molto meno ti sbattono in galera e buttano la chiave. Qui da noi ti dedicano una fiaccolata.
A quanto si è capito, secondo i giudici, favorire un mafioso non significa favorire la mafia. Siamo o no la patria del diritto?
La condanna...
resta comunque grave, una macchia pesante per un uomo politico che dovrebbe difendere la propria immagine di onestà sopra ogni altra cosa.

Non certo per “vasa vasa”, abituato a baciare sulle guance tanta di quella gente, ovviamente senza mai chiedergli la fedina penale.
Lo abbiamo visto, raggiante, raccogliere il meritato successo a palazzo di giustizia.
Dicono che nelle chiese palermitane i suoi fedeli abbiano pregato per l’assoluzione, e se anche il miracolo non c’è stato a Totò va benone lo stesso.

Alleluja. Tra sconti di pena e indulto di quei cinque anni ne resterà ben poco.

E quanto all’interdizione dei pubblici uffici, scatta a sentenza definitiva.
Totò sorride e vasa e vasa. Immacolato è.
È un arroganza che lascia senza parole, ma scandalizzarsi serve poco.
I tanti Cuffaro disseminati nel nostro bel paese della legge se ne fottono allegramente perché “loro” si considerano la legge.

E quanto alle sentenze, dipende dal punto di vista.
Infatti, Cuffaro festeggia la condanna che considera un’assoluzione e subito si crea una festosa processione di solidarietà guidata da Pierferdinando Casini. Il quale dimentico di aver ricoperto il ruolo di terza carica dello Stato, con una certa dignità, si congratula e approva con questo stravagante sillogismo: Totò non è colluso e quindi è giusto che resti presidente.
Con questa logica potevano anche dargli dieci anni o venti e il leader Udc avrebbe ugualmente stappato lo spumante.
Bravo Totò sei tutti loro, ma occhio alla prossima soffiala.

In questo venerdì di ordinaria giustizia spicca pure il rinvio a giudizio di Berlusconi chiesto dalla Procura di Napoli per corruzione.
La storia è quella della famosa telefonata al prono Saccà con le aspiranti attrici tv “segnalate” in cambio di favori.
Qui la tecnica è collaudatissima. Se Totò minimizza, Silvio s’indigna.
E giù insulti contro il partito delle procure che i bravi berluscones rincarano in pieno delirio mistico accusando i magistrati di barbarie e altre nefandezze.

Poi i due si congratulano vicendevolmente solidarizzando con Mastella. Il quale da Ceppaloni nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura definisce una «macchietta» il procuratore di Santa Maria Capua Vetere che lo ha inquisito con moglie e parenti.
Vendetta tremenda vendetta: il leader dell’Udeur pretende da tutta la maggioranza un voto di solidarietà, altrimenti addio governo. Probabilmente lo avrà.

Alla fine l’unico, vero colpevole della giornata sarà il pm di Catanzaro De Magistris. Duramente sanzionato dal Csm viene trasferito da Catanzaro e non sarà più pm.
Così impara a indagare sui politici.

P.S. L’altra sera in tv il sondaggista Renato Mannheimer calcolava in 7 su 100 gli italiani che nutrono ancora fiducia nella politica. Coraggio, lo zero è vicino.