Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La logica dello scorpione

La logica dello scorpione

di Israel Shamir - 21/01/2008




L’incantesimo del freddo polare che ha congelato la Palestina per qualche settimana si è a quanto pare dileguato insieme al presidente Bush, lasciandoci a congetturare perché mai quest’uomo strano sia arrivato sin qui. Qualche incorreggibile ottimista ha espresso la convinzione che Bush aveva indetto la riunione di Annapolis ed era partito per il suo viaggio di questi giorni per raggiungere la pace in Medio Oriente e per migliorare la propria immagine per le generazioni future. “Non si vuole ritirare con la macchia di Abu Ghraib e della guerra in Iraq, sogna di essere ricordato volentieri”, dicono. Gli stessi ottimisti dicevano le stesse cose sul generale Sharon durante il suo sbandierato ritiro da Gaza. C’è voluto un anno o due per dar modo anche i più ottusi ottimisti di capire che (come egli scrisse in tempo reale durante il ritiro) questa atto permetteva agli ebrei di infliggere maggiori sofferenze ai palestinesi e ad un prezzo inferiore. Ora possono bombardare Gaza a volontà, senza preoccuparsi del passante ebreo che potrebbe parimenti essere colpito. Ora possono affamare Gaza e fare miliardi vendendo merce agli assediati mentre il conto viene pagato dalla comunità internazionale. Questa era la natura di Sharon: se ti dava un pezzo di pane, dovevi stare attento all’ago che stava dentro; se ti dava un bicchiere d’acqua, dovevi controllare che non fosse avvelenato. Come lo scorpione del racconto mediorientale non si poteva comportare in maniera differente. Bush è un cugino americano del suo amico Sharon – ridotto allo stato vegetativo – bloccato ora in un limbo comatoso in cui reagisce al dolore. Questi personaggi semplicemente non possono fare del bene. Se vedete Bush fare una buona azione, correte dall’ottico! Il nostro amico Jack Graham ha scritto di recente che l’America non è il Grande Satana. Vero, ma sotto Bush, è quella che ne fa le veci fino a quando verrà il vero Satana.

Uno psicologo potrebbe cercare di svelare il mistero del profondo coinvolgimento di Bush con i neocon – non entreremo nei motivi (è vampirizzato, ricattato, stregato?), ci accontentiamo di considerarlo un fatto. Per i neocon, quello di Israele e della Palestina è il nocciolo dei problemi. Ma non si accontentano di avere il pieno controllo della Palestina; qualunque cosa sia essi tramano per prendersi l’intero Oriente, dall’India all’Etiopia. Torneranno ad occuparsi della Palestina in seguito, quando il resto sarà assicurato. Adesso provocano devastazioni e lasciano che i cani della guerra scorazzino indisturbati. Vogliono distruggere il Pakistan e appropriarsi delle sue armi nucleari, vogliono mettere le mani sulla Russia e sulla Cina, ma il loro desiderio immediato è quello di mettere sotto l’Iran. A questo scopo, Bush ha bisogno di avere dalla propria parte qualche tirapiedi arabo. I Maestri del Discorso affermano che gli arabi “tremano di paura per le presunte “ambizioni nucleari” dell’Iran e potrebbero persino arrivare a vendere i palestinesi se gli Stati Uniti dovessero far fuori l’Iran a loro beneficio”, dice John Whitbeck, che descrive questo desiderio come “psichedelico” (in realtà “le strade [arabe] si galvanizzerebbero se un qualsiasi stato musulmano sotto il tiro di Israele – anche uno stato non arabo e scita - dovesse dotarsi di armi nucleari e stabilire un “equilibrio del terrore” al posto del terrore unilaterale degli ultimi quarant’anni”, afferma Whitbeck).

E’ possibile convincere gli americani che questa pretesa psichedelica è giusta: i Maestri del Discorso possono convincere la maggioranza dei cittadini americani di qualunque cosa: anche degli alieni grigi. Gli americani sono stati convinti che i Vietcong sarebbero presto atterrati in California, che Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa e che gli iracheni avrebbero accolto i marine come liberatori, così possono essere convinti ancora e ancora, fino a quando non distruggeranno il giogo manipolatore dei Maestri. Ma gli arabi non ci cascheranno, così come non ci sono cascati gli iracheni. Come prossimo passo, Bush deve fare qualche concessione in Palestina. Non può essere un vero miglioramento, naturalmente, perché la Palestina è il cuore, la meta finale; sarà sufficiente se apparirà come un passo in avanti.

Questo è il motivo per cui Bush è andato avanti con l’inutile farsa di Annapolis. Se credete che Annapolis e la visita di Bush hanno messo in moto il vociferato “processo di pace” anche di un’inezia, non avete bisogno di credere al Monaco Elettrico, l’ordigno descritto da Douglas Adams come una macchina creata per credere qualunque cosa la gente trova difficile da credere: potete battere voi stessi questa macchina! Il patriarca cattolico di Gerusalemme – prossimo al ritiro – Mons. Michel Sabbah ha spiegato correttamente nel suo discorso di Natale: “Un nuovo sforzo per la pace è iniziato in queste ultime settimane. Affinché abbia successo, deve esservi una ferma volontà di raggiungere la pace. Fino ad ora non vi è stata pace, semplicemente perché non c’è stata la volontà di realizzarla”, ed egli ha additato “il partito forte, quello che ha tutto in mano, quello che sta imponendo l’occupazione agli altri”. In realtà Israele non vuole una pace che sia accettabile dai palestinesi, ma vuole (insieme a Bush) una pace alle sue condizioni.

Gli arabi capiscono questa cosa come chiunque. Persino il più filo-occidentale dei giornali arabi mainstream, il Gulf News di Abu Dhabi, ha scritto una lettera a George Bush dicendo: “Lei ha detto che il suo tour odierno vuole realizzare la pace a lungo trascurata in Medio oriente. La pace nella regione non sarà raggiunta aumentando la tensione e minacciando di rovesciare regimi. E soprattutto non sarà raggiunta sostenendo Israele, che continua a sfidare il diritto internazionale, a occupare le terre arabe e a opprimere i palestinesi e a respingere le iniziative di pace.”

Al Jazeera dice, riferendosi ad “analisti”, che “il presidente americano è troppo tardivo nel suo appello agli alleati arabi per fronteggiare l’”estremismo” iraniano, poiché alcuni alleati-chiave degli americani nel mondo arabo hanno gettato il loro peso in un crescente riavvicinamento con l’Iran. I maneggi degli americani in Medio Oriente hanno spinto gli arabi ad adottare il dialogo con la Repubblica Islamica.”

Il rifiuto della Russia delle sanzioni contro l’Iran ha contribuito ha creare il mutamento di clima, ed è possibile affermare che Bush ha mancato la sua occasione di costruire un fronte anti-iraniano. Tuttavia, la propaganda occidentale anti-iraniana ha avuto la sua influenza su molti arabi; persino il sito relativamente amichevole verso la resistenza irachena – http://www.uruknet.info/ – ha pubblicato terribili diatribe contro “i persiani”. Il dr. Theodor Reik ha scritto che le persone e le culture viaggiano sempre con la stessa inclinazione: gli arabi sono stati ingannati una volta nell’appoggiare l’Inghilterra contro l’Impero ottomano. Il risultato fu inaccettabile; ma questa esperienza li preserverà dal ripetere l’errore, o sosterranno essi gli Stati Uniti contro gli iraniani, se verrà loro offerta qualche convincente performance da parte del presidente palestinese Mahmud Abbas? La Palestina è ancora la chiave.


[1] Traduzione di Andrea Carancini.