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L'agricoltura asseterà il mondo

di Romolo Gobbi - 21/01/2008

 
L'acqua dolce disponibile in superficie viene consumata per il 70% dall'agricoltura, per il 20% dall'industria e solo il restante 10% va al consumo diretto degli uomini. Se 50 anni fa la disponibilità media annuale per il consumo individuale era di 16.800 metri cubi, oggi questo è sceso a 6.800; inoltre:"Nei prossimi 20 anni la quantità media di acqua pro capite diminuirà di un terzo rispetto a oggi". Se questa realtà drammatica viene vista paese per paese, si scopre una realtà ancora più drammatica, perché, se un canadese consuma 326 litri al giorno, il consumo di un indiano scende a 40 litri e in un villaggio del Kenia se ne consumano solo 10 litri al giorno. Nel 1996 28 paesi erano afflitti da problemi idrici o di scarsità di acqua; secondo le previsioni, entro il 2025 questa cifra dovrebbe crescere a 56. E' stato ipotizzato che il numero di persone che vivono in paesi privi di una quantità adeguata di acqua è destinato a salire, tra il 1990 e il 2025 da 131 milioni a 817 milioni. L'India sarà uno dei paesi più colpiti, infatti, mentre nel 1951 la disponibilità media di acqua totale era di 3450 metri cubi per abitante l'anno, alla fine degli anni '90 era scesa a 1250 metri cubi; la proiezione per il 2050 è di 760 metri cubi. Bisogna sapere che se la disponibilità annua di acqua per persona scende al di sotto dei 500 metri cubi, la sopravvivenza della popolazione è gravemente compromessa.

Se l'India ha sete, anche la Cina non è da meno: "Su 600 città principali, 400 non hanno acqua a sufficienza. Il Fiume Giallo, lo Hai e lo Huai sono asciutti per mesi, anche se conoscono piene devastanti". Altri fiumi nel mondo si impoveriscono sino quasi a scomparire: il PO come il Colorado, l'Eufrate come il Paranà.

Tutto questo è conseguenza dell'uso agricolo dell'acqua, visto che in realtà le necessità quotidiane di acqua potabile per gli esseri umani ammontano a pochi litri, anche se la situazione si sta aggravando per la crescita della popolazione. Molte sono le colture che richiedono abbondanti irrigazioni: il riso. Il granoturco, il girasole, le barbabietole, i pomodori, oltre a numerose piante da frutto. Recentemente alcune di queste colture sono state intensificate ulteriormente per la produzione di biocarburanti, il che è stato definito un vero ;crimine contro l'umanità;, perché per produrre anche solo il 5% del combustibile per i trasporti, bisognerebbe destinare il 15% della superficie totale, sottraendola alla produzione alimentare.

L';aumento della produzione agricola comporta la ricerca di nuove disponibilità di acqua dolce attraverso la costruzione di nuove dighe, il che creerà nuovi conflitti per l'utilizzo delle nuove risorse idriche. Siria e Giordania progettano di costruire una grande diga che sbarrerà lo Yarmuk, uno dei due rami del Giordano, acuendo i conflitti sull'utilizzo del fiume tra Israele, Palestina e Giordania.

Anche il controllo delle alture del Golan, contese tra Siria e Israele, riguarda l'utilizzo delle acque. Ben più gravi i conflitti che deriveranno dalla costruzione di nuove dighe in Turchia, che potrebbero far scomparire il Tigri e l'Eufrate, distruggendo definitivamente l'Iraq. Anche in Africa potrebbero scatenarsi conflitti per l'utilizzo delle acque del Nilo tra Egitto, Sudan ed Etiopia. Alla lotta per l'accaparramento delle acque per irrigare le coltivazioni, e oltre alle perdite ed agli sprechi dei sistemi di irrigazione, un'altra parte di spreco delle acque superficiali deriva proprio dalla produzione di biocarburanti. Poiché le terre coltivabili sono limitate, si ricorre alla deforestazione per poter piantare mais. La deforestazione produce un danno alle acque superficiali perché il sottobosco delle foreste pluviali funziona da serbatoio di acqua e la foresta ne impedisce l'evaporazione, consentendo la penetrazione nel terreno e l'alimentazione delle falde acquifere sotterranee.

Si sa che la deforestazione produce il suo maggior danno riducendo l'assorbimento dell'anidride carbonica da inquinamento, ma produce un danno ulteriore facilitando l'erosione dei terreni.
Ancora una volta, per risolvere problemi così gravi, essenziali per la sopravvivenza umana, non si può che invocare la costituzione di un "governo globale" che sappia imporre agli interessi dei singoli paesi l'interesse generale della sopravvivenza della specie.