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Vietato vietare

di a.m. - 21/01/2008

       

 

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Abbiamo atteso che il caso si sgonfiasse. Ora ne scriviamo ma solo per ribadire un concetto semplice semplice: non vogliamo farci impastoiare nello scontro tutto fumogeno fra guelfi e ghibellini, fra clericali in avanzato stato di ipocrisia e laici ad alto tasso di intolleranza. Perciò, che il Papa non abbia parlato alla Sapienza di Roma è un fatto su cui la nostra opinione è cristallina ma al tempo stesso scevra da ogni eccitazione barricadera: poteva e doveva benissimo tenere la sua lezione, il pontefice, e i suoi contestatori potevano e dovevano benissimo, se credevano, contestarlo. Non gli è stato impedito alcunchè, la sua è stata una scelta di opportunità politica - una mossa da maestro, visto che come risultato ha ottenuto di far passare i docenti e gli studenti antipapisti come attentatori della libertà di espressione. Stupidi pappagalli di una laicità intesa come pregiudizio ed esclusione: questo sono gli Asor Rosa e i professori che temevano che Ratzinger parlasse di aborto. E allora? Anche quando lo avesse fatto? Il Papa e la Chiesa intervengono sempre più sfacciatamente nella vita politica italiana - replicano i ghibellini. Vero. E anche noi siamo contrari a questa Chiesa-lobby, a questa Cei-partito. Ma le intrusioni e l'onnipresenza non si combattono chiedendo divieti: così ci si mette sullo stesso piano di chi, dall'altra parte, vuole imporre a tutti i divieti di una fede che di tutti non è. Vietato vietare era uno slogan giovanile di questi sessantottini oggi canuti e inaciditi. Ma si sa, a una certa età la memoria perde colpi... (a.m.)

Ecco perchè Galileo, pur avendo ragione, aveva torto
Dai e ridai un gruppo di docenti e di studenti che si professano laici è riuscito a costringere Benedetto XVI, invitato dal Rettore, a rinunciare ad inaugurare, con una sua prolusione, l'anno accademico alla Sapienza di Roma. Non mi interessa qui sottolineare - perchè è stato fatto da altri e sul nostro giornale da Edoardo Pittalis - la contraddizione di chi si dice laico e tollerante e poi vuole impedire di parlare a una persona, non importa se autorevole o meno, perchè ritenuta intollerante, mettendosi così sul suo stesso piano. Infatti una delle contestazioni mosse a Benedetto XVI da una parte, la più colta, di coloro che non lo hanno voluto alla Sapienza è che Ratzinger, una quindicina di anni fa, quando era ancora cardinale, si pronunciò contro Galileo e a favore del Grande Inquisitore, il cardinal Bellarmino , posizione in seguito molto anacquata dallo stesso Ratzinger e sconfessata da Papa Woytjla che sulla questione recitò il 'mea culpa'.
Ciò che mi interessa, uscendo dalla diatriba sulle reciproche intolleranze attuali, è chiarire perchè, a conti fatti, guardando quella vicenda in prospettiva storica e in senso più profondo, oggi si può dire che Bellarmino ha avuto ragione e Galileo torto e perchè anche un non cattolico, non cristiano, non religioso quale io sono, sta, pur costandomi la cosa un certo sforzo, col primo contro il secondo.
Va da sè che dal punto di vista scientifico Galileo Galilei, uno dei più grandi geni espressi dall'umanità, in campo astronomico, matematico e tecnologico, ha tutte le ragioni dalla sua. Del resto anche Bellarmino , uomo di grande cultura, sapeva benissimo che non era il Sole a girare intorno alla Terra, ma il contrario, come lo sapeva la maggioranza delle elites intellettuali dell'epoca perchè la cosa era nota fin dai tempi di Pitagora e Filolao. E Copernico, un secolo prima, aveva aggiunto nuovi argomenti a questa ipotesi. Galileo - questa era la novità - con le sue ricerche astronomiche ne aveva 'dimostrato' la validità. Bellarmino non chiedeva a Galileo di sospendere i suoi studi, le sue ricerche, i suoi esperimenti e nemmeno di non divulgarli (anche se lo consigliava di pubblicarli in latino e non in italiano, lingua del volgo, perchè il rovesciamento delle collaudate certezze del sistema tolemaico-aristotelico su cui la gente viveva da più di un millennio l'avrebbe mandata in tilt - e lo smarrimento popolare di fronte alla rivoluzione copernicana e galileiana è testimoniata da una bellissima poesia di Jhon Donne, 'Anatomy of the World'), ma di formulare le sue teorie come 'ipotesi e non come 'certezze'. Scrive infatti Bellarmino : "Benissimo detto e non ha pericolo nessuno affermare che, 'supposto' che la Terra si muova e il Sole stia fermo, si 'salvano le apparenze' meglio che con il sistema tradizionale, ma affermare che 'realmente' il Sole stia al centro del mondo e la Terra si muova è cosa pericolosa non solo d'irritar tutti i filosofi e theologi scolastici ma anche di nuocere alla Santa Fede col rendere false le Scritture Sante" (Galileo, 'Le opere', Barbera, 1890-1909, p. 171). In realtà la preoccupazione che muove Bellarmino non è tanto il possibile contrasto con le Sacre Scritture, è ben più profondo. Una conoscenza matematica basata sulle strutture oggettive del mondo eguaglia infatti quella divina (Nel 'Dialogo sui massimi sistemi' Galileo sosterrà proprio questo e sarà ciò che lo perderà). E un uomo che si sente uguale a Dio finisce fatalmente per sostituirlo e per perdere ogni senso del limite. Quel senso del limite che l'uomo greco, per intuizione e sapienza, aveva introiettato naturalmente (molti miti greci parlano il linguaggio del limite, contro l'ubris' il delirio di onnipotenza umano), la Chiesa lo aveva recuperato autoritariamente , attraverso il mito di Dio. E un uomo senza il senso del limite, pensa Bellarmino , diventa pericoloso a se stesso, come si è puntualmente verificato e come oggi cominciano a temere anche molti non credenti, se non altro da quando la Scienza tecnologicamente applicata ha preso a mettere le mani sulla genetica e sulle origini stesse della Vita. Ecco perchè Galileo, pur avendo ragione, ha torto e Bellarmino , pur avendo torto, ha ragione.
Massimo Fini