Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Gli Atenei italiani fra il papa, gli iman, i rabbini e i massoni

Gli Atenei italiani fra il papa, gli iman, i rabbini e i massoni

di Claudio Moffa - 22/01/2008

 


ANGELUS DEL 20 GENNAIO: IL PAPA CITA LA LIBERTA’ DI OPINIONE COME CARDINE FONDAMENTALE DELLA CONVIVENZA CIVILE E DEL RISPETTO FRA CULTURE E RELIGIONI. UN BLUFF, COME SOSTENGONO I FANATICI LAICISTI, O IL SEGNALE DI UN MUTAMENTO PROFONDO DELLA DIALETTICA FRA CHIESA E STATO IN QUESTO TERZO MILLENNIO?

 

Le provocazioni non c’entrano, né da una parte né dall’altra. Ma la domanda, dopo il discorso del papa all’Angelus di ieri, resta: è inconsistente e sbagliato l’appello dei fisici contro il Papa a La Sapienza, o quello del pontefice che ha invocato a San Pietro – lui, capo di una istituzione di rilevanza planetaria, e radicatissima in Italia – la “libertà di opinione”? Per quanto paradossale possa sembrare, penso che antistorico, e in certa misura assurdo sia non l’atteggiamento di Benedetto XVI, quanto quello degli scienziati. Convincerebbe e avrebbe convinto, il loro appello, solo se vivessimo nel mondo dipinto dal film-patacca su Il Codice da Vinci. Avrebbe convinto ancora di più, se oggi sopravvivessero gli echi di un mondo simile a quello de Il nome della rosa da Umberto Eco, l’iperlaico inorridito dalle censure cristiane del passato ma miope – come tanti intellettuali della nostra epoca - di fronte al totalitarismo “laico” del terzo millennio.

Ma così non è: non siamo nemmeno negli anni Cinquanta Sessanta e Settanta, quelli dell’Azione cattolica, del non divorzio, del Concordato fascista: insomma, la Chiesa è oggi sì un potere capace di usare con l’Opus Dei modelli massonici e di far proprie pratiche finanzo-usurarie mutuate dalla cultura acristiana della Bibbia, ma assai meno forte di altri che la assediano e la delegittimano giorno dopo giorno. La Chiesa è diventata una sorta di “minoranza forte”, capace di potere ma anche oppressa, storicamente dominante ma anche marginale, non solo nel mondo ma anche in un’Italia e in un’Occidente la cui modernizzazione incalza il suo potere religioso, ne erode quotidianamente gli spazi di azione, fino a ridurla a qualcosa di distante e talvolta inviso a una parte dell’opinione pubblica.

Questo fenomeno è facilmente evidenziabile da un punto di vista sia storico-politologico – ci riferiamo ai mutamenti planetari gli ultimi ventanni - sia sociologico-culturale.

Vista la questione in senso diacronico, la Chiesa, guadagnati spazi “istituzionali” nell’ex blocco sovietico dagli anni Novanta ad oggi, ha subito anche in negativo i contraccolpi dei nuovi equilibri postbipolari: non solo per la diffusione degli odi interetnici in tante regioni del mondo che hanno minato alle fondamenta il messaggio universalistico paolino che le è proprio – nei Balcani, ad esempio, le cui indipendenze microregionali vennero riconosciute frettolosamente dal Vaticano; o nell’Iraq “liberato”, dove oggi i cristiani subiscono persecuzioni terribili a tragica beffa della benedizione delle truppe italiane in partenza nel 2003 – ma anche perché dalla fine del blocco sovietico sembrano essersi avvantaggiate quasi esclusivamente le atre due religioni della Bibbia: quella islamica – che ha sostituito la vecchia ideologia comunista in tante parti del mondo, ed è cresciuta in modo distorto soprattutto perché spinta nel vortice del terrorismo dopo l’oscuro attentato delle Torri Gemelle – e quella ebraica, “distorta” quasi per statuto, perché prevalentemente permeata da un razzismo ancestrale e da un furore integralista che è quello stesso che ammazzò nel 1995 Yizhat Rabin.

Israele da questo punto di vista – uno stato affatto laico, ma anzi sostanzialmente teocratico – è stato un fattore di crescita e rafforzamento della visione ebraica del mondo, non certo in chiave di proselitismo – una pratica semisconosciuta nella tradizione giudaica – ma sicuramente in quella di una egemonia diffusa delle minoranze che rappresenta e da cui è protetto in tanti paesi del mondo. Lo abbiamo sottolineato tante volte: dagli anni Novanta in poi gli Stati Uniti del cristiano-sionismo repubblicano e dei democratici alla Lieberman; la Russia della famiglia finanziaria di Eltsin – sconfitta da un Putin che non a caso è sotto attacco costante dell’inthelligentzia filoisraeliana occidentale – l’Europa silenziosa e immemore della Dichiarazione di Venezia del 1980; i tanti paesi orientali postsovietici i cui regimi sono finanziati da George Soros; l’Inghilterra interventista; la Francia postchiracchiana di Sarkozy che tutto è tranne che erede dell’orgoglio terza forzista francese di De Gaulle, l’Italia di Tangentopoli, il Ruanda tutsi di Kagame, e ovviamente il Medio Oriente in fiamme per guerre continue ben sostenute e provocate da Israele fino all’annientamento per ora di almenodue suoi nemici storici, Arafat e Saddam Hussein: tutto questo, tutto ciò che insomma che si è mosso negli ultimi due decenni nel mondo porta il segno di una avanzata netta politico-strategica di Israele, che – forte fra l’altro di un laicismo fasullo e ipocrita - ha provocato e provoca un arretramento delle posizioni della Chiesa nel mondo: non è stata una “risposta” significativa alla visita del papa in Sinagoga, l’assedio alla Chiesa della Natività a Gerusalemme da parte delle truppe israeliane, divenuta a sua volta possibile proprio dai nuovi equilibri postbipolari che hanno reso lo stato ebraico ancora più immune che in passato da critiche e sanzioni per le sue costanti violazioni del diritto internazionale?

Ma se ci fossero ancora dubbi che la Chiesa di oggi, ha molto meno potere di quella di trenta-cinquanta anni fa, quando i clericali erano tali, e i laici erano veri laici e non pretendevano di combattere il crocifisso nelle aule contrapponendogli scuola per scuola la foto del bambino del Ghetto di Varsavia, basta dare uno sguardo ai mutamenti socio-strutturali dell’ultimo mezzo secolo in Italia: il laicismo degli anni Cinquanta aveva di fronte a se uno Stato concordatario che a sua volta recava una impronta fortemente cattolica, grazie fra l’altro all’apporto esterno di una istituzione Famiglia ancora capace di controllo reale sulle giovani generazioni, e di una Scuola a sua volta retta sulla base del compromesso storico forgiato nella Costituzione repubblicana. Oggi tutto questo va scomparendo sotto la forza dirompente di una quotidianità etero imposta da ben altro, cioè, più o meno, dalla cosiddetta globalizzazione.

Scuola e Famiglia, istituzioni di base della vecchia società civile, contano assai poco di fronte all’invadenza dei veri “educatori” privatistici delle nuove generazioni: “valori” e disvalori trasmessi dall’editoria new age alla Harry Potter, dalle mode d’importazione alla Halloween, dall’assuefazione infantile alle mostruose forme dei dinosauri spilgeriani, o dei Gormiti, o delle figurine dalle regole quasi incomprensibili dove piccoli simboli – non certo la croce cristiana, piuttosto, qualche volta, la stella a sei punte - si accompagnano a frasi abbastanza misteriose e a regole apparentemente gravide di illogicità, dove tutto sembra risolversi nell’ “annientamento” dell’avversario di turno. Certo, un tempo c’erano i cowboys e gli indiani, ma senza voler esser un passatista, la violenza che quei giochi potevano istigare nei minori, era proprio nulla di fronte a quella neppure troppo subliminale di un dvd diVice city, o dei gorilla del wrestling. Oggi tutto sembra essere fagocitato da una mostruosa macchina del potere planetario: pare di volta in volta resistere qualche isola, ma appena cresce e diventa qualcosa di importante e di massa, viene aggredita dal meccanismo della corruzione e della insinuazione di idee e messaggi appartenenti a tutto tranne che al vecchio mondo cattolico: non si è scoperto dopo il successo mondiale, che Harry Potter era il nome di un soldato ebreo sepolto in qualche cimitero israeliano? Quanto resisterà ancora il candore delle favole di Geronimo Stilton, prima che in una nuova puntata de “il viaggio nel tempo” non si affacci la frasetta lautamente pagata, capace di illuminare le nuove generazioni sulle presunte “verità storiche” di questo o quel momento chiave della storia dell’umanità, a gloria di qualche popolo eletto?

E non solo la grande editoria, l’industria cinematografica, il sistema di informazione mondiali che ci accompagnano giorno dopo giorno, sfuggono quasi completamente al controllo della Chiesa, ma anche la stessa scuola: il crocifisso che qua e là è ancora appeso alle pareti, è solo un ricordo di una scuola che fu: quel che conta sono i programmi, con la storia marginalizzata – risale a una decina d’anni fa un appello di intellettuali fra cui Cardini, contro la riduzione delle ore di insegnamento di questa disciplina – e dentro la marginalizzazione oraria, quella delle epoche che sostanziano la tradizione e le radici dell’Europa: nella mia ignoranza, continuo chiedermi perché ragazzini di 7-8 anni, debbano studiare alle elementari per più di un anno, neppure le comunità primitive, ma addirittura il big bang e i dinosauri. Non è questo un modo di imporre giorno dopo giorno, una visione anticreazionista – giusta o sbagliata che sia - alle giovani generazioni? E che ne è della storia della Grecia e di Roma, se tutto si riduce ai dinosauri a monte e al cosiddetto secolo della violenza, cioè dell’Olocausto, a valle? Diciamolo pure, di questa deriva falsamente laica e multiculturale, che sputa ogni giorno sul crocifisso e sulle radici – tranquillamente e pacatamente assumibili: il fascismo mi è ostico quanto il sionismo – di noi italiani, pur di inchinarsi proni alle culture e radici altrui, non se ne può più.


Ben venga dunque oggi un discorso di un papa in una Università di stato: è una ventata di laicità, o di discorso religioso diverso, in un paese dove pullulano le logge massoniche “laiche”; dove le più strane sette religiose la fanno da padrone a danno dei mentecatti di turno da gabbare; dove per discutere liberamente di Medio Oriente bisogna rifugiarsi in una Chiesa – è accaduto al nostro master ex teramano - dove lo squadrismo ebraico anticostituzionale e sintonico con uno stato straniero è ampiamente tollerato; dove chi scrive è ancora in attesa di una dichiarazione a favore della libertà di opinione sull’Olocausto da parte di Marco Pannella – promessa risalente alla primavera dello scorso anno - che pure continua a tuonare, lui sodale dichiarato di George Soros, contro la Chiesa “simoniaca”; dove Ferrara e Galli Della Loggia hanno sparato nel 99 a colpi di bazooka contro l’ex presidente della Commissione antistragi Giovanni Pellegrino colpevole di aver evidenziato la connection israeliana nel caso Moro; dove criticare Israele è tabù, e Magdi Allam è vicedirettore di un Corriere della Sera che ha appoggiato il centro sinistra nelle ultime elezioni

Dove infine, dopo ben 12 anni, ancora mi chiedo quale sia il significato vero dell’editoriale di Eugenio Scalfari del 26 settembre 1995, giorno in cui il quotidiano allora in piazza Indipendenza, titolava a tutta pagina “ANDREOTTI ALLA SBARRA”, con gustosa foto segnaletica di complemento, e poi scriveva a fianco per la penna, appunto, del suo direttore: abbiamo introdotto oggi il colore nel nostro quotidiano, ed è per questo (sic) che festeggiamo oggi questa nuova tecnica tipografica già introdotta dai nostri “confratelli” (sic) in altre testate internazionali, e la festeggiamo “giusto (sic) allo scadere dei vent’anni che avverrà il prossimo 14 gennaio”. “Confratelli”? Ma da quando in qua i giornalisti si chiamano fra loro “confratelli”? “Giusto”? Ma giusto cosa, se era il 26 settembre 1995 e il primo numero di Repubblica aveva visto la luce, appunto, il 14 gennaio 1976? Che data è allora il 26 settembre 1995?

Si dirà: ma che c’entra tutto questo con il papa a La Sapienza? C’entra eccome: perché il festoso Scalfari il giorno dell’introduzione del colore a Repubblica proprio nel giorno dell’avvio del processo contro Andreotti che poi fu il “giusto” giorno del ventennale del quotidiano da lui fondato, si è riconfermato anche nella polemica contro Ratzinger come uno dei più ferrei laici: solo che laico non pare proprio, perché sembra giocare e mandare messaggi criptici alla sua personale “opinione pubblica”, quella cioè dei suoi confratelli giornalisti. E dunque è – per citare Mircea Eliade citato su questo blog da Copertino - anche lui un “homo religiosus”.

E allora, perché mai accettare la sua gerarchizzata e elitaria religione laica, invece che quella, democratica e universalista, del Papa cattolico? Perché le inaugurazioni dell’anno accademico nelle Università di stato dovrebbero evitare inviti a un pontefice, ed essere invece appannaggio e gestione esclusivista di consorterie massoniche laiche, con i loro strumenti simbolico-religiosi dei triangolini di stoffa, delle cazzuole, dei compassi e delle torri di babele?

Sono interrogativi apparentemente fuori luogo, ma che comunque si riassumono in un principio cardine assolutamente ineludibile: la laicità va difesa a tutto campo, anche nei confronti dei massoni, ed anche ad esempio nei confronti dei rabbini docenti universitari o di eventuali imam che ricoprissero lo stesso ruolo. Ovvero, occorre trascendere questo principio in una pratica di livello superiore, rispettando la libertà di opinione di tutti, dentro tutte le università. In entrambe i casi, papa Ratzinger aveva ben diritto a dire la sua a La Sapienza.