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Più di 350mila palestinesi affamati irrompono in Egitto in cerca di cibo

di Christian Elia - 23/01/2008

La breccia di Rafah
Al sesto giorno la gente non ne può più. Dopo quasi una settimana di embargo violento, la popolazione della Striscia di Gaza ha assaltato disperata il confine con l'Egitto, sfondandolo nel vero senso della parola.

Disperazione di massa. Un gruppo di miliziani a volto coperto, forse vicini ad Hamas, con quindici cariche esplosive hanno creato delle brecce nella recinzione, attraverso le quali si sono riversate più di 350mila persone. La polizia di frontiera egiziana, in un primo momento, ha provato a contenere la rabbia della folla, sparando anche in aria e utilizzando gli idranti, ma alla fine ha mollato il colpo facendosi da parte e lasciando sul terreno 60 palestinesi feriti leggermente. Una marea di disperati che, a piedi, in macchina o a dorso di mulo, hanno sfondato il confine non con intenti rivoluzionari, ma solo per andare a cercare cibo e medicinali per i loro figli.
Il 'bottino di guerra' è eloquente: pane, cibo, latte, stecche di sigarette e bottiglie di plastica riempite con carburante.
Il governo israeliano, lungi dall'alleggerire ancora un embargo che ha affamato il milione e mezzo di palestinesi che vive nella Striscia, ha espresso preoccupazione per quanto accaduto, dichiarando di temere che la breccia nel confine con l'Egitto possa essere utilizzata per contrabbandare armi nella Striscia. Il presidente egiziano Mubarak ha rassicurato il governo di Tel Aviv, precisando che “ho dato ordine di farli passare solo per la grande tragedia umanitaria di queste persone, ma ho dato ordine anche di controllare che non venissero portate via armi”.

Fame e paura. Che la crisi umanitaria sia devastante lo dicono non solo i palestinesi, ma anche l'Unrwa, l'agenzia Onu per i profughi, che ha dichiarato di non essere in grado di continuare a sfamare le quasi 800mila persone che vivono nella Striscia e che dipendono completamente dagli aiuti umanitari.
Israele ha concesso una parziale riapertura dei valichi, almeno per far affluire il gasolio necessario ai bisogni di base, come il funzionamento dei generatori che permettono agli ospedali di non chiudere.
Mentre al confine con l'Egitto la situazione sembra normalizzata, almeno fino alla prossima esplosione di disperazione popolare, a Damasco è in corso il cosiddetto contro-vertice di Annapolis, un summit tra tutte le fazioni palestinesi che si oppongono allo spirito della conferenza internazionale svoltasi negli Usa a fine novembre. Il vertice, che si è dato il nome ambizioso di Conferenza nazionale palestinese, si è rivelato una mezza delusione: il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) e il Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp) hanno alla fine boicottato il vertice, che per adesso è praticamente un meeting della leadership di Hamas e della Jihad Islamica all'estero. Anche l'Iran, che aveva offerto il patrocinio all'iniziativa, ha inviato a Damasco una delegazione di secondo piano. Tutto è fermo, insomma, tranne i disperati palestinesi.