Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il crimine perpetuo contro il popolo palestinese

Il crimine perpetuo contro il popolo palestinese

di Antonella Vicini - 23/01/2008

 

Il crimine perpetuo contro il popolo palestinese


Gaza City al buio, senza vivere e medicinali. È questo il presente per la Striscia di Gaza, dopo che il governo israeliano ha deciso un ulteriore inasprimento delle misure indirizzate a strozzare fino allo stremo il territorio e il suo circa milione e mezzo di abitanti.
Prima la chiusura dei principali collegamenti con l’esterno, verso l’Egitto e verso Israele, poi l’interruzione della fornitura di combustibile che ha costretto il Movimento islamico ha chiudere l’impianto che fornisce elettricità a parte della Striscia.
Il black out improvviso, durante la notte, secondo Hamas ha già causato la morte di cinque pazienti in ospedale; mentre il portavoce dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, Christopher Gunness, ha già allertato sul pericolo che “a causa della carenza di sacchetti di plastica e di combustibile per le macchine e i generatori, mercoledì o giovedì” verrà sospeso il “programma di distribuzione di generi alimentari a 860 mila abitanti della Striscia di Gaza, se la situazione non cambia”. 
Nonostante da Tel Aviv siano giunte delle smentite in merito, assicurando che continua a essere fornito il 75% di energia elettrica necessaria alla Striscia, cui si aggiunge un 5% fornito dall’Egitto, ieri sul sito del quotidiano israeliano Ha’aretz, fonti della sicurezza di Tel Aviv hanno ammesso che i problemi causati a Gaza per via di questa interruzione selvaggia siano stati maggiori del previsto.
“C’è sicuramente scarsità di carburante - ha detto un funzionario israeliano - ma è chiaro che Hamas sta gonfiando la crisi per usare le immagini di Gaza al buio nelle pubbliche relazioni con i paesi arabi e la comunità internazionale”.
Dall’Unione europea una reazione in effetti è giunta, ma si tratta delle solite dichiarazioni di generica preoccupazione - stando sempre ben attenti a non esagerare toni e contenuti per non irritare troppo l’alleato israeliano - che non hanno, poi, alcun seguito.
Il ministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema, in Marocco dove ha partecipato alla riunione dei ministri degli Esteri del Dialogo 5+5, ha parlato di “punizione collettiva”, di una “reazione che non può essere compresa da parte dell’opinione pubblica internazionale”.
Il capo della Farnesina non ha mancato di sottolineare però che “nessuno può giustificare il lancio di missili da Gaza verso il territorio israeliano”, ricordando nello stesso tempo che “da Annapolis ad oggi i morti palestinesi sono oltre 170”, molti dei quali civili, anche se la “la stampa israeliana dice che la maggior parte sono militanti”. Equilibrismi.
Di “punizione collettiva” ha parlato anche il commissario europeo alle Relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner, la quale ha però condannato anche “il lancio di missili nel territorio israeliano”, comprendendo “pienamente la necessità di Israele di difendere i propri cittadini”.
Atteggiamento più deciso da parte della Lega Araba che ha chiesto la convocazione di una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza per ottenere l’immediata revoca del blocco.
Secondo la rete televisiva al Arabiya, l’Arabia saudita avrebbe pensato di convocare anche una riunione straordinaria della Lega, a febbraio, per discutere la situazione.
Il primo ministro israeliano Ehud Olmert, nel corso di una telefonata con il ministro degli Esteri olandese Maxime Verhaghen, ha assicurato che “non permetteremo che vi sia una crisi umanitaria nella Striscia; forniremo alla popolazione tutto quanto necessario per evitare una crisi, ma non beni di lusso che rendano la vita più confortevole”.
Secondo Olmert, il problema del taglio di carburante sarebbe limitato all’impossibilità di utilizzare l’automobile, un bene di lusso, per l’appunto.
“Per quanto mi riguarda, tutti i residenti di Gaza possono andare a piedi senza avere benzina per le proprie auto, perché hanno un regime terroristico assassino che non permette alla gente del sud di Israele di vivere in pace”, ha dichiarato alla radio israeliana.
Un riferimento al lusso irrisoria, dunque, considerando le condizioni al limite del rispetto dei più elementari diritti umani che stanno subendo gli abitanti di Gaza.
A Verhaghen, il capo del governo sionista ha spiegato che il 75% dei bambini che vive nel Negev soffre di ansia per il continuo lancio di missili Qassam, paragonando quindi l’ansia alla morte di stenti e malattia e giustificando così la propria scelta criminale contro i civili. Israele “non vuole usare gli stessi mezzi e sparare senza obiettivo. Cerchiamo di attaccare i terroristi, ma vogliamo anche mostrare alla popolazione che non può evitare la responsabilità per la situazione. Non permetteremo ai palestinesi di sparare contro di noi e distruggere la vita a Sderot, mentre a Gaza la vita procede normalmente”.
L’Anp, da parte sua, ha chiesto la fine del blocco, valutando nel contempo la possibilità di sospendere i colloqui di pace alla luce dell’intensificazione dell’assedio e dell’allargamento degli insediamenti a Gerusalemme est e nelle vicinanze.
Una azione moderata per non mettere in discussione la nuova alleanza con il governo che affama il popolo palestinese
Nel frattempo, ieri sera, Shadi Yassin, portavoce dell’amministrazione di collegamento israeliana a Gaza ha spiegato all’agenzia Deutsche Presse-Agentur che questa mattina verrà ripresa la consegna del diesel permetterà di riavviare parzialmente l’attività della centrale elettrica.