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I nuovi pirati

di redazionale - 23/01/2008

Il pesce oggi è diventato l’alimento di origine animale più richiesto nel pianeta, con circa 100 milioni di tonnellate di prodotto ittico catturato o allevato ogni anno. L’Europa è diventata il più grande mercato di pesce nel mondo con un giro d’affari di 14 miliardi di euro annui.
L’appetito del vecchio continente ha depauperato drasticamente gli stock locali e così gli europei devono importare il 60% del pesce (dati Ue).

La maggior parte di questo prodotto proviene da Paesi in via di sviluppo, risultato di pesca illegale e contrabbando, aggirando così i limiti delle quote di cattura. La Commissione Europea stima in più di 1,1 miliardi di euro il valore del pesce illegale che ogni anno entra in Europa.
Questo mercato potrebbe diventare la forma di contrabbando più redditizia del continente: a causa dell’incremento della domanda i prezzi del settore ittico sono in linea generale più che triplicati (il merluzzo ad esempio, tradizionale ingrediente del fish and chips britannico, è passato in 4 anni da 6 a 30 sterline nei mercati inglesi).

Il sistema di quote per la pesca, istituito nel disperato tentativo di salvare gli stock europei, non ha fatto altro che spostare i pescherecci altrove. Ora enormi battelli solcano gli oceani, la loro provenienza è per la maggior parte europea, sud coreana e cinese, ma tutti portano bandiere di convenienza per aggirare i regolamenti. Secondo il diritto internazionale infatti il Paese in cui la barca è registrata è responsabile di disciplinare l’attività illegale. Molti pescherecci quindi battono bandiere di nazioni che non hanno litorale o che hanno regolamenti lassisti in merito.

Inoltre le flotte si dirigono lungo coste in cui i controlli sono scarsi come in Africa occidentale, la maggior vittima della pesca illegale. Nella sola Guinea (appena 350 Km di costa) nel 2006 Greenpeace ha seguito l’operato di 104 pescherecci e più della metà pescavano illegalmente.
Ma al di là delle leggi e dei regolamenti, i metodi dei battelli oceanici sono inequivocabilmente non sostenibili: attrversano il globo usano grandi reti che distruggono i fondali e intrappolano qualsiasi tipo di pesce senza distinzioni.

Fonte:
New York Times