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La monnezza del nord

di Davide Pelanda - 24/01/2008





 

Un po' tutta l'Italia è sommersa dai rifiuti. Ed a tutti gli amministratori pubblici un po' conviene così. Vedremo più avanti come, prendendo ad esempio Torino. Se a Napoli dei rifiuti se ne sente l'olezzo e si vedono abbondantemente i cumuli, la nostra abilità qui nel nord Italia è quella di nascondere, interrare, «tombare» per bene sottoterra o nel mare... Ma l'immondizia c'è, ed è molto più pericolosa quando non la vediamo perché ci inquina, ad esempio, le falde acquifere o i terreni dove, magari, sopra ci coltiviamo tranquillamente le pannocchie o ci facciamo pascolare le mucche.

Anche noi non siamo molto diversi dal resto d'Italia: vale proprio il detto che «tutto il mondo è Paese»: né più e né meno.

Alzi la mano chi sa che nel nord-est questa volta, a Padernello nel comune di Paese (Tv), a breve scoppierà la situazione dell'amianto? Questo Governo sa che lì ci sono 20 mila tonnellate di rifiuti tossici, stoccate illegalmente in una discarica abbandonata a se stessa?

Si racconta, ad esempio, che i veleni dell'Icmesa di Seveso e Meda. Si dice che siano cinquecento i bidoni di cui si persero le tracce dopo l'incidente del 10 luglio 1976 a Seveso.

E c'è anche chi dice, come scrive Annino Mele nel libro “Mai” (ed. Sensibli alle Foglie 2005,p.82-83) da una testimonianza resa ad un operatore carcerario ad un detenuto - che una parte di questi fusti sia stata seppellita nelle fondamenta del carcere del Bassone, a Como, già salito agli onori delle cronache all'epoca dello scandalo sulle “carceri d'oro”.

Che dire poi di Pitelli, in Liguria, dove si è scoperto che sotto la collina dei veleni (la discarica più grande della provincia spezzina) sono state ritrovate dall'esperto nominato dalla Procura della Repubblica, tonnellate di veleni fatti di medicinali scaduti, fitofarmaci, fusti contenenti silani e, in superficie, un inceneritore privo della camera di abbattimento dei fumi (vedi secolo XIX del 18/1/2008).

In Piemonte la situazione risulta più variegata: per esempio abbiamo i rifiuti tossici e chimici che si ritrovano di continuo, a distanza di svariati anni (dopo la questione Ipca, la fabbrica dei veleni delle aniline Ciriè ndr) vengono regolarmente “tombati” in campi di granodella zona;

Per i rifiuti nucleari di Saluggia (Vc) ci sono delle piscine apposite che però pare si stiano rovinando con crepe alle pareti che farebbero uscire l'acqua radioattiva dei terreni e nei campi circostanti.

Non bisogna però dimenticare, ad onor del vero, i piccoli fiori all'occhiello piemontesi (o mosche bianche ndr) come Novara che ha un buon record per la raccolta differenziata e che non ha bisogno dell'inceneritore, oppure Tortona dove l'amministrazione pubblica per ora ha rinunciato volentieri alla costruzione di un impianto di incenerimento perché ha deciso che non ce n'era bisogno.

Ma a Torino si insiste sul volere due inceneritori: uno certo al Gerbido, l'altro...forse...

A gestire quello che sarà il termovalorizzatore, inceneritore o “cancrovalorizzatore” che dir si voglia a Torino, zona Gerbido, la SpA Trattamento Rifiuti Metropolitani TRM a partecipazione pubblica i cui soci sono i Comuni.

«È dal 2002 che i cittadini della provincia di Torino mantengono un consiglio di amministrazione (formato da presidente, amministratore delegato e consiglieri vari) di una società (TRM ndr) che non ha nulla da fare! – sottolinea Sergio Crétier, consigliere di “Sinistra per Caselle e Mappano” formata dai Verdi e da Rifondazione Comunista, gruppo di opposizione del Comune di Caselle Torinese (maggioranza Margherita ndr), famosa per il suo aeroporto - Società che in futuro dovrà costruire un inceneritore, per cui ... forse… (dipenderà dalle proteste dei cittadini residenti in zona) oggi il Comune di Torino ha individuato il terreno su cui realizzare l'impianto, in zona Gerbido».

Per questo consigliere di opposizione, ma anche per un buon numero di cittadini che si oppongono alla logica dell'inceneritore e che hanno dato vita al gruppo NOINC, «l'operazione “incenerimento dei rifiuti” risulta una grande macchina capace di “spillare” un sacco di soldi dalle tasche dei contribuenti, fornendogli, in cambio, una buona dose di malattie respiratorie, tumorali ed autoimmuni».

I costi dei consigli di amministrazione dei consorzi e aziende pubbliche dei rifiuti a Torino e Provincia

Senza guardare all'inceneritore futuro, sempre se si farà, quanto business c'è attualmente nella gestione dei rifiuti in provincia di Torino. E soprattutto quali parti politiche sono interessate a fare affari con l'immondizia?

Se analizziamo la tabella qui sotto che, a fatica, abbiamo realizzato raccogliendo i dati dei vari consigli di amministrazione delle aziende o consorzi pubblici che gestiscono i rifiuti, scopriamo che la geografia provinciale delle aziende pubbliche e consorzi elencati sono praticamente tutti retti da una presidenza di area o Diessina oppure della Margherita. Dietro le quinte lavorano allora i partiti del futuro PD. Perché però questo attaccamento alle poltrone di chi gestisce i rifiuti? Forse perché qualcuno vi ha odorato il business?

Il guadagno enorme sta nella differenza tra i costi dei camion che portano e versano le tonnellate dei rifiuti in discarica e i costi di chi la smaltisce. Concretamente le cifre del guadagno ce le ricorda Paolo Griseri dalla colonne di Repubblica del 28/12/2006: «a Basse di Stura (la più grande discarica dove Torino porta i sui rifiuti ndr) ogni tonnellata costa 97 euro a chi la porta e 45 a chi la smaltisce. Lo smaltimento vero costerebbe tra i 60 e 70 euro ma bisogna scontarne 20 che ritornano all'Amiat dalla produzione di energia che deriva dai rifiuti. Si ha così un guadagno netto del 100 per cento (costo 45, prezzo 97), raro in un'attività economica, se ci si limita a quelle lecite. Il business è tutto qui».