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Una Goldman&Sachs tira l’altra?

di Ugo Gaudenzi - 27/01/2008

Appena si è avuto sentore del tonfo del governo Prodi un’ipotesi assai preoccupante era iniziata a circolare nelle anticamere delle stanze del potere: che, a guidare l’Italia al posto dell’ex presidente-privatizzatore dell’Iri, potesse essere chiamato il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. L’inquietante ipotesi, se concretata, porterebbe alla definitiva svendita alla grande finanza delle risorse nazionali sopravvissute alle folli svendite degli ultimi quindici anni. Risorse sacrificate nel nome del “verbo liberista”: risanamento dei conti, taglio delle spese e del costo del lavoro, falcidia dell’occupazione nazionale e definitiva scomparsa dello Stato dall’economia. Una strada che gli Andreatta, Amato, Prodi & Co. hanno percorso anche con l’aiuto di non pochi esponenti dell’opposizione anch’essi iscritti nelle nutrite liste dei nuovi liberal della seconda Repubblica, ma che con l’ex-vicepresidente della Goldman & Sachs diventerebbe lo scopo primario del governo, con grande soddisfazione degli ambienti dell’alta finanza anonima e cosmopolita e a tutto danno degli interessi del popolo italiano.

Chi legge Rinascita sa che quella contro Draghi e il turbocapitalismo bancario e finanziario predatore degli interessi nazionali è una sua battaglia ultradecennale. Chi dirige o scrive per Rinascita - e chi milita nella sinistra nazionale, il pensiero politico proscritto da sempre riferimento di questo giornale - sa anche che Mario Draghi è un avversario notevole e che - per tacitare la nostra libera informazione - ha sferrato contro questo giornale un’offensiva giudiziaria.
Ma sulla stessa linea di Rinascita si è posto da ieri un uomo che tutte le istituzioni di questa repubblica non possono che definire un uomo al di sopra di ogni sospetto di “eversione” o “sovversione”: il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga.
Con una tagliente dichiarazione telefonica durante “Uno mattina” di giovedì, Cossiga ha infatti lasciato di sasso l’intervistatore-zimbello Luca Giurato che, incautamente, gli aveva chiesto un parere sull’eventualità che Draghi lasci Palazzo Koch per Palazzo Chigi.

“Un vile. Un vile affarista”, ha detto Cossiga. “Non si può nominare presidente del Consiglio dei ministri chi è stato socio della Goldman&Sachs, grande banca d’affari americana. E male, molto male - ha aggiunto - io feci ad appoggiarne, quasi ad imporne la candidatura a Silvio Berlusconi; male molto male. È il liquidatore, dopo la famosa crociera sul Britannia, dell’industria pubblica, la svendita dell’industria pubblica italiana quando era direttore generale del Tesoro. Immaginati - ha concluso Cossiga - cosa farebbe da Presidente del Consiglio: svenderebbe quel che rimane, Finmeccanica, l’Enel, l’Eni”.

E’ vero: l’ex-funzionario-dirigente del Tesoro, uomo di Ciampi, è stato il promotore tecnico delle privatizzazioni degli anni ’90 nonché l’“esecutore fallimentare” delle svendite di Stato, poi dal 2001 ha calcato i palcoscenici della Grande Finanza.
E’ un fatto: scopo delle privatizzazioni è trasferire ogni potere economico dal monopolio pubblico, controllabile con gli strumenti della democrazia, alle oligarchie private, incontrollabili.
E di tale deriva feudale dell’Italia ha parlato anche Gian Maria Fara, nel rapporto 2007 dell’Eurispes, denunciando come l’Italia sia ostaggio ormai delle banche, delle assicurazioni, delle grandi agenzie di rating: tutto grazie alle svendite del patrimonio pubblico.
Se ne accorgono. Meglio tardi che mai.