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Privacy sottocutanea

di Roberto Venturini - 27/01/2008

 L'introduzione di chip identificativi sottocutanei apre la porta a scenari dal film dell'orrore

Avvertenza: se siete di quelli che si mettono pazientemente in coda al casello, evitando Viacard e Telepass in modo da conservare l'anonimato, è meglio che non proseguiate la lettura.

Se andate in giro indossando guanti per non lasciare impronte digitali, occhiali da saldatore per mantenere privata la vostra retina, tute da palombaro per evitare di lasciare in giro campioni di DNA, se vi state facendo crescere la barba perché temete che Gillette possa inserire chip RFID nei propri rasoi, attenti: la lettura di questo pezzo potrebbe provocarvi uno shock anafilattico.

Visto che siete testardi e continuate a leggere, vi sparo la notizia senza ulteriori preamboli.
Una azienda americana, la Applied Digital, ha ottenuto dalla Food and Drug Administration l'approvazione per la commercializzazione di un chip destinato alla memorizzazione dei dati medici degli individui.

Chip che non sarà però contenuto in device più o meno elettronici, bensì impiantato sottopelle nel corpo del paziente per poter essere interrogato da appositi lettori a distanza, grazie ad un sistema a radiofrequenza.

Il chip (disponibile peraltro già da qualche anno) misura 12 millimetri di lunghezza per 2 di diametro e può essere impiantato nel braccio o nella mano con un operazione semplicissima: ve lo iniettano con un siringone.

Il potenziale positivo del chip è assolutamente evidente: qualsiasi coccolone vi capiti, anche in condizioni di incoscienza, il personale medico potrà sempre accedere alla vostra cartella e scoprire precedenti, allergie, patologie, dietrologie.

Evitando così pericolosi errori nella terapia, perdite di tempo per testare gruppi sanguigni ed incompatibilità farmacologiche, identificarvi univocamente, tracciarvi e riacciuffarvi se state cercando di fuggire dall'ospedale o dalla clinica psichiatrica. O più seriamente rintracciarvi se soffrite di Alzheimer e vi smarrite.

Il potenziale negativo è, d'altra parte, di quelli che possono far venire i capelli bianchi: teoricamente, qualsiasi malintenzionato (in primis il vostro responsabile del personale, o la vostra futura moglie) potrebbe dotarsi di un apparatino e interrogare a distanza la vostra cartella clinica.

Hacker di dati sanitari potrebbero aggirarsi per le metropoli, armati di scanner sintonizzati sulla frequenza del chip ( 125 KHz); come oggi si infilano di soppiatto in reti wifi non protette, domani potrebbero infilarsi dentro il vostro chip e sapere che cosa vi siete beccati e magari anche quanto vi resta da vivere. Dovrebbero frequentarvi da vicino, però: la portata di trasmissione del chip, quando va bene, è di 10 centimetri ...

Il chip è già al lavoro

Va bene, adesso che ho sbattuto il mostro in prima pagina ed ho piegato un po' i fatti all'effetto, guardiamo alla cosa un più in prospettiva.

L'idea del chip non è nuova. Chi batte i marciapiedi delle Nuove Tecnologie da qualche anno, ricorderà sicuramente il battage che fece Wired su quello che fu definito come il primo vero cyborg, il professor Kevin Warwick - all'epoca capo del dipartimento di cibernetica dell'università di Reading: prima persona al mondo a impiantarsi un chip.

Ma anche il VeriChip in questione non è una novità. Sono parecchi anni che la Applied Digital ha sviluppato la tecnologia, il chip è già in vendita da tempo e sarebbe stato già inserito in migliaia di persone.

Le prime applicazioni del chip, in assenza dell'approvazione della FDA, sono state legate all'identificazione "sicura" del portatore o a temi di sicurezza.

In Messico sono stati impiantati, come in un dozzinale film poliziesco, più di 150 dipendenti dell'avvocatoria generale - in modo da consentire solo a loro l'accesso al sancta sanctorum dove sono fisicamente conservati dati e informazioni cruciali per la lotta al crimine organizzato.

Sempre in Messico (paese piuttosto problematico) l'azienda Solusat propone di impiantare il chip ai bambini per proteggerli da rapimenti, fenomeno molto frequente in quella nazione.

La soluzione appare però poco funzionale: essendo il chip passivo si tratterebbe di piazzare dei lettori fissi e nascosti all'interno di luoghi dove i pargoli potrebbero trovarsi a passare - come centri commerciali e stazioni: utile per beccare i pargoli che bigiano la scuola, ma inutile per individuare la posizione di bambini rapiti, a meno di assumere che i rapitori siano dei perfetti imbecilli.

Quel che è peggio, gira già la notizia che bande di criminali relativamente furbi abbiano iniziato ad esaminare i propri rapiti per individuare possibili chip nascosti e rimuoverli (brrr...).

La pistola intelligente

Un altra applicazione in avanzata fase di realizzazione è quella legata al tema delle armi da fuoco fedeli al proprietario.

Visto l'enorme problema legato all'uso criminale delle armi negli USA, paese in cui ci sono più armi che abitanti, da tempo si sta lavorando per rendere "intelligenti" questi oggetti, in modo che quantomeno non siano utilizzabili se non dal legittimo possessore.
Uno delle strade è quella di inserire nell'arma un circuito che richieda la prossimità del famoso chip (impiantato sottopelle o contenuto in un anello...); in modo che se vi sfilano la pistola almeno non vi possano sparare addosso con la medesima. Vorrà dire che se proprio vi devono riempire di buchi, la pistola se la dovranno portare da casa. Bella soddisfazione.

Anche qui corpose polemiche, specialmente da parte delle forze dell'ordine, che dovrebbero essere i primi destinatari di questa nuova generazione di rivoltelle; il progetto comunque continua, i prototipi esistono e l'interesse politico pare essere in crescita. Tanto che il New Jersey ha passato una legislazione che renderà automaticamente obbligatorio l'uso di questa tecnologia su tutte le armi da fuoco vendute... a partire da tre anni dopo che la tecnologia sia "disponibile sul mercato". Con l'ovvio risultato che le pistole "pre chip" vedranno rapidamente salire il loro valore di mercato.

Dopo le guardie pensiamo ai ladri.
Ovvio pensare all'impianto in detenuti, in arrestati domiciliari, in diffidati. Per funzionare davvero, il chip dovrebbe però essere interfacciato con GPS e satellitare . Dando così corpo alle teorie cospirazional-dietrologiche che vedono Grandi Fratelli al lavoro per costruire un database mondiale di tutte le persone esistenti (nei paesi occidentali, andate un po' a proporlo nelle campagne del Bangladesh) e di chipparle per poterle tracciare tutte quante, giorno e notte, via satellite.

Una buona idea in campo medico?

Nella sua versione iniziale il chip non contiene in realtà la vostra cartella clinica ma si limita a comunicare il vostro numero di serie.
Il personale medico, armato di questo codice potrebbe quindi accedere, con altri strumenti e altre reti (e altre complicazioni) ad un server remoto su cui sarebbe conservata la cartella medica corrispondente.

Ad essere cattivi si potrebbe pensare che in fondo si tratterebbe solo dell'evoluzione della pratica di tatuare sul braccio sinistro dei membri delle Waffen-SS l'indicazione del gruppo sanguigno, in modo che gli appartenenti di questo corpo d'elite potessero ricevere un'attenzione sanitaria "prioritaria". Potremmo pure ricordare come molte ex SS si diedero un gran da fare, dopo la fine della guerra, per far sparire quell'imbarazzante contrassegno sanitario. Ma lasciamo stare. Pensiamo positivo.

Da un lato la cosa sarebbe interessante ed utile per persone che conducono attività rischiose, come poliziotti, addetti a servizi d'emergenza, militari; o per pazienti ad alto rischio, con patologie particolari oppure intolleranze a farmaci.

In ambito ospedaliero, poi, il chip potrebbe semplificare un sacco di processi - ed anche in Italia si sta riflettendo sul il potenziale beneficio di questa tecnologia, con una valutazione sull'opportunità del suo uso in corso all'Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma.

Una pessima idea in campo personale?

Tutto dipende da cosa c'è dentro al chip e da quanto i nostri dati possano diventare di dominio pubblico - direttamente o indirettamente.

Chiaro che, come è capitato per qualsiasi device, si fa in fretta ad aumentare la RAM / ROM del device e tra un po' nel chip sottopelle ci potremo immagazzinare non solo i dati personali, ma anche i numeri di telefono, il backup dell'agenda del PDA (o forse tutto il vero e proprio PDA) e le foto dei pupi in spiaggia a Cesenatico. Più roba ci sta, più è comodo mettercela e più è un guaio se la perdiamo o ce la scippano.

E se oggi il chip è solo passivo, cioè risponde solo se interrogato da un lettore esterno, un domani potrebbe essere sviluppata una versione attiva, che urla al mondo i fatti nostri.

Tra le molte applicazioni che si stanno immaginando per questa tecnologia letteralmente "embedded", si sta lavorando sull'uso per garantire l'accesso a luoghi sicuri come centrali nucleari, installazioni segrete, sale dei server.

Il concetto di sicurezza e quello di controllo vanno a braccetto, di qui la possibilità di vedere il chip sottocutaneo sostituire il cartellino da timbrare, permettendo di monitorare quando entriamo e usciamo dal lavoro, misurare la lunghezza dei cappuccini ministeriali, verificare se accedete ad uffici in cui non avete nulla da fare, individuare con chi andate a pranzo in mensa, scoprire tresche extraconiugali-aziendali.

Potrebbe sostituire bancomat e carta di credito, riducendo (teoricamente) il rischio di furto delle carte o di furto della nostra identità. Potrebbe essere la chiave di accesso che ci permette di accedere ai file sul computer, di aprire le portiere della macchina, di sbloccare il portone di casa.

O, in maniera più estesa, potrebbe diventare la vostra vera e propria identità, sostituendo i documenti cartacei. Comodissimo, da un lato: finito il problema della carta d'identità che si sgualcisce nel portafoglio o del giovane erede che trasforma la nostra patente in un opera d'arte moderna.

Più banalmente potrebbe sostituire tutta una serie di dispositivi cartacei d'accesso, comunemente detti "tessere" Dall'abbonamento dei mezzi a quello della palestra, dalla fidelity card del supermercato a quella frequent flyer negli aeroporti.

Fantascienza? Realissima realtà, invece. E' già dal mese di Marzo che al Baja Beach Club, uno dei locali più smart di Barcellona, il chip viene offerto ai clienti eccellenti, che si risparmiano così di umiliarsi esibendo documenti di identità, tessere o usando le banali carte di credito per saldare il conto. Gli impiantati sarebbero già una cinquantina: i VIP intervenuti alla serata di inaugurazione l'hanno avuto gratis, tutti gli altri devono sborsare la modica cifra di 125 euro per ottenere il chip, inserimento incluso (bontà loro, effettuato da parte di un medico e non di un buttafuori).
Forse non è un caso, ho riflettuto, che il proprietario del locale, Conrad Chase, stia partecipando come concorrente all'edizione spagnola del "Grande Fratello"...

E' davvero una soluzione sicura?

Così come si profila allo stato attuale, direi proprio di no.
Ogni volta che si mettono dei dati su un server disponibile per la consultazione dall'esterno si apre potenzialmente una porta d'accesso ai malintenzionati.
Se poi la chiave dei nostri dati ce la portiamo dietro, temo che i rischi si moltiplichino.

Malfattori tecnologici potrebbero sniffare il codice, interrogando il chip senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Di qui a duplicare il chip, impiantarselo e rubare la nostra identità, il passo sarebbe da nani.

Malfattori meno tecnologici potrebbero semplicemente sottrarci fisicamente il chip. Già in troppi film si sono viste scene trash, in cui polpastrelli o globi oculari sottratti al portatore senza il suo consenso vengono usati per superare dispositivi di controllo biometrico.

Chiaro che si sta già assistendo ad una levata di scudi.
Alcuni provenienti da fonti degne di stima , altre originanti da fonti molto più surreali, come alcuni fondamentalisti religiosi che sostengono che il chip sia una delle incarnazioni del "segno della bestia", di cui parla la Bibbia nel libro delle Rivelazioni.

Una modesta proposta

Dato che non mi piace passare per quello che (troppo facile) spara sulle idee degli altri senza proporre alternative, mi permetto di sottoporre tre possibili soluzioni al problema.

Il chip potrebbe non essere impiantato sottopelle ma contenuto in un piercing. Avrebbe il vantaggio di poter essere rimuovibile, quindi saremmo in grado di decidere quando indossarlo e quando no. Quando rischiare la nostra privacy e quando no (d'accordo, mi rendo conto che il parametro della facile rimovibilità limita un po' il range di collocazioni possibili ... diciamo un orecchino?)

Seconda soluzione: sviluppare una linea di gioielleria basata su leghe fortemente schermanti - in modo che indossando ad esempio un comodo bracciale da schiava (non meno di 2400 grammi di solido, affidabile permalloy, udotech o mumetal), siate in grado, quando desiderato, di interferire totalmente nelle comunicazione tra il chip e lettori non autorizzati.

Terza soluzione: ritornare alla vecchia moda di farci tatuare un codice a barre, contenente il nostro numero di identificazione. I paramedici non dovrebbero far altro che usare una bella pistola laser come quella dei supermercati, leggere il nostro codice EAN e tutto funzionerebbe esattamente come col chip (l'unico problema è che l'idea l'hanno già brevettata...).

Ma forse c'è una quarta soluzione possibile: lasciare stare. Ed iniziare a pensare seriamente che ci sono troppe soluzioni in cerca di problemi. Accettare che non devono essere le persone a fare le spese di una tecnologia affascinante per il potenziale ma totalmente irriguardosa dell'aspetto umano dei fruitori.


Il sistema Rfid diventa popolare tra i giovani americani
Chip sotto pelle, crescono i fan negli Usa

tratto da
http://www.corriere.it/

MILANO - Password e chiavi di metallo sono reperti quasi da museo per Amal Graafstra, imprenditore ventinovenne di Vancouver. Per accedere al suo pc o aprire la porta di casa, gli basta infatti soltanto un cenno della mano. Tutto merito del chip che si è fatto impiantare sottopelle: più piccolo di un chicco di riso, dura una vita. Nel suo blog, il giovane canadese racconta per filo e per segno la sua esperienza con tanto di foto e video dell'«operazione». E si dice soddisfatto per aver convinto la sua ragazza, pure lei ora in grado di aprire la porta di casa con la sola imposizione della mano. Un intervento che non ha nulla di pionieristico, anzi. Sembra piuttosto destinato a diventare una nuova moda, la nuova frontiera dopo il piercing.

IL POPOLO DEI CHIP SOTTOPELLE - Basta dare un'occhiata al forum http://tagged.kaos.gen.nz per rendersene conto. Sono decine gli entusiasti del nuovo sistema di identificazione a radiofrequenza Rfid. «Sembra di avere una sorta di potere magico» commenta Mikey Sklar, un ventottenne di Brooklyn. «Abracadabra e la porta si apre, il computer si accende». E' stato un chirurgo di Los Angels a impiantargli il chip. Lukas invece rivela che ha fatto tutto da solo nel giugno scorso. C'è chi esibisce link a video (clicca per guardare) e foto (clicca per vedere). E chi lancia un annuncio: «Cerco persone in Florida con chip sottopelle. Mi piacerebbe sentire le loro storie, voglio scrivere un racconto sulle potenzialità di questa tecnologia». Firmato Steveg. Un altro incita i partecipanti a fargli gli auguri: «Ho trovato un chirurgo disponibile. Giovedì mi faccio fare l'impianto, auguratemi in bocca al lupo».

DUE DOLLARI PER IL CHIP - Sul forum si trovano anche le indicazioni per il kit: bastano due dollari per portarsi a casa il chip, mentre ne occorrono almeno 50 per il lettore, da installare nei dispositivi con cui si vuole interagire, dai pc alle porte.

COME FUNZIONA - L'insieme funziona così: un piccolo circuito elettronico presente nel chip Rfid (e normalmente inserito in un piccolo involucro di plastica chiamato tag) rimane in "ascolto" di un segnale radio trasmesso da un apposito lettore. Quando il circuito "sente" il segnale ne rimanda indietro a sua volta uno contenente il numero identificativo del chip o altre informazioni. A questo punto, ricevuta la risposta, il lettore dà l'ordine di aprire porte, pc o altro.

RISERVE - Non mancano sul forum interventi più prudenti: «Finora il sistema è stato testato soltanto su animali che non vivono più di 15 anni: non possiamo quindi ancora sapere che effetti possa avere sul lungo periodo. Il silicio è tossico!» grida allarmato un forumista. Poi c'è chi ricorda il rischio della privacy violata («i dati del potrebbero essere decodificati da altri lettori»). Ed ecco la trovata: «Tranquilli, sto realizzando un giubbotto che, a comando, scherma le onde radio».

Alessandra Muglia

11 gennaio 2006


11 Settembre 2007 - Un legame tra i chip RFID sottopelle e l'insorgere di tumori?

tratto da  http://www.newsrfid.com

Oncologi e specialisti nel campo si pronunciano circa la possibile pericolosità dei tag RFID impiantati sottopelle, sulla base di una ricerca risalente ai primi anni '90.

E se i chip RFID impiantati sottopelle non fossero così sicuri come ci siamo abituati a pensare? Se il problema relativo alla loro possibile diffusione non riguardasse esclusivamente la privacy, ma concretamente anche la salute dei soggetti coinvolti?

Sono gli interrogativi che sorgono spontanei dopo aver letto la lunga inchiesta pubblicata in questi giorni dall'agenzia giornalistica USA Associated Press (AP) e ripresa in brevissimo tempo dai principali organi di informazione online (tra le tante, abbiamo scelto di indicare la versione integrale pubblicata sulla versione online del prestigioso Washington Post).

Interrogativi che non mancheranno certamente di sollevare questioni importanti, alla luce soprattutto dei recenti via libera della FDA (Food and Drug Administration) americana e dell'Unione Europea all'impianto dei tag sugli esseri umani. Nel suo articolo, infatti, il giornalista di AP Todd Levan mette in evidenza come esista un notevole volume di studi medici, iniziati all'inizio dei primi anni '90, che ipotizzano l'esistenza di una correlazione tra l'impianto di chip sottopelle e l'anomala insorgenza di tumori maligni (di tipo sarcoma) nelle cavie da laboratorio coinvolte.

L'inchiesta si concentra sul processo che ha condotto all'approvazione del possibile utilizzo dei chip sottopelle da parte della Health and Human Services (HHS - la commissione incaricata di valutarne i possibili rischi), al tempo presieduta dall'ex-governatore del Wisconsin Tommy Thompson. Lo stesso Tommy Thompson che, come viene evidenziato con una punta di malizia, a soli 5 mesi dalla chiusura della HSS trovò un impiego di primo piano all'interno di VeriChip, il principale produttore mondiale di tag destinati all'utilizzo sugli esseri umani.

Per ottenere conferme circa la propria tesi, Levan ha sottoposto gli studi che ha scovato all'attenzione di un gran numero di oncologi di primo piano all'interno del sistema sanitario USA, diversi dei quali hanno sollevato preoccupazioni e dubbi riguardo i nuovi dati portati alla luce. Come era prevedibile, non si è certamente arrivati ad affermare una diretta correlazione tra l'impianto dei chip RFID e il crescere dell'incidenza dei tumori, ma la maggior parte degli interrogati hanno mostrato la netta esigenza di nuovi test e analisi più approfondite.

Senza voler creare alcun tipo di allarmismo ingiustificato, quello che colpisce in negativo è come una commisione d'inchiesta deputata a valutare un argomento così delicato possa dichiararsi all'oscuro di una mole così ampia di studi clinici, che emergono in un momento in cui oltre 2.000 cittadini americani hanno già acconsentito a farsi impiantare sottopelle dei tag RFID, per ragioni mediche o di controllo. Dopo il verdetto del senato californiano, di cui abbiamo notizia pochi giorni fa, una nuova, importante notizia, che promette di accendere come non mai il dibattito circa l'utilizzo della tecnologia RFID sugli esseri umani.


RFID, il chip sottopelle è «cool»

tratto da http://www.lastampa.it

di Tommaso Lombardi

Cosa hanno in comune un avvocato messicano, un programmatore inglese ed un elettrauto austriaco? Adorano così tanto le tecnologie senza fili da aver innestato un chip RFID... all'interno del loro corpo. Benvenuti nella comunità online più cibernetica del web, il Tagged Forum: un ritrovo per inguaribili cyberpunk ed avanguardisti tecnologici, frequentato da personaggi stravaganti che hanno trasformato le proprie mani in dispositivi a radiofrequenza.

Bizzarro, ma utile: alcuni di loro riescono ad aprire porte senza utilizzare alcuna chiave, accendere il proprio computer sfiorando la tastiera o impugnare una replica della spada laser di Guerre Stellari e farla illuminare
senza premere alcun interruttore. La maggior parte di questi appassionati delle radiofrequenze ha tratto ispirazione dal libro di Amal Graafstra, "RFID Toys", vero e proprio libro sacro della comunità dei chippati. Graafstra spiega come acquistare, impiantare ed utilizzare i chip RFID in combinazione con moltissime periferiche digitali.

"Dal punto di vista tecnico", sostiene Graafstra, "un chip RFID può attivare qualsiasi tipo di dispositivo elettronico". L'occorrente per costruire innovativi gadget radioattivabili è quindi un lettore RFID, un po' di competenze elettroniche e soprattutto molta fantasia. Il mondo dei chippati ha un solo imperativo: fai-da-te.

Per esempio, uno dei membri del "Tagged Forum" sta lavorando ad un antifurto per auto basato sull'impianto RFID: la macchina, in questo caso, parte soltanto se capta la presenza del chip nel braccio del guidatore. "Solo grazie a questa interazione molto intima tra uomo ed elettronica si può capire a pieno le potenzialità della tecnologia RFID", confida Mikey Sklar, tra i primi individui ad avere innestato un chip dentro la propria mano.

Il costo di un impianto, completo di lettore con attacco USB si aggira attorno ai 60 euro. Voglia di chip sottopelle? In questo caso, Graafsta consiglia di rivolgersi ad un chirurgo oppure ad un esperto di piercing e tatuaggi. I più coraggiosi, come lo stesso Sklar, possono addirittura tentare la strada dell'autoinstallazione, armati di massicce dosi di antisettici ed apposite pistole ipodermiche in vendita su Internet.

Tuttavia, anche chi detesta aghi e bisturi ha la possibilità d'esplorare l'universo della RFID. Phidgets USA, un negozio online per appassionati di cibernetica, vende comodi braccialetti con chip a radiofrequenza integrato.

tratto da www.apogeonline.com