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Grande distribuzione organizzata e criminalità

di Manuel Zanarini - 28/01/2008

 

 

L'intervento di oggi sarà volto ad analizzare la relazione tra il diffondersi della Grande Distribuzione Organizzata e la criminalità. Mi rendo conto che sia un parallelo abbastanza sottovalutato e che probabilmente vi spiazzerà.

Per cominciare ad inquadrare la questione, vorrei soffermarmi sulla concezione sociologica della società chiamata organicistica o comunitaria, la necessità di ciò apparirà chiara in seguito.

Innanzitutto parliamo di Ferdinand Tonnies (1887). Egli riconosceva due possibili modi di aggregazione sociale: la Comunità e la Società.

La prima ha come elemento primo la famiglia, che si esplica nel vicinato e ha come sentimento prevalente l'amicizia (anche chiamato consensus) e vede la morale corrispondere con la Tradizione.

La seconda, che si forma con la nascita della città, è costituita da una cerchia di uomini che vivono vicini ma sono essenzialmente separati tra loro. La forma tipica dei loro rapporti è costituita dal contratto, dove ognuno cerca di far prevalere le proprie ragioni e fa valere la propria forza.

Successivamente, vediamo l'opera di quello che si può considerare il padre della sociologia: Emile Durkheim, specialmente il suo lavoro "La divisione del lavoro sociale" del 1893.

Anche qua abbiamo due opzioni, che l'autore chiama "forme di solidarietà": quella meccanica e quella organica. L’elemento fondamentale è il grado di divisione del lavoro, cioè la omogeneità o meno delle funzioni svolte dai singoli individui.

In quella meccanica, i membri svolgono mansioni assai simili, il tessuto sociale è molto segmentato ed è unito da pochi valori fortemente sentiti.

In quella organica, invece, la divisione del lavoro è progredita e gli individui interagiscono come organi del corpo umano, ognuno una funzione diversa ma tutti necessari uni agli altri.

Quindi, mentre dove le funzioni sono simili le individualità sono schiacciate dall'omologazione, mentre dove prevale la divisione l'individuo può affermarsi più completamente.

La devianza nasce, quindi, quando si ha una differenza tra le norme morali e la divisione del lavoro, Durkheim la chiama "anomia", sostanzialmente l'uomo vive uno stato di frustrazione di fronte l'organizzazione sociale che lo rende "anonimo", senza possibilità di affermare la propria personalità, usando un termine marxista, lo potremmo definire “alienato”.

Per finire questo piccolo preambolo, vorrei analizzare il pensiero di Merton, il quale ci consente di avvicinarci al tema dell'intervento. Il suo lavoro analizza il rapporto tra i primi immigrati, specialmente polacchi, e la società statunitense di fine'800/ inizi '900 (più o meno una situazione simile a quella odierna italiana).

La cosa che maggiormente lo colpisce, è proprio il rapporto tra i crimini contro la proprietà, tipicamente commessi dagli immigrati, e i primi centri commerciali.

Ciò che la società consumista insegna è che chi ha i soldi ha il potere ; infatti di fronte alle vetrine non sono più i vincoli sociali che contano, ma il potere d'acquisto dato dal dollaro. Tutto questo genera una "perenne anomia", una continua rincorsa a traguardi che vengono sempre spostati in avanti che genera frustrazione. Così da ingenerare un senso di "privazione relativa", un sentimento di indigenza non più misurato sui propri bisogni effettivi, ma dal contesto sociale di consumo sfrenato. Questi sentimenti facilitano, se non creano, la volontà di prendere scorciatoie illegali per acquisire quella ricchezza e che non essa il "potere" che le classi più povere non potranno mai avere.

Ed ecco che abbiamo introdotto alcuni aspetti significativi. E' indubbio che i grandi centri commerciali forniscano un'idea di "privazione relativa" molto forte: tutto viene presentato sotto luci sfarzose, pagamenti rateali, raccolte punti...insomma un incitamento continuo al consumo, allo sperpero direi, che non ha mai fine e che, anche se inconsciamente, genera quella "perenne anomia" di cui parlavamo poc'anzi.

Ma c'è di più e di più grave. Non c'è dubbio che il potere politico stia spingendo verso l'affermarsi della GDO, proprio a Bologna abbiamo 2 esempi clamorosi. Sicuramente vi ricorderete la questione del "CentroBorgo". Nonostante fossero già presenti numerose attività commerciali, venne addirittura chiuso un Quartiere per creare svincoli e strade nuove apposta per far arrivare la gente dentro all'ampio parcheggio del supermercato.

Altro caso, più recente, è l'apertura del DIMA in zona Mazzini, proprio mentre si sta lavorando alla costruzione del mostro CIVIS. Mentre i negozi perderanno moltissimi parcheggi, viene fatto aprire un centro GDO che ovviamente toglierà molti clienti alle attività già presenti.

Cosa significa questo? Significa che il tessuto sociale basato proprio sul rapporto di vicinato, molto spesso cretosi attorno alla bottega di quartiere finirà. Ma non solo, l'individuo, sia esso cliente (che dovrà rapportarsi con commessi "sconosciuti" al posto del commerciante di fiducia), sia esso eventuale impiegato della GDO ( magari chiuderà la propria attività per andare a lavorare all'interno) vivrà in uno stato di anomia perenne, in quanto si troverà totalmente isolato. Ne abbiamo già una riprova oggi: chi conosce i propri vicini di casa? Chi è certo di sapere chi entra nel proprio portone? Chi conosce le persone che si incontrano per strada?

A questo punto passiamo a vedere come questo "strappo sociale" dovuto alla GDO va a influenzare la criminalità.

Anche qua trovo utile rifarmi ad alcuni autori americani di qualche tempo fa, purtroppo la criminologia in Italia si occupa solo di Cogne e stupidaggini simili.

Particolarmente interessante è la Scuola di Chicago e la sua analisi della città. Partendo dagli studi Park del 1936, il quale individuava 2 livelli di organizzazione sociale: il biotico (corrispondente alla comunità) ed il culturale (corrispondente alla società) che è una sua sovrastruttura, per usare un termine marxiano, Shaw analizza la correlazione tra la frequenza del fenomeno sociale della delinquenza e la struttura delle diverse aree della città .

Viene così formulata la "teoria di espansione concentrica della città". La città si sviluppa secondo 5 cerchi concentrici:

 

la zona 1 corrisponde al quartiere centrale del commercio e della industria

la zona 2 è di transizione e passa da residenziale a commerciale ed industriale

la zona 3 è quella dove vive la classe operaia

la zona 4 è tipicamente residenziale

la zona 5 è quella dei pendolari.

 

E' stato empiricamente dimostrato che il numero di reati cala man mano che ci si sposta dalla zona centrale, cioè man mano che ci si sposta da zone tipicamente commerciali per passare a zone residenziali, o comunque adibite al vivere più che al commerciare, il crimine cala.

La conclusione che la Scuola di Chicago trae è che dove il commercio diventa lo stile principale di vita, si assiste all'avvento della "disorganizzazione sociale", cioè la società (il vicinato per dire meglio), perde la funzione di agenzia di controllo sociale, lasciando gli individui nell'isolamento e nell'anonimato.

Altre ricerche sono arrivate alla stesse conclusioni. Vorrei citare quelle di Bursik del 1984 che dimostra come la criminalità cali in presenza di comunità stabili dove sono presenti molti appartamenti multifamiliari e da servizi sociali sviluppati. Oppure quella di Taylor, Gottfredson e Brower sempre del 1984 a Baltimora, i quali in base alla solidità del "legame di vicinato" sono riusciti a prevedere quasi alla perfezione il tasso di criminalità delle varie zone della città. Anche in Italia c'è stata una ricerca che ha dimostrato la validità della tesi di Chicago. Si è svolta a Genova nel 1976 e ha individuato la stessa tendenza, a parte qualche piccola modifica dovuta alla morfologia cittadina italiana.

Infatti, non voglio dire che la situazione sia la medesima, anche se è evidente lo svuotamento abitativo che sta vivendo il centro cittadino a Bologna, ma quello che mi preme sottolineare è che è una costante storica il rapporto tra criminalità e concezione mercantilistica della comunità.

Mi pare ovvio che questa continua spinta volta a favorire la GDO a discapito delle piccole attività di quartiere, anche in funzione delle premesse teoriche analizzate in principio, farà sì che i quartieri perdano completamente la matrice di socialità a favore di un vita basta sull'anonimato e sulla contrattualità.

Le soluzioni? Anche qua mi vorrei rifare a Durkheim e alla Scuola di Chicago.

Il primo proponeva l'utilizzo delle corporazioni. Infatti se quello che vale è la legge del più forte e lo Stato tutela le grandi lobbies che stanno dietro alla GDO, l'unica via per il cittadino è creare dei corpi intermedi che abbiano un maggior peso economico-politico e che riescano quindi meglio ad opporsi.

Mentre ad un livello più politico, da ormai 70 anni gli studiosi eredi di Shaw hanno dato vita al "Chicago Area Project". In pratica un organizzazione "civile" che agisce nei quartieri più poveri al fine di creare quello "spirito di vicinato", che si è rivelato come unico antidoto efficace contro l'"anomia" e la criminalità.