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Boom di matrimoni a Mosca

di Giulietto Chiesa - 29/01/2008

 

Anche i piccoli dettagli, a volte, possono essere molto utili per capire che succede in un paese, in un popolo. La notizia che i moscoviti ricominciano a sposarsi, in massa, è uno di questi. Nel 2006, dopo una lunga stagnazione che aveva caratterizzato il quindicennio precedente, ben 72 mila coppie sono convolate a giuste nozze. Civili naturalmente, perché questa è l'abitudine laica che il secolo breve del socialismo reale è riuscito a instaurare.

Cifra assoluta che non direbbe granchè, in una città che si dice (ma nessun lo sa, perché nessuno sa quanti sono i non moscoviti che abitano a Mosca) sfiori oggi i dodici milioni di persone. Se non fosse che la statistica indica, per esempio, un balzo in alto del 15% rispetto all'anno 2000.

E' un dato solo della capitale? A quanto pare no. Anche San Pietroburgo, Ekaterinburg, Rostov sul Don starebbero sperimentando fenomeni analoghi. C'è una spiegazione? Probabilmente più d'una. Ma tra queste una sembra imporsi. Ci si sposa se si ha davanti un futuro se non proprio roseo almeno accettabile. Sembra un segno di ottimismo. Come lo è, ancora di più, il dato che indica una forte crescita delle nascite nell'ultimo triennio.

Effetto della politica di attivo incoraggiamento allo sviluppo demografico, perseguito da un Putin pieno di orgoglio patrio e di preoccupazione che la Cina finisca per colonizzare una Siberia quasi completamente spopolata? Forse, in parte. Ma la gente non fa figli e non si sposa a comando. Sicuramente si può dire che non lo fa perché pensa di emigrare nel Grande Freddo per sollevare le sorti della patria. Lo fanno perché vogliono restare dove sono e dove, si ha ragione di ritenere, si trovano abbastanza bene.

Cioè perché ritengono di poter tracciare, nella propria immaginazione, un futuro abbastanza prevedibile e prevedibilmente tale da poter sostenere una famiglia e una prole.

Se si mette questa ipotesi nel computer, insieme ad altri dati statistici, ne viene fuori il ritratto di una Russia in cui si va formando abbastanza velocemente qualcosa che ha molte delle caratteristiche di una classe media.

Non una classe media di piccoli imprenditori. Di questi ce ne sono relativamente pochi. Ma un prodotto del grande, anzi immenso fallout di denaro che si sta riversando nella casse dello Stato attraverso i profitti delle imprese energetiche. E, con il petrolio a 100 dollari al barile, l'impennata diventerà ancor più verticale.

Più burocrazia che imprenditoria, più terziario che industria e agricoltura. Certo che questa cascata di dollari – ogni giorno che passa sempre più euro che dollari - si distribuisce come un potente zampillo, dal raggio limitato ma comunque visibile, che coinvolge una parte crescente della popolazione urbana.

Questa è sicuramente una delle componenti della popolarità di Vladimir Putin. E non va sottovalutata. I dati statistici parlano chiaro. Nel 2006 e nel 2007 il surplus attivo del budget dello Stato ha superato il 7%. Il sistema bancario si è consolidato. Gl'investimenti esteri diretti dall'estero sono cresciuti, nel biennio 2005-2007, da 12,3 miliardi di dollari a 30 miliardi. E poco importa che siano capitali russi che rientrano piuttosto che veri investimenti esteri sul mercato russo. Anzi, a ben vedere, se fosse così sarebbe una ulteriore prova di ottimismo “nazionale”. Se rientrano vuol dire che i loro proprietari pensano che sia meglio tenerli in una banca russa che in una banca svizzera. Sicuramente, con i tempi che corrono, meglio che in una banca americana.

La conferma viene anche dalla bilancia dei movimenti finanziari. La Russia post sovietica è stata un esportatore netto di capitali nel corso di 14 anni consecutivi, dal 1992 a ieri. Naturalmente si trattava di esportazione illegale e riciclaggio. Fu il regno della svendita della Russia. Boris Eltsin – anche per questo così amato dalla finanza mondiale – presiedette alla rapina coordinata degli oligarchi.

Adesso, dati del 2006, la Russia ha realizzato il record assoluto della sua storia, diventando un importatore netto di capitali per la non irrilevante cifra di 40 miliardi di dollari. Quanto di questi vada a finire nei bilanci familiari delle coppiette che fanno la coda per sposarsi nella via Griboedova, dove ancora c'è l'orribile palazzo dei matrimoni, non è dato sapere. Probabilmente non molto, ma è quanto basta per farle sperare.