Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Iraq, Il nuovo fronte è Mosul

Iraq, Il nuovo fronte è Mosul

di Ornella Sangiovanni - 30/01/2008



E così adesso è il turno di Mosul. In pochi giorni, quella che è la terza città dell’Iraq è tornata agli onori delle cronache.

I fatti: il 23 gennaio è esploso un edificio di tre piani imbottito di esplosivo situato in un’area densamente popolata nella parte ovest della città, uccidendo 35 persone e ferendone 217, secondo il bilancio fornito dalle autorità di Baghdad. Il giorno dopo, il capo della polizia locale, che era andato sul posto per verificare i danni, è stato ucciso in un attentato suicida.

E qui i fatti si fermano. Perché la dinamica degli eventi è tutt’altro che chiara.

Secondo la versione fornita dai funzionari Usa e da quelli di Baghdad, l’esplosione sarebbe avvenuta mentre soldati iracheni avevano circondato l'edificio sulla base di informazioni secondo cui al suo interno ci sarebbe stato un deposito di armi.

Tuttavia, mentre a Mosul veniva imposto il coprifuoco, alcune fonti riferivano di folle inferocite che accusavano i soldati iracheni di essere stati loro a provocare il disastro, gestendo male un’esplosione controllata. Accuse analoghe arrivavano da parlamentari locali.

Accuse che le fonti militari irachene si sono affrettate a negare, dicendo che si era trattato di un attacco di al Qaida in Iraq. La prima esplosione, riferivano, è avvenuta mentre i soldati cercavano di entrare nell’edificio, adibito probabilmente a fabbrica di ordigni esplosivi.

Gli americani parlano di 115 tonnellate di armi nascoste all’interno, ma hanno ammesso che responsabili dell’accaduto potrebbero essere stati effettivamente gli iracheni che avevano fatto esplodere un ordigno trovato nelle vicinanze: uno di quelli che vengono collocati sul ciglio della strada.

Blackout informativo

Difficile saperne di più, a causa del blackout informativo imposto da Baghdad.

Dopo l’esplosione infatti il Primo Ministro Nuri al Maliki inviava nella città una task force incaricata di indagare sull’incidente, mentre un ordine del suo ufficio e del ministero della Difesa proibiva ai funzionari iracheni di discutere dell’accaduto con i giornalisti, a quanto hanno riferito fonti militari locali irachene.

Ma era solo la prima puntata. Il giorno dopo, un attentatore suicida si è fatto esplodere uccidendo il capo della polizia provinciale, Salih Mohammed Hassan Atiya al Juburi, che era arrivato sulla scena dell’attacco per rendersi conto dei danni subiti dagli edifici circostanti.

Secondo alcuni testimoni, al Juburi sarebbe stato circondato da una folla inferocita, che ha iniziato a lanciare sassi contro di lui e i soldati americani e iracheni che si trovavano sul posto. Il kamikaze gli si sarebbe avvicinato azionando il suo giubbotto esplosivo mentre il funzionario di polizia e i suoi colleghi stavano tornando alle loro macchine, ha detto un portavoce della polizia provinciale.

A quanto riferito da Khasro Goran, il vice governatore della provincia di Ninive, di cui Mosul è la capitale, il kamikaze, che indossava la divisa della polizia, si sarebbe invece avvicinato ad al Juburi mentre funzionari della sicurezza e alcuni residenti stavano ancora scavando fra le macerie dell’edificio crollato in cerca di superstiti.

Intanto, secondo la Mezzaluna Rossa irachena, il bilancio dell'attacco sarebbe molto più pesante di quello fornito dalle autorità irachene: 60 morti e almeno 280 feriti.

La maggior parte delle vittime erano donne, bambini, e anziani, sottolinea l'organizzazione umanitaria, che aggiounge che alcuni dei feriti, sono in condizioni assai critiche, mentre si pensa che ci siano ancora dei corpi sotto le macerie.

Offensiva imminente?

E così i riflettori sono tornati su Mosul, dove, a dire il vero, la situazione era tutt'altro che tranquilla. Solo che i media occidentali non ne parlavano.
Tuttavia, chi avesse seguito la stampa irachena avrebbe saputo che la città era fuori controllo da tempo.

E di recente, diversi alti esponenti delle forze armate Usa in Iraq, fra cui lo stesso generale Petraeus, il comandante della Forza multinazionale, avevano sottolineato che la provincia di Ninive era diventata il rifugio di molti combattenti – 'jihadisti' ma non solo – in fuga dalle “operazioni di sicurezza” in corso a Baghdad e in altre zone del Paese.

Anche l’ultimo rapporto del Pentagono – uscito a metà dicembre – evidenziava Ninive, assieme a Diyala, come le due province in cui i “progressi” della nuova strategia Usa – la cosiddetta “surge” – ancora non erano arrivati. Nell’ultimo anno, anzi, a Ninive gli attacchi erano addirittura aumentati.

Ora sarebbe in preparazione una “offensiva”, volta a “ripulire” la zona dai “terroristi”.

Il premier Maliki ha annunciato l’intenzione di inviare più truppe, in quella che, promette, sarà una battaglia “finale” contro “al Qaida, le gang, e i residui del precedente regime”.

Duraid Kashmola, il governatore di Ninive, che più di una volta aveva minacciato di dimettersi per l’incapacità del governo di Baghdad di affrontare la situazione a Mosul, dice che servono rinforzi e che “la campagna militare annunciata da Maliki arriva troppo tardi”, anche se, aggiunge, “lo scuso perché era occupato con Baghdad e altre province”. “Adesso”, sottolinea, “è il momento di Mosul”.

E mentre si starebbe preparando l'attacco, il ministro della Difesa, generale Abdul Qader Jassim al Obeidi, ha dichiarato che la situazione di Mosul è "di gran lunga peggiore di quanto si immaginava", criticando duramente lo schieramento delle forze irachene in città.

"Le forze sono sparpagliate", ha detto Obeidi in una conferenza stampa dopo un sopralluogo sul posto. "A Mosul le unità militari sono distribuite in un modo che significa che non si è studiata la zona". "La Seconda Brigata dell'esercito iracheno lavora di giorno e si ritira di notte, lasciando gli insorti liberi di muoversi. Ci sono molte cose negative e dobbiamo affrontarle", ha detto il ministro ai giornalisti.

Secondo il portavoce del ministero della Difesa, Mohammed al Askari, il grosso delle forze sarebbe già arrivato, per quella che, a detta di Baghdad, sarà una offensiva imponente contro l'ultimo bastione di al Qaida. Oltre alle truppe, ci sarebbero anche aerei e carri armati. Non sono stati forniti altri dettagli, né è stato detto quando l'operazione avrà inizio.

“Il piano”, si è limitato a dire al Askari, “sarà simile a quelli attuati a Baghdad e Diyala”.

Dove si combatte da mesi e ancora non si vede la fine.


Fonti: Washington Post, Los Angeles Times, Agence France Presse