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Funghi (riscaldanti), «oscenità ambientali»

di Marinella Correggia - 30/01/2008

 

Malcolm Wicks, ministro inglese dell'Energia, li ha definiti «oscenità ambientali». I funghi riscaldanti a gas propano, sorta di abat-jour termici da esterni, sono in effetti in prima linea fra le follie termiche di questi tempi; li vediamo spopolare davanti a bar, pub e ristoranti. Insomma, il riscaldamento del clima impazza eppure in Occidente si riascalda perfino l'aria per strada (sulle montagne del Sud del mondo invece non si riscaldano nemmeno le case, comprese quelle dei vicepresidenti, si veda l'intervista al Alvaro Garcia Linera a La Paz, sul manifesto di qualche giorno fa). Oltretutto questi effimeri inquinanti non sono certo fonte di grande benessere: a starci troppo sotto ci si arrostisce, a stare un po' più in là non servono a nulla. Del resto fanno parte dei tanti «beni» che - come gli shopper di plastica, per fare solo un esempio - potrebbero facilmente domani sparire, ad esempio per divieto, senza il minimo dolore, se non per il business.
In Gran Bretagna assai più che in Italia i funghi sono presenti non solo fuori dagli esercizi pubblici ma anche nei giardini privati e si chiamano patio heaters. Un rapporto pubblicato l'anno scorso dal Market Transformation Programme, che sostiene la politica governativa in favore dei prodotti ecologicamente accettabili, ha calcolato che ve ne siano 630.000 e che tutti insieme producano ragguardevoli 140.000 tonnellate di CO2 l'anno. Quelli dei locali sono da conteggiare con il moltiplicatore perché stanno accesi per molto più tempo. Sul quotidiano Guardian qualcuno si è amareggiato a calcolare che se un pub usa per 4 mesi all'anno, per sole sei ore al giorno, un singolo fungo, le emissioni saranno pari a 2 tonnellate per stagione invernale. In un'ora un aggeggio consuma un'energia pari a quella necesaria a produrre 400 tazze di tè, o a percorrere con un'utilitaria 25 km. Quindi un consumatore che cerca di comportarsi in modo ecologically correct vede i suoi sforzi più che azzerati dal suo pub preferito che cerca di incrementare al massimo la cultura del consumo; è la stessa logica che induce ad allungare le ore di apertura di qualunque posto che venda qualcosa, magari mantenendo energivorissimi frigoriferi a porta aperta. Altro che India e Cina al galoppo.
In Gran Bretagna la campagna per mettere i funghi al bando è accesa; non è escluso che il governo prenda presto un provvedimento in materia. Intanto la catena B&Q , la più grande quanto ad articoli per la casa e il giardino, da pochi giorni ha deciso che una volta esauriti i 20.000 funghi dei suoi magazzini - non ne ordinerà altri. La B&Q dà così gambe al suo impegno ecologista in 10 punti preso con il Wwf. Oltre alle emissioni zero, gli altri principi riguardano zero rifiuti, risparmio idrico, rispetto degli habitat naturali, della cultura e delle tradizioni, ed equità nel commercio. Lo stop ai funghi è già stato messo in pratica a partire dall'anno scorso dalle catene di vendita di oggetti da giardinaggio Wyevale e Notcutts. Il manager di B&Q ha dichiarato di sentire la responsabilità delle emissioni di gas serra, visto che un quarto del totale proviene dal settore residenziale, e quindi anche dal tipo di attrezzature vendute dalla catena.
Il divieto dei funghi ovviamente può essere realizzato anche a livello di singole città. Così, spostandoci in Germania, a Stoccarda sono stati messi al bando per motivi «estetici». In Italia l'amministrazione comunale di Bologna sta discutendo di un divieto per ragioni di «buon senso ecologico», ricordando che per questa ragione sono stati banditi i 20.000 funghi di Berlino che emettevano in totale 20.000 tonnellate di CO2 l'anno.
A proposito di aria calda, una buona notizia viene dalla Svezia, paese che si è impegnato a diventare fossil-free, cioè a fare a meno dei combustibili fossili, entro il 2020. La stazione centrale di Stoccolma si sta attrezzando a riusare per il riscaldamento il calore prodotto dalle migliaia di computer, con un risparmio del 15%.