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I neoconservatori e i generali pakistani

di Amir Madani - 31/01/2008





 

Nell'area del sud est asiatico sta avvenendo un'esplosione demografica impressionante, tra la Cina che cerca di contenere e l'India che cresce, il Pakistan che esplode su più livelli e la Russia in via di spopolamento. Il controllo di questa area, collegata da un lato con l'area energetica che ha al centro l'altopiano iranico e dall'altro con l'Asia Centrale ex sovietica, fonte vergine delle riserve energetiche e non solo, diverrebbe fondamentale per il controllo globale, dato il cambio strutturale che sta avvenendo nell'uso e nel consumo dell'energia. La Cina e l'India, viste le loro dimensioni, non sono traghettabili verso la democrazia american style.

L'Asia Centrale si protegge con lo scudo dello Shanghai Cooperation Organization (SCO). Perciò l'area di una tentata imposizione rimane il sud est asiatico (Pakistan), l'Eurasia (dall'Afghanistan al Kossovo), il Medio Oriente (Iran,Irak, gli Stati arabi del Golfo Persico).

In questo scenario si sono organizzate le campagne belliche in Afghanistan e in Irak. E' in questa ottica che l'amministrazione neocon della massima potenza planetaria ostacola la costruzione del “gasdotto di pace” che dovrebbe portare l'energia dall'Iran verso l'India e la Cina attraversando il Pakistan. Anche la contesa sul nucleare iraniano ha in realtà una sua ragion d'essere nel controllo di questa area energetico-strategica. E anche l'assassinio della Benazir Buttho si pone nel quadro di questa logica. I generali pakistani, cioè i detentori assoluti del potere, sono alleati con Washington in questa contesa geostrategica. Il mezzo in possesso dei generali per tenere alta la tensione è l'estremismo jihadista che cresce nel quadro di una cultura fondamentalista di uno Stato che è nato nel 1947, nelle province islamiche dell'India. Il Pakistan, nelle intenzioni dei suoi padri ispiratori (come il raffinato poeta di lingua persiana Eqbal di Lahore), non era inteso come Stato confessionale; ma lo è diventato progressivamente per opera dei generali golpisti (espressione della casta feudal–militare) da un lato e dall'altro per opera della cupola clericale che controlla il territorio attraverso capi mandamento.

I jihadisti – ceceni, uzbeki, cinesi, sauditi,… - provenienti e spesso invitati da un vasto bacino confessionale ed “educati” nelle dini madrasa (seminari religiosi) pakistane o nelle zone tribali tra Afghanistan e Pakistan dove manca un'autorità ( la contesa di confine tra i due Paesi non viene risolta intenzionalmente), sono usati nella controversia sul Kashmir contro l'India, per spingere continuamente i talebani afgani (anch'essi indottrinati nelle dini madrasa pakistane) a riprendere il controllo del potere in Afghanistan e a espandersi verso l'Asia Centrale. I potenti e temuti servizi pakistani l'ISI ( Inter Services Intelligence), fondati dal generale Zia (il predecessore di Musharraf) che ha introdotto la sharia come legge di Stato, sono non solo supporters dei talebani, ma anche gestori delle loro campagne belliche. Questa politica ha il pieno sostegno della ricchissima casa regnante saudita (espressione del wahabismo) e degli sceiccati petroliferi arabi (tutti alleati degli Usa), che non avendo una base sociale e gonfi di petroldollari, elargiscono annualmente ingenti somme a favore degli estremismi, sotto varie forme: a volte con la regia di vari istituti governativi di Washington (come negli anni ‘80 in chiave antisovietica) e a volte in modo autonomo, ma sempre negli interessi dei potentati economici. Già negli anni ‘80 il triangolo tra Hamid Gol (allora capo dell'Isi) , il principe del terrore Bin Laden e il potente principe saudita Turki al-Faysal in rappresentanza dell'Arabia Saudita, con la regia di Nasrallah Babor (allora Ministro degli interni nel governo di Benazir Bhutto) aveva dato origine al “mostro” talebano.

Dopo la campagna afgana dei neocon e l'operazione Enduring Freedom prima e la campagna Isaf poi, la politica dei generali pakistani aveva incontrato difficoltà. I generali hanno prima preparato le condizioni affinché Benazir venisse sostituita con Navaz Sharif della Lega Islamica (con simpatie wahabite ma civile) e in seguito, nel 1999, hanno presentato la loro faccia esterna, cioè Musharraf, attraverso un golpe. Musharraf doveva saldare i rapporti con tutte le anime della Jihad afgana e, nonostante il formale impegno di partecipare a quella che è stata chiamata “guerra contro il terrorismo” accanto a Bush, ha continuato a sostenere varie attività talebane tollerando le attività di al-Qaeda nelle zone tribali e nel cuore del Pakistan. Musharraf e i generali hanno sempre fatto capire che la questione taleban/al-Qaeda si pone nei termini di tagliare la testa al mostro per conservarne il corpo . Anche quando Bin Laden è ucciso da Omar Sheikh, l'uomo delle Isi e, già prima del 2006, delle M16 di sua maestà britannica (colui che inequivocabilmente ha versato 100.000 dollari a Mohammad Atta, l'attentatore delle torri gemelle), la notizia non viene annunciata (Musharraf parla della vicenda nel suo libro del 2006 e la Buttho nell'intervista con al-Jazirah nel 2007). Anche se in Pakistan si catturano alcune figure di spicco come, Khaled Sheikh Mohammad, è evidente però che le strutture taleban / al-Qaeda rimangono intatte (vedi le vicende della moschea Laal), mentre i loro portavoce annunciano pubblicamente l'assassinio della Buttho e tengono sotto pressione lo stesso Musharraf con vari attentati.

Non è un mistero che gli ambienti dell'Isi (che prima dei talebani hanno partorito gruppi dell'estremismo di matrice confessionale come Lashkar Jahangoy, Sepah Sahabbah, Lashkar Mohammad, legati all'irredentismo nel Kashmir) applichino il terrorismo come politica di Stato. Musharraf soltanto nel 2002, perciò molto dopo gli attentati alle torri gemelle di New York e dopo l'attentato al Parlamento indiano ordito da Tarek Azim (un collaboratore di suo fratello), ha dichiarato formalmente di ripudiare il terrorismo come politica di stato (President General Pervez Musharaf's Address to the Nation, January 12, 2002.mht). Ma l'estremismo risiede tuttora nel cuore dello Stato pakistano, come dimostrano anche il vegetare di vari gruppi terroristici di vecchia e recente formazione e il protagonismo dei clericali come il mullah Faiyz e compari, tutti più meno in linea con credenze affini ai Bin Laden e al-Zawahiri.

Quando l'amministrazione Bush, sotto la pressione delle opinioni pubbliche per i disastri in Irak e Afghanistan, fa capire che sostiene il rientro di Benazir Buttho per recuperare forse un po' d'immagine, i generali mettono le mani avanti. Assassinando Benazir Bhutto fanno capire di voler continuare a ricevere gli ingenti aiuti Usa e di gradire il sostegno americano nella contesa con l'India, partecipando al loro progetto globale, ma mostrano di volersi muovere in autonomia e che Washington deve accettare questa logica, altrimenti loro potrebbero liberare gli estremisti talebani che controllano e i jihadisti potrebbero mettere le mani sull'arsenale atomico.