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Revolvere

di Ugo Gaudenzi - 31/01/2008

 

Revolvere

Un profondo disgusto ci assale nell’assistere ai monologhi televisivi dei partitocrati che, diventati tutt’ad un tratto irreprensibili difensori del luminoso destino del lavoro in Italia e rispolverando il loro indefesso impegno per i redditi dei cittadini italiani, discettano su governicchio sì, governicchio no, nomine sì, nomine no, voto subito sì, elezioni subito no, partiti unici, coalizioni, premi e sbarramenti elettorali.
Con supplemento di manovre di corridoio, sondaggi che premiano l’ammucchiata democratica tra postcomunisti e postdemocristiani (non si è mai avuto un esito felice di tali unioni: in aritmetica 1+1 fa 2, per loro fa 3, secondo tutti i precedenti fa... 1,5), ritrovate unità tra i divorziati in casa del centrodestra. E auguste allocuzioni di politologi da operetta - i vari Sartori, Panebianco, Della Loggia e Flores D’Arcais - che, non memori delle loro originarie castronerie, disegnano improbasbili scenari di quella che chiamano la necessaria “governance” per la nostra povera Italia.
Con lo scontato, ma non per questo meno sgradevole, contorno di talk show che spaziano dal delitto di Erba ai peli di Cuffaro e dal pallore della signora Mastella al giallo multirazziale di Perugia. Con le giornate per precetto divino dedicate a memorie poco nazionali e con le pagine dei giornali e gli speciali tv inneggianti alla ineluttabile società in divenire omofila o negro-giallo-bianca e, perché no, rosso-Benetton.
Disgusto. Disgusto. Disgusto.
Non c’è riforma o riformetta - né quella della Costituzione, né quella elettorale, né quella dei mutui, che qualcuno vorrebbe rendere, in una società delle banche come la nostra, “sociali”: una patente contraddizione in termini... - che possa arrestare la totale crisi della nostra nazione e, anzi, dell’Europa occidentale, sub-atlantica, tutta.
I veri nodi della crisi, questi signori dei partiti, questi camerieri delle banche, questi sudditi di Washington, non vogliono né possono scioglierli.
Questa Repubblica, priva di sovranità nazionale, politica, militare, economica, monetaria, sociale e culturale, non può essere “riformata”.
Il turpe mercato e il dominio del denaro su uomini e cose deve essere ribaltato del tutto, rivoluzionato. Devono andare a casa tutti, il potere deve tornare ai cittadini, lo Stato sia strumento del suo popolo, non l’orto personale dei mercenari che ci governano.
Revolvere, revolvere, revolvere.