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I CIP6 risuscitati, ovvero C'è trippa per gatti

di Stefano Montanari - 01/02/2008

     
  

 Io non sono certo un esperto di finanza, ma mi pare di aver capito che nella curiosa società che ci siamo fatti crescere intorno chi ha le mani in pasta guadagna sia quando la borsa sale sia quando la borsa scende. Se è così, i personaggi del nostro governo - con questo termine intendendo tutto lo spettro che spazia dagli empirei romani giù fino ai comitati di quartiere e ai modesti portaborse, quelli, cioè, che nella vecchia Bologna si chiamavano “i magnamèl”, vale a dire i “mangiamale” - non hanno voluto essere da meno e trovano modo di raggranellare qualche spicciolo comunque vadano le cose. Ma le cose non sono così semplici: bisogna lavorare e lavorare sodo. Pensate a quanto ha dovuto faticare la famiglia Mastella per assicurarsi di che vivere sotto un tetto dignitoso e mangiare una minestra calda: hanno dovuto mandare la mamma a lavorare in Regione e hanno dovuto perfino mettere in piedi un giornale, tirarne suppergiù 5.000 copie tutti i giorni e vedersele buttate pressoché in blocco senza nemmeno la piccola soddisfazione di saperle usate per incartare i sedani. L’onorevole Clemente si è dovuto sobbarcare

l’impegno di fare l’opinionista per il suo quotidiano e il povero Pellegrino, che di Clemente è il figlio, deve sgobbare su e giù per Ceppaloni e dintorni a bordo di una modestissima Porsche Cayenne da 4.000 di cilindrata sobbarcandosi la spesa, centesimo più, centesimo meno, della bellezza di 2.000 euro tutti i santi mesi. Chissà quanti chilometri dovrà mangiarsi, povero ragazzo! E i Mastella fanno tutto questo per i 40.000 Euro l’anno che papà ricava dal contratto con il suo giornale, per il rimborso delle spese di carburante del piccolo Pellegrino e per la risibile somma di 1.331.000 euro che noi avari contribuenti passiamo al giornale solo una volta l’anno. Degl’introiti della mamma non ho traccia, ma nemmeno lei se la deve passare tanto bene. Insomma, se è vero che sempre più famiglie vivono sotto la soglia di povertà, eccone un esempio illustre. E pensate al lavoro lungo e paziente cui i nostri valorosi politici si sono dovuti sottoporre per riuscire a coprire le spese inevitabili della nostra democrazia. Con la modestia del clochard, i nostri rappresentanti da anni rovistano tra le immondizie, le hanno accumulate con cura paziente, le hanno distribuite in discariche e in ordinate ecoballe e hanno spremuto le meningi per partorire una legge acconcia, tanto per avere di che campare e mantenere viva la democrazia nello Stivale sempre in pericolo. È scaturita allora la famosa legge chiamata CIP6 e da lì hanno cominciato a fiorire gl’inceneritori. Ma poiché, in un non lontano passato, questi avevano accoppato un po’ di gente e ne avevano fatta ammalare molta di più, si è dovuti ricorrere alla scienza della luminosa accademia italiana, noto faro di conoscenza in questo mondo buio, che ha preso una decisione tanto drastica quanto geniale: cambiamogli nome e chiamiamoli “termovalorizzatori”. In un tocco, la soluzione, una soluzione che ha portato l’Italia alla ribalta mondiale con il premio al termovalorizzatore di Brescia, un premio che siamo stati costretti ad autoattribuirci per la nota invidia che rode chi italiano non è. Ma non ci si è fermati qui. Bisognava che la gente, il popolo dei contribuenti da latte, capisse che si doveva lasciare mungere senza scalciare, e allora gl’indefessi professori hanno percorso in lungo e in largo la Penisola con lo spirito dell’apostolo per spargere la buona novella. Basti per tutti l’esempio di quanto si sta facendo ora a Piacenza, la città dello statista Bersani. Laggiù ci si è rimboccati le maniche e, a partire da domani 2 febbraio, si terranno cinque “lezioni aperte ad ampio respiro sulla qualità dell’aria”. Tanto per essere chiari subito sulle vette scientifiche che si toccheranno, il prof. Renzo Marchesi che della sede locale del Politecnico è presidente, ha esternato: “L’inceneritore è alla fine un ‘purificatore’ perché l’aria che viene emessa dai camini è nettamente migliore di quella aspirata”. Una rivoluzione copernicana! A dare man forte al luminare per sostenere queste sorprendenti verità ci sarà una sorta di parterre de rois dell’italica scienza tra cui, ma non solo, nientepopodimenoche Michele Giugliano, Giorgio Buonanno e Stefano Consonni. Dite niente? Parleranno anche delle patologie da nanoparticelle, forti dei loro studi che solo per meritevole modestia restano chiusi in discreti cassetti. Io non posso, avendo appuntamento con il pedicure, ma il mio consiglio è di accorrere numerosi perché il consesso sarà senza dubbio illuminante, stanti i principi di una scienza finora del tutto sconosciuta che saranno illustrati e stante il bagaglio scientifico dei relatori. Nell’occasione s’illustrerà anche il milionario Progetto Moniter ARPA, uno splendido esempio di tarocco epidemiologico che sarà trasformato ope legis in un caposaldo delle considerazioni future sui miracoli della piromania cui ognuno di noi sarà chiamato, lo sappia o no, a contribuire gioiosamente con qualche soldino. Ma queste non sono che tessere minuscole di un mosaico ampio, faticoso e complesso che si sta completando. Pensate soltanto a quanto sudore si è versato per quelle poche decine di miliardi di euro che inceneritori prima e termovalorizzatori poi hanno generato. Beh, proprio generato, no: diciamo quelle poche decine di miliardi che hanno trasferito dalle tasche di tutti gl’italiani a quelle di qualcuno di loro. Sia come sia, i CIP6, pur da tempo appesi ad un filo, hanno fatto il loro dovere. Questo, almeno, fino a che quei rompiscatole degli ambientalisti non sono stati lì lì per rovinare tutto e, quasi quasi, andava a finire che questa legge provvidenziale bisognava abolirla sul serio. È vero che la diligenza sarebbe stata assalita in altro modo, ma quello strumento c’era già, funzionava… A sventare il pericolo ci ha pensato l’eroico Bassolino che negli anni, e per la modica cifra di due miliardi di euro cui si è dovuta trovare una destinazione forse coperta da privacy, ha accumulato immondizia e se l’è messa da parte come Cip e Cip fanno con le noci prima di andare in letargo. È grazie al sacrificio di questo martire che Romano Prodi, capo di un governo nato su basi che magari stridono un po’ con la Costituzione e rottamato dopo una lunga agonia iniziata già in tempi prenatali, ha potuto reintrodurre, applaudito dalle prefiche, in articulo mortis i CIP6. Per ora solo in Campania, ma l’Italia è una e nessuno resterà indietro. C’è ancora trippa per gatti.