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L'occhio del padrone

di Carola Frediani - 01/02/2008

 
Il boom delle tecnologie per il controllo del dipendente, l'esperienza anglosassone
Dall'osservazione in tempo reale del Pc, all'individuazione delle lettere digitate sulla tastiera, fino al monitoraggio del battito cardiaco. Dove la ricerca della produttività va a braccetto con strumenti invadenti


Per quanto zelante possa essere un impiegato, sentirsi il fiato sul collo del proprio datore di lavoro non è mai una sensazione piacevole. Specie se questa presenza incombe sul proprio monitor mentre si naviga, si apre la posta elettronica o si parla via chat. Ed è ormai inutile mettersi spalle al muro, concordare coi colleghi il suono della civetta quando si odono rimbombare i passi del capo o annebbiare le videocamere con la lacca. Il controllo di cui stiamo parlando arriva direttamente dai computer. Del resto, in un mondo di lavoratori informatizzati, la sorveglianza delle attività svolte non poteva che trasferirsi sul desktop, passando dalla scrivania fisica a quella virtuale.

In Gran Bretagna la grande trasformazione del controllo lavorativo è già avvenuta: la metà degli impiegati d'Oltremanica sono monitorati da sistemi di sorveglianza elettronica, ha rilevato il Policy Studies Institute, tra cui vanno inclusi l'utilizzo di email e internet, l'uso del telefono, e addirittura la registrazione dei caratteri usati sulla tastiera. Un cyber-scrutinio - spesso mirato a valutare la produttività delle persone - che aumenta i livelli di stress e di ansietà nei dipendenti.
Sia chiaro: la possibilità di verificare l'attività informatica dei lavoratori da un punto di vista tecnologico è sempre esistita. Un qualsiasi amministratore di sistema, accedendo ai file di log, ovvero a quella specie di diario di bordo su cui vengono registrate le operazioni di un server, è in grado di estrapolare dati interessanti.

Tuttavia il mercato sembra ormai andare verso un affinamento di questi strumenti di controllo, predisponendo dei kit chiavi-in-mano, strumenti software e hardware in grado di modulare diverse tipologie da Grande Fratello. L'Employee Activity Monitor, ad esempio, sviluppato dall'indiana Chily Softech, è un programma che permette di vedere in tempo reale il desktop di un dipendente, registrare e salvare quello che scrive sulla tastiera e passare in rassegna i siti web visitati o i trasferimenti ftp. «Hai una produttività bassa o hai dei sospetti su quello che fanno i tuoi dipendenti?» declama, a scanso di equivoci, il suo comunicato stampa.
Oppure c'è il Lan Lord della canadese Voicegate un «potente strumento di sorveglianza del management», che permette di catturare immagini di un computer remoto e che è specificamente indicato per call center, società di telemarketing, divisione vendite. O ancora, la soluzione lanciata a fine 2007 dall'azienda Usa eTelemetry, un dispositivo hardware che salta a piè pari gli amministratori di rete e riferisce direttamente ai manager, attraverso e-mail, quando un lavoratore sta navigando, chattando o usando la banda oltre un certo limite. Ovviamente permette anche di vedere quali siti ha visitato in un dato giorno.
Ma ad agitare le acque, come spesso succede in questi casi, è stato il tuffo inaspettato di un peso massimo del settore informatico: Microsoft - ha rivelato il quotidiano londinese Times qualche giorno fa - sta brevettando un sistema futuristico di controllo del lavoratore, basato su sensori capaci di rilevare il battito cardiaco, la temperatura, la pressione sanguigna, e perfino le espressioni del volto. Un intero ecosistema orwelliano il cui obiettivo sembra essere la realizzazione di un profilo psico-fisico del soggetto monitorato in modo da distribuire conseguentemente carichi di lavoro e responsabilità.

«Questo progetto porta l'idea di controllo delle persone al lavoro a un nuovo livello di intrusione - ha commentato un sindacalista inglese fin troppo flemmatico - ma in modo molto tradizionale, perché analizza i processi più che i risultati».
Ma in Italia quanto sono concretizzabili simili scenari? «L'impiego di dispositivi per la sistematica lettura, registrazione di messaggi di posta elettronica o delle pagine web del lavoratore o dei caratteri inseriti nella tastiera rientrano tra le attività di controllo a distanza, che sono vietate dalla legge», spiega Mauro Paissan, componente del Garante della privacy. «Tuttavia, si possono utilizzare strumenti di controllo per esigenze produttive o organizzative, a patto di consultare i sindacati come previsto dallo statuto dei lavoratori».

Insomma, non verrà registrato quello che si scrive con la tastiera tuttavia è possibile verificare quanto e come si naviga. Ma anche scrutare la posta elettronica, se si tratta di casella aziendale. «Diciamo che se a casa hai una legittima attesa di privacy, sul lavoro, dove usi lo stesso pc per fare le stesse cose, non ne hai alcuna», commenta Marco Calamari, esperto di riservatezza. Come dire: non sarà una password a salvarci.