Mentre scrivo non so se domani Romano Prodi sarà ancora Presidente del Consiglio. Del resto è un’incertezza che accompagna tutti gli italiani da molti mesi. Finora, “farcela”, “restare”, mettersi al potere nonostante l’appoggio del popolo sovrano fosse minimo fin da subito, e restarci anche quando diventò rapidamente ostilità e avversione, sono stati tratti caratteristici di questo governo.
I commentatori, anche di opposizione, hanno ammirato tanta caparbietà. Nessuno però si è chiesto l’effetto sul Paese di questo “stare fermi”, a dispetto dei santi. Strano, se ci pensate, perché in una democrazia matura le condizioni degli italiani dovrebbero suscitare più attenzione di quelle del Presidente del Consiglio. La nostra, però, non è una democrazia matura. È il centrosinistra, un regime a scenografia simildemocratica, che continua (con l’unica eccezione dei governi Berlusconi, che però hanno rinunciato a incidere sul suo apparato di potere) dal 1960 ad oggi. Come tutti i regimi, dunque, è molto più interessato agli umori, anche minimi, del vertice che alle condizioni del popolo.
Che effetto ha avuto sul popolo il fatto che l’interesse dominante di Prodi sia stato, per tutto il suo governo, quello di mantenere il potere a ogni costo e a qualsiasi prezzo per il Paese? Anche se gli investimenti internazionali in Italia scendevano, nei suoi due anni di comando, del 18 per cento, e il consenso degli elettori continuava a diminuire?
La fermezza di Prodi ha suscitato negli italiani dapprima un’enorme rabbia, sfociata in grandi manifestazioni di piazza. Ma anche in tanti episodi di violenza diffusa, il cui senso e pericolo non sono stati minimamente osservati, dato che il potere, l’unica cosa che interessa (non solo a Prodi), rimaneva nelle sue mani.
Poi, da tempo ormai, il sentimento dominante tra gli italiani è invece una grande tristezza, quella di cui ha parlato il New York Times, dicendo appunto che l’Italia stava diventando un “Paese triste”. Enorme stupore dei commentatori italiani di ogni colore, abituati a guardare appunto solo alle smorfie del potere e dunque offesi e sbalorditi da quest’osservazione.
Come sarebbe? L’Italia triste? Ma se Prodi è sempre lì, tutto contento? E anche il capo dell’opposizione non è forse un fuoco d’artificio di barzellette divertentissime? Sì, certo, questo è il potere, che ha le sue più o meno personali ragioni di rallegrarsi (uno perché se lo tiene; l’altro perché tanto peggio lo gestisce il primo, tanto più facile sarà prenderglielo). Ma l’italiano non respira potere, respira ossigeno. Respira, vorrebbe respirare, come ogni individuo sociale vivente, sapere, educazione, innovazione, libertà. Vorrebbe respirare, l’italiano vitale, interesse per i giovani, non lo schiacciarli per salvare i privilegi dei vecchi. Vorrebbe sentirsi nel proprio tempo, l’italiano, in un inizio di millennio dove ai sussulti autoritari delle vecchie ideologie travestite da nuove scoperte si oppongono gruppi sempre più numerosi di persone che rivendicano la dignità dell’uomo, creatura di Dio.
Le passioni di oggi però non interessano a Romano Prodi. Per questo, malgrado rida spesso, è un personaggio tristissimo, che con la sua inquietante inamovibilità ha indotto nel popolo italiano una grande tristezza.

da “Tempi”