Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La danza macabra della democrazia all'americana

La danza macabra della democrazia all'americana

di John Pilger - 04/02/2008

 


Nel suo ultimo editoriale per la rivista New Statesman, John Pilger ricorda le campagne presidenziali statunitensi da lui commentate e le paragona all’attuale “danza macabra”, che passa per democrazia, e alla propaganda nascosta che l’accompagna.

L’ex presidente della Tanzania, Julius Nyerere, una volta chiese “perché non possiamo tutti votare nelle elezioni americane? Sicuramente chiunque abbia un televisore ha acquisito quel diritto, se non altro per doversi sobbarcare il crudele bombardamento mediatico che ne deriva ogni quattro anni”. Avendo seguito quattro campagne presidenziali, dai Kennedy a Nixon, da Carter a Reagan, con le loro ciclopiche banalità, i loro seguaci robotizzati e le loro castigate mogliettine, sono d’accordo, ma che differenza farebbe quel voto? Di tutti i candidati presidenziali da me intervistati, soltanto George C. Wallace, allora governatore dell’Alabama, disse la verità: “Non c’è alcuna differenza tra Democratici e Repubblicani”, e gli spararono.

Ciò che colpisce chi vive e lavora negli Stati Uniti, è che le campagne per l’elezione presidenziale altro non sono che farse, a volte divertenti ma spesso grottesche. Sono soltanto macabre danze di bandiere, palloncini e stronzate, create appositamente per camuffare un venalissimo sistema basato su denaro e potere, per dividere la gente e perpetuare una cultura guerrafondaia.

Viaggiare con Robert Kennedy nel 1968 mi ha aperto gli occhi. Ad un pubblico di poveri, Kennedy si presentava come un salvatore. Usava le parole “cambiamento” e “speranza” con cinica continuità. Per un pubblico di bianchi paurosi usava codici razzisti, come “ordine pubblico”. Con quelli che si opponevano all’invasione del Vietnam passava all’attacco: “mettere a repentaglio le vite di ragazzi americani”, ma non diceva mai quando li avrebbe richiamati. Quell’anno (dopo l’assassinio di Kennedy), Richard Nixon usò una versione dello stesso duttile discorso per ottenere il suo mandato. Poi fu usato con successo anche da Jimmy Carter, Ronald Reagan, Bill Clinton e i due Bush. Carter promise una politica estera basata sui “diritti umani” – ma praticò l’opposto. Il “piano per la libertà” di Reagan divenne un bagno di sangue in America Latina. La “promessa solenne” di Clinton di creare un’assistenza sanitaria universale finì per buttar già l’ultimo baluardo della Depressione.

Nulla è cambiato. Barack Obama non è che uno Zio Tom tirato a lucido che bombarderebbe il Pakistan. Hillary Clinton, un’altra bombardatrice, è anti-femminista. John McCain si distingue per il fatto che lui ha effettivamente bombardato una nazione. Tutti e tre credono che gli Stati Uniti non siano soggetti alle comuni leggi che regolano il comportamento umano, perché loro sono “la città sulla collina” [al di sopra delle leggi, n.d.t. ], a dispetto del fatto che la maggioranza dell’umanità li consideri dei monumentali prepotenti che, sin dal 1945 hanno rovesciato 50 governi, molti dei quali democrazie, e bombardato 30 paesi, distruggendo milioni di vite.

Se vi chiedete perché questo olocausto non sia uno dei “soggetti” della corrente campagna presidenziale, potreste chiedere alla BBC, responsabile di aver raccontato tale campagna al mondo, o meglio, chiedete direttamente a Justin Webb, l’editore della BBC per il nord America. L’anno scorso, in una serie di programmi per Radio 4, Webb esibì il tipo di comportamento psicotico usato dal paciere Geoffrey Dawson, allora editore del Times di Londra. Condoleezza Rice non è mai troppo bugiarda per Webb. Secondo la Rice, gli Stati Uniti “sostengono le aspirazioni democratiche di tutti i popoli”. Per Webb, che crede che il patriottismo americano “crea una sensazione di felicità e solidità”, i crimini commessi nel nome di tale patriottismo, come i 25 e più anni di sostegno di guerre e ingiustizie in Medio Oriente e in America Latina sono irrilevanti.

Come se non bastasse, il suo sviolinare circa gli “ideali” e i “profondi valori” che rappresenterebbero l’inviolabile “set di idee circa la condotta umana” ci nega il vero senso della distruzione della democrazia in America: lo smantellamento della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, l’habeas corpus e la separazione dei poteri. Dice Webb sul percorso della campagna elettorale: “[questa campagna] non ha nulla a che fare con la politica di massa, ma è la celebrazione del confronto diretto tra ogni individuo americano e il suo/sua potenziale comandante in capo”. Per lui questo è “straordinario”. E di Bush afferma: “Non dimentichiamoci che mentre i candidati vincono, perdono, vincono nuovamente… c’è un mondo da guidare, e il presidente Bush sta ancora guidandolo”. L’enfasi nei testi della BBC ha un suo riscontro nel sito web della Casa Bianca.

Nessuna di queste assurdità è giornalismo. E' anti-giornalismo, degno solo di piccoli cortigiani di un grande potere. Ma Webb non è l’eccezione. Il suo capo, Helen Broaden, direttore della BBC News, replicò così ad un ascoltatore che protestava per la stragrande prevalenza di propaganda come base per le notizie: “Il fatto puro e semplice è che Bush ha cercato di esportare la democrazia [in Iraq], e questo si è rivelato una seccatura.” E da dove ha preso questo “fatto”? Da Bush e Blair che asseriscono che lo sia.

Titolo originale: "The danse macabre of US-style democracy"

Fonte: http://www.johnpilger.com
Link
23.01.2008

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da GIANNI ELLENA