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Il flop dei fap

di Stefano Montanari - 04/02/2008

     

 Modello di coerenza, la TV di regime non si smentisce. Venerdì scorso è stata propinata ai pagatori di canone l’ennesima farsetta, un po’ a modello di quelle antiche del mitico “difensore” Marrazzo, allora ancora immagine virtuale sparata da un tubo a raggi catodici, dal quale ora, da quando i suoi fans l’hanno incoronato re del Lazio, non ci difende nessuno. “Mi manda RAI 3” io non l’avevo mai vista, ma si tratta di una sorta di caciara in cui uno stuolo di cittadini strilla all’unisono avendo dall’altra parte un politico o un venditore di qualcosa o un personaggio del genere, e il conduttore (?) dà il suo volonteroso contributo strillando a sua volta. La conclusione è che non si capisce nulla né alcunché si conclude, tutto risolvendosi in una caotica baruffetta da cortile. Gli argomenti? Tutti. Tutti? Beh, non proprio. L’altra sera si parlava di filtri antiparticolato, i cosiddetti FAP, quei moderni dispositivi che il regime pretende si ficchino lungo i tubi di scarico delle auto diesel, ufficialmente per ridurre l’inquinamento da polveri. L’argomento della trasmissione era: si può legalmente entrare in città anche senza aggeggio? Tra i molti invitati al salotto c’era un “esperto”, un giornalista del Sole 24 Ore, il quale, con discreta abilità dialettica, rifilava per assodata l’efficacia del dispositivo. Del resto, non sta bene sputare nel piatto confindustriale in cui si mangia. Sullo stesso copione, in armonia, gli altri “esperti”, burocrati ministeriali assortiti. Ad un certo punto Paolo Landi, segretario generale dell’Adiconsum, ha provato a dire che, forse, chissà, quel coso non è il massimo per l’ambiente, ma lì il conduttore (?) ha recuperato la funzione ed è subito intervenuto a zittirlo:

non è questo l’argomento. Giusto. Però… E la cosa si è ripetuta ancor più bruscamente quando ci ha riprovato uno dei normali cittadini presenti. Insomma, alla fine, qualunque fosse l’argomento, non si è concluso nulla, tranne fare ciò che si doveva fare: uno spot mediatico per promuovere il FAP in quanto prodotto industriale. Ma davvero il filtro fa bene all’ambiente? A grandissime linee il funzionamento è il seguente: dalla combustione del gasolio si generano polveri tutto sommato relativamente grossolane e queste vengono catturate da un filtro ceramico collocato lungo il tubo di scarico. La cattura avviene grazie all’uso di una sostanza (quella originale è l’ossido di cerio, ma altre aziende usano altro) che fa agglomerare queste polveri in particellone sufficientemente grosse da non poter attraversare il filtro. Va da sé che dopo un po’, facciamo 300 o 400 km, il sistema è intasato, e allora una sorta di piccolo computer che si accorge di quando l’auto non viaggia in città (per esempio, valutando che una velocità non compatibile con il traffico cittadino è mantenuta abbastanza a lungo) dispone che avvenga una serie di reazioni chimico-fisiche a circa 500 °C che inducono lo sminuzzamento di quando il filtro ha catturato, riducendolo a polveri estremamente fini, immensamente più fini di quelle uscite in origine dal motore. Questo è quanto dichiarano i costruttori e, dunque, va preso per certo. Partendo da qui, non può non nascere qualche obiezione. Visto che perfino l’ARPA sa e scrive che, più le polveri sono fini, più facilmente entrano nell’organismo aggredendolo fino a provocare danni al genoma (è sempre l’ARPA a scriverlo) oltre a tutta una serie di malattie che vanno da quelle allergiche a quelle cardiovascolari, transitando attraverso varie forme di cancro, di malattie del sistema endocrino e di malattie del sistema nervoso, qual è il razionale che sta dietro la trasformazione di polveri grosse in polveri ultrapiccole? Ricordo solo che una particella da 10 micron di diametro può essere ridotta ad un milione di particelle da 0,1 micron, ognuna delle quali incomparabilmente più dannosa di quella iniziale. Poi c’è il fatto incontestabile del consumo. I motori filtrati impiegano più carburante di quelli non filtrati, ed è ovvio che, se consumo di più, avrò che più fumi e più polveri di scarico entreranno nell’ambiente. Questo è il solito Lavoisier a dircelo: nessuna massa viene distrutta. Ma non è affatto finita qui. Noi abbiamo già cominciato a trovare nell’aria cittadina particelle di cerio, la sostanza che si usa per la reazione, e queste inglobano anche particelle di platino, l’elemento che sta nelle marmitte catalitiche. Dunque, ammesso che quel cerio arrivi dai filtri, stiamo immettendo un nuovo inquinante nell’aria. E quando l’aggeggio sarà a fine vita, che ne faremo? Sarà qualcosa in più, e anche qualcosa pure di bello pesante, da “smaltire”. Può essere poi curiosa la risposta che un “tecnico” ha dato tempo fa alla domanda: “Perché, se queste polveri ultrafini sono innocue, non vengono scaricate in continuo?” La risposta è stata: “Perché, per far avvenire la reazione, occorre una temperatura alta che non si può raggiungere in città.” Risposta a dir poco stramba, visto che i motori sono in genere più caldi in città che non fuori. E poi, fuori o dentro, le nanopolveri si distribuiscono omogeneamente dovunque, come ci testimonia l’ultimo rapporto dell’European Environment Agency, l’ente comunitario che si occupa di ambiente. Ci si può chiedere, a questo punto, perché l’apparato di regime sponsorizzi, e lo faccia in modo anche un po’ brutale, apparecchi a dir poco così dubbi. E ci si potrebbe chiede, in aggiunta, perché l’industria produca roba simile. Le risposte sono solo in parte disgiunte. Gli studi industriali risalgono agli Anni Novanta, quando la pericolosità del nanoparticolato era ignorata dalla maggior parte dell’accademia (io, però, ho un documento dell’Esercito USA del 1978 che indica con chiarezza cristallina come il problema fosse perfettamente conosciuto già allora). Ora, a soldi spesi e a prodotto pronto, si fa ciò che si fa con tanti farmaci: inutili? Dannosi? E chi se ne frega! Bisogna recuperare quanto si è investito e, se possibile, bisogna guadagnare. Se è molto, è meglio. E qui entrano in scena i politici che, quando individuano la preda, sono più mortiferi di qualsiasi rapace. Forse, però, stavolta si sono fatti prendere dalla fretta. I filtri non sono disponibili per tutte le auto, quando ci sono, costano cari e, a quanto mi dicono sottovoce gli addetti ai lavori, sono causa di un sacco di guai tecnici. Dunque, sono malaccetti dai venditori stessi che avranno clienti scontenti e dovranno intervenire in garanzia, e si vendono con il contagocce. Poi, la gente è sempre più informata e non è d’accordo a trasformarsi in blocco in un esercito di fumatori passivi per l’interesse di qualche personaggio che, in nome di questo interesse, mette una pezza ben peggiore del buco. C’è qualcuno che conta che vuole ripensarci, magari cominciando a rispondere alle domande senza prendere per i fondelli nessuno e a stare per un attimo fermo finché le cose non sono chiarite? E se risulterà che il FAP è una bufala, stavolta a fregarcene saremo noi.