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Contro tutte le demonizzazioni

di Franco Cardini - 05/02/2008

 

Ci sono momenti e occasioni in cui, consigliano i saggi, e cosa prudente e intelligente tacere; e magari nascondersi.
Senza dubbio e cosi. D’altronde, io ho una fede religiosa: appartengo a una piccola setta  ereticale uscita dall’ebraismo, che sostiene che il Messia e gia nato e si e anche molto inquinare dall’ellenismo. In quanto “cattolico” (tale il nome odierno di quella setta, ormai cresciuta) sono obbligato a seguire l’insegnamento di un imprudente Maestro, il quale esige che il nostro linguaggio sia “si-si, no-no”.
E poi, la prudenza (che, come si dice proverbialmente, “non e mai troppa”) a volte somiglia molto alla vilta; e chi si dice prudente e spesso, piu semplicemente, un “furbo”.
Bene, io non sono un “furbo”. Difatti, in tempi nei quali vanno tanto di moda le varie forme di manicheismo culturale e politico, i bla-bla sullo “scontro di civilta” e le demonizzazioni degli avversari, io continuo a credere nella forza del dialogo, in quella che il vecchio Vasco Pratolini chiamava “la costanza della ragione”, nell’energia dirompente che deriva dallo sforzo d’informarsi e di comprendere le ragioni dell’Altro. Lo so che cio troppe volte somiglia a una battaglia contro i mulini a vento, a una costante difesa delle cause perse. Ma so anche che, se tengono duro, alla lunga i difensori di cause  perse possono dimostrare che la ragione e dalla loro.
Ho avversato con tutte le mie modeste forze le aggressioni all’Afghanistan e all’Iraq; ho difeso come ho potuto i diritti dei palestinesi; ho detto e ripetuto che era da irresponsabili trattare semplicemente da terroriste organizzazioni come Hamas e Hezbollah, che hanno un forte seguito anche per il loro impegno sociale; ho sostenuto che non ha senso criminalizzare e ostracizzare intere societa come si sta facendo nel caso dell’Iran. Per questi motivi ho ascoltato con attenzione e interesse le ragioni dell’amico Tariq Ramadan, un intellettuale lucido e a mio avviso onesto, un uomo di coraggio, un grande intellettuale musulmano europeo che dimostra come possa esistere, e gia esista, un Islam europeo che si sta dotantdo di una sua identita. A giorni uscira per l’editore romano Jouvence un’Intervista a Tariq Ramadan l’Introduzione alla quale sono stato lieto di firmare. Ramadan si e sempre definito un uomo del dialogo, un difensore dello stato di diritto, e ha sempre accusato i suoi avversari di averlo sistematicamente frainteso e di accusare di doppiezza e d’ipocrisia tutte le sue dichiarazioni  tese a - com’egli  ama dire – “costruire ponti” fra posizioni e culture diverse.
Proprio per questo, stavolta non sono d’accordo con lui e non posso raccogliere il suo invito a boicottare la presenza d’Israele come Paese Ospite alla prossima Fiera del Libro di Torino.
Israele e – ha dichiarato Ramadan alla ADN-Kronos – “uno stato che pratica l’omicidio e la distruzione”. Magari fosse il solo: se dovessimo boicottar seriamente il dialogo con tutti gli stati che fanno quel che Ramadan denunzia, staremmo freschi. a cominciar dagli Stati Uniti d’America e dalla Cina. Forse sarebbe giusto: ma cosi innesteremmo una reazione a catena incontrollabile. Lasciamo perdere.
Non entro qui nel merito della controversa storia dello Stato d’Israele e del suo difficile, drammatico rapporto con  la comunita palestinese. Che esso abbia scritto e  scriva al riguardo pagine oscure e dolorose e credo cosa nota a tutti: anche ai suoi piu accesi e unilaterali apologeti. Il punto credo pero sia un altro. Quel che si presentera a Torino non sara soltanto lo “Stato” d’Israele e magari i suoi estimatori ad ogni costo. Che esistono, saranno presenti e si accaparreranno senza dubbio gran parte dell’attenzione mediatica. Ma c’e, ed emergera nonostante tutto, anche dell’altro. C’e la societa israeliana che non e del tutto e sempre rappresentata dai suoi politici; ci sono gli scrittori e gli intellettuali come Oz, Grossman, Shalev, Gouri ed altri, israeliani ma anche espressioni d’una minoranza che non so quanto sia in realta tale e che guarda all’indurirsi del conflitto israelo-palestinese con dolore, con stanchezza, spesso con aperto dissenso nei confronti del pugno duro ostentato dai “falchi”. Ci sono i militari israeliani obiettori di coscienza, e sono sempre di piu  nonostante la galera e i silenzi-stampa. Ci sono le voci israeliane e palestinesi che in modo sempre piu alto e chiaro chiedono di far tacere una buona volta le armi, di piantarla con l’orrore terroristico ma anche con i muri e le rappresaglie. C’e la straordinaria cultura di un  piccolo paese pieno di ottime universita, di seri ricercatori scientifici, di gente che scrive e che soprattutto legge; di un paese che ha sviluppato una letteratura e un cinema che lo hanno imposto all’attenzione di quell’universo mediterraneo al quale appartiene;
di gente che ha a sua volta lavorato sodo e combattuto duro ma che vuole la pace, e dove si sta affermando la coscienza che a cio non si arrivera se tutti non accetteranno di fare un passo indietro;  La tribuna torinese potra anche rappresentare un momento di notorieta e di consenso ulteriori per gli aspetti piu duri e repressivi della politica israeliana. Ma Torino e una palestra libera: ci sono i dibattiti, c’e lo spazio per la contestazione magari accesa ma civile, ci sono gli strumenti per far emergere e valere anche le verita “altre” rispetto  alla vulgata conformistica. I padroni dei media possono strillare quanto vogliono: ma la gente ascolta, riflette, confronta. E a Torino ne viene tanta, di gente che vuol sul serio capire. Torino potra essere un momento importante anche per chi condivide, in tutto o in parte, le critiche avanzate contro l’establishment israeliano da Ramadan e da altri, compresi molti cittadini israeliani. Credo che per Ramadan a proposito d’Israele valga, mutatis mutandis, quel che vale per Bush a proposito dell’Iran: i veti incrociati, le reciproche scomuniche, le demonizzazioni dell’avversario non portano a nulla. Serve sapere, serve informarsi, serve discutere. Il boicottaggio della presenza d’Israele servirebbe  solo ai “falchi” di tutte le tendenze, ai fondamentalisti di tutte le scuole e le osservanze. Per questo, e proprio perche stimo Tariq Ramadan e gli sono amico, spero che la sua voce – che si dovrebbe sempre ascoltare, mai oscurare ne demonizzare -  non sia in questo caso efficace.
E in effetti, credo di aver ragione. Sto buttando giu queste note la sera di domenica 3  febbraio 2008: e solo di qualche ora fa la notizia che  si sta pensando di ospitare alla Fiera torinese anche un padiglione dedicato all’Autority palestinese. Credo che si debba fare un passo in piu: che si debba accettare che Hamas non e un’organizzazione terroristica bensi un aprtito politico, un sodalizio di combattenti e una forza sociale; e che non si puo criminalizzare e costringere alla disperazione tutta la gente di Gaza solo perche, in elezioni a quel che risulta corrette, essa ha concesso ad Hamas la maggioranza democratica.  Sono sul tappeto cose importanti: la presenza palestinese in Gerusalemme accanto a quella israeliana, la continuita del territorio palestinese, il problema del ritorno o del risarcimento dei profughi, la questione del “muro” divisorio. Alla Fiera, la societa israeliana e i suoi intellettuali dovranno parlare anche di questo, cos’ come i palestinesi dovranno parlare dell’uso, da parte di alcuni di loro, dello strumento del terrorismo. Bisogna che tutti facciano un passo indietro, e subito: e se una parte dell’opinione pubblica italiana capira queste cose e la smettera di trattare la questione israelo-palestinese come un   derby calcistico, sara meglio per tutti.