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Robert Brasillach: l'omicidio di un poeta

di Manuel Zanarini - 06/02/2008

 

“Ai miei amici, alla nostra giovinezza, al tempo che se n’è andato ma che non è mai morto in noi, al domani, a un futuro migliore per la Francia e per il mondo intero. Alla vita”

( Il nostro ante-guerra, R. Brasillach)

 

Il 6 Febbraio 1945, a Parigi, veniva fucilato Robert Brasillach, con l’accusa di intelligenza col nemico durante l’occupazione tedesca della Francia.

Brasillach nasce nel 1909 a Perpignan da una famiglia di origini catalane. Suo padre è un ufficiale dell’esercito e muore nel 1914 nella battagli di El Herri.

Studia prima al Liceo Luigi il Grande e poi alla Scuola Normale Superiore di Parigi, a 22 anni gli viene affidata la sezione letteraria di “L’Action Francaise” e a 32 anni ha già scritto numerosi libri che lo consacrano come uno dei migliori scrittori e critici di Francia.

Nel 1939 diventa direttore del settimanale “Je suis partout” di chiara impostazione fascista.

Nel frattempo gli eventi precipitano e scoppia la guerra tra Germania e Francia. Nonostante le simpatie hitleriane, Brasillach si arruola nell’esercito per difendere la propria terra dall’invasore e nel Giugno del 1940 viene fatto prigioniero e trasferito in un campo di prigionia in Germania, dove scriverà articoli invitando la Francia a “collaborare” con l’invasore per cercare di avere ancora margini di indipendenza.

Il 31 Marzo del 1941 rientra in Francia, non si sa se proprio per le sue simpatie fasciste o no, e riprende l’attività a “Je suis partout” scrivendo numerosi articoli spingendo per passare dalla collaborazione all’alleanza con la Germania, soprattutto in chiave anti-bolscevica.

Nel 1943, quando ormai appare chiaro che l’Asse verrà sconfitta, si dimette dalla rivista assumendo posizioni meno filo-tedesche. Anche su questo ci saranno versioni diverse, Brasillach dirà che non voleva mentire ai propri connazionali, mentre dai suoi nemici verrà accusato di opportunismo.

Una volta “liberata” la Francia rimane in Patria seppur da latitante, a differenza di molti altri “collaborazionisti” che scapperanno in Spagna o in Svizzera.

Per costringerlo a consegnarsi, viene sequestrata la sua anziana madre, così appena appresa la notizia, il 14 Settembre del 1944, Brasillach si consegna e sua madre viene liberata.

Il 19 Gennaio 1945 comincia il processo per intelligenza col nemico e tradimento, che si concluderà con una condanna a morte per fucilazione. Al momento della lettura della sentenza una voce dal pubblico griderà “è una vergogna”, di risposta Brasillach urlerà: “è un onore”.

Appena saputa la notizia numerosi intellettuali francesi(tra cui Jean Cocteau, Paul Claudel, Paul Valery e Albert Camus) firmeranno una petizione per chiedere a De Gaulle la grazia per il poeta.

Brasillach scriverà loro: “ Anche se l’attività intellettuale da me svolta in circostanza drammatiche per il nostro paese li ha offesi, dichiaro a tutti che gli errori che ho potuto commettere non derivano assolutamente dall’intento di nuocere alla mia Patria che mai ho cessato, bene o male, di amare. Comunque al di là di tutte le divergenze e di tutti gli schieramenti, gli intellettuali francesi col loro gesto mi hanno profondamente onorato”.

Nonostante questo, la grazia viene respinta ed il 6 Febbraio 1945 Brasillach viene fucilato gridando “Viva la Francia”.

La sua grandezza letteraria venne unanimemente riconosciuta, tanto che nella relazione dei fatti tenuta al processo si legge: “ autore di alcuni romanzi di indiscutibile valore letterario, saggista e critico letterario molto autorevole per la sua vasta erudizione e la sua acuta sensibilità interpretativa”.

Le sue opere che consiglio sono: “I Sette colori” del 1939, un romanzo di stile rivoluzionario che presenta un “fascismo mito romantico”; “Il Nostro ante-guerra” del 1941, affresco di un’epoca unica visto da una prospettiva diversa da quella comunemente nota; “Lettera ad un soldato della classe 60” , opera quasi di autodifesa per spiegare le sue ragioni nella scelta di campo; e la raccolta di poesie, pubblicata postuma nel 1950, “Poemes de Fresnes”,  riconosciuta come la sua opera poetica più alta.

Non scrivo questo pezzo per riaccendere le polemiche tra fascisti ed anti-fascisti, scontro che all’alba del 2008 trovo onestamente superfluo, ma per ricordare un periodo in cui chi sosteneva opinioni non conformi al volere dei nuovi regimi veniva fucilato (ricordo nuovamente che a Brasillach non vennero contestate nessuna azione concreta, ma solo opinioni raccolte in numerosi articoli), sperando che il Mondo non debba più rivivere così drammatiche stagioni.