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Il Mito dell’11 Settembre e l’Opzione Dottor Stranamore

di Roberto Quaglia - 06/02/2008

 Dopo "Il concetto di Complotto", presentiamo un secondo brano tratto dal libro di Roberto Quaglia "Il Mito dell’11 Settembre e l’Opzione Dottor Stranamore". Oltre alla narrazione dei fatti, e degli interrogativi che circondando la vicenda 11 Settembre, il libro di Quaglia è estremamente attento allo studio degli aspetti sociologici, psicologici e mediatici della cosiddetta "Guerra al Terrorismo". Per questo motivo vi proponiamo uno dei paragrafi del libro in cui viene discussa una domanda che è sicuramente passata per la testa di chi ha approfondito la vicenda dell'11 Settembre e ne ha visto le numerose contraddizioni: perchè non accade nulla nonostante siano a disposizione di tutti, sul web, gli elementi per nutrire sospetti gravissimi sui personaggi al potere?

BIAS DI CONFERMA

DI ROBERTO QUAGLIA

Basta che lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede e tutti la prendono per pazzo!
Luigi Pirandello

L’individuo è handicappato ritrovandosi faccia a faccia con una cospirazione tanto mostruosa che egli non la può credere vera.
J. Edgar Hoover (fondatore e capo dell’FBI per mezzo secolo)


Se devi dire una bugia, sparala grossa.
Detto popolare


L’aspetto davvero notevole di questa faccenda è che nonostante tutti i dati siano di pubblico dominio su Internet, che appaiano in tutto il mondo libri su libri sull’argomento, non succede niente. Cosa intendo dire con non succede niente? Beh, il backstage ci sta mostrando un altro tipo di film rispetto a quello ufficiale, un film di quelli del genere in cui alla fine ci pensa Clint Eastwood – l’unico individuo al mondo che ha capito tutto, per questo braccato invano dalle mele marce dei servizi segreti – a sventare il perfido complotto e a fare giustizia costringendo il falso ed abusivo presidente degli Stati Uniti a suicidarsi, dopo che le poche mele marce degli altrimenti onesti servizi segreti sono tutte morte nei soliti modi stupidi in cui muoiono i cattivi nei film americani. Invece, ad aver capito tutto non è un uomo solo, ma un’intera metacomunità su Internet, all’interno della quale l’informazione circola, si affina e delinea un disegno sempre più definito e coerente, che viene messo per iscritto e condiviso. E tutto ciò, anziché scatenare una rivolta globale contro i cospiratori, non produce reazioni di alcun genere, da nessuna delle parti. I buoni cittadini dell’impero americano continuano a brucare dai teleschermi televisivi le loro razioni quotidiane di pseudo-informazioni giornalistiche, i milioni di girovaghi di Internet non capitano mai sulle pagine dove potrebbero cogliere una visione meno naif del mondo in cui esistono e se ci capitano non ci fanno caso più di tanto, mentre la diabolica intelligence che ha pianificato tutto quanto – gente notoriamente spietata – non si cura affatto di questa circolazione di agghiaccianti segreti, non cerca di chiudere i server che su Internet ospitano questi dati (beh, qualcuno in effetti ha avuto piccoli problemi...) , non cerca di uccidere o comunque dissuadere chi diffonde queste informazioni pericolose... (a parte qualche trascurabile eccezione, che i media coerentemente trascurano). Questa sì che è fantascienza. Ma forse... forse... qualche spiegazione anche a questo c’è.

Come sostiene anche Gore Vidal in un suo celebre saggio sull’11 settembre, più una bugia è grossa, più facilmente essa verrà creduta... se l’opzione di non crederci è sufficientemente dolorosa. In ciò non vi è nulla di magico. La nostra psiche è strutturata in modo da credere ciò che ad essa conviene credere. Le verità dolorose vengono di norma negate dalla mente. Rispetto ad accogliere una verità troppo dolorosa, non è infrequente che una mente preferisca addirittura rifugiarsi nella follia – è così che chiamiamo la negazione della realtà rispetto ad ogni evidenza.

Il popolo americano è rimasto profondamente traumatizzato dagli eventi dell’11 settembre 2001. Il solo fatto di prendere in considerazione l’idea che nell’organizzazione di un avvenimento così atroce possa esserci stato lo zampino dello stesso Presidente degli Stati Uniti d’America, assieme a quello dei più alti funzionari delle agenzie preposte alla difesa del paese, è impensabilmente doloroso per l’americano medio. E questo, chi ha messo su la faccenda, lo sa benissimo. Non importa quanto la verità circoli, sino a quando essa non verrà mostrata in televisione all’interno di un telegiornale credibile la maggioranza degli americani non la prenderà neanche in considerazione. È come se il fruttivendolo vi dicesse che vostra madre ha tramato di ammazzarvi e pretendesse di darvene tutte le prove: non lo prendereste neppure in considerazione, un po’ perché è il fruttivendolo, ma soprattutto perché l’eventualità che abbia ragione sarebbe troppo dolorosa per voi. Se invece ve lo annunciassero al TG1...

È noto che parecchi genitori di assassini non credano alla colpevolezza dei loro figli neppure di fronte ad un’evidenza palese. La mente umana rifiuta ipotesi di realtà che comportino un dolore eccessivo.

Questo discorso non vale solo per tutti gli americani, ma per tutti noi. Ci piaccia o no, il modo in cui è strutturata la nostra mente è quello che è. La nostra mente è pronta a tutto pur di proteggersi da interpretazioni della realtà che essa non è pronta ad affrontare, conservando anche contro ogni logica una visione familiare e rassicurante della cose. La mente umana giunge sistematicamente alle conclusioni alle quali ha convenienza a giungere.
In gergo psicologico si chiama bias di conferma (confirmation bias) ed è un fenomeno intellettualmente fastidioso al quale, come detto, tutti noi siamo per natura soggetti.

Con il termine bias si indica un errore di pensiero di tipo pregiudiziale. Il bias di conferma è un errore che la nostra mente compie ogni volta che ci giungono dati che confermano oppure non confermano le nostre credenze. In un caso le informazioni vengono lasciate entrare e conservate, nell’altro, come si suol dire, esse entrano da un orecchio ed escono dall’altro.

La nostra mente prende atto dei dati che riceve in modo selettivo, notando e sopravvalutando le informazioni che confermano le nostre credenze ed ignorando o sottovalutando le informazioni che le contraddicono. Siamo tutti soggetti a tale fenomeno, ma alcuni (anzi parecchi) di noi lo sono in misura maggiore di altri, e possono giungere, occasionalmente o sistematicamente, a negare addirittura l’evidenza.

Per questo motivo i cospiratori dell’11 settembre hanno assai poco da temere dall’emergere della (presunta) verità. Il grosso della popolazione del mondo ha in testa una storia ben precisa, condivisa da tutti, e si tratta del film America Under Attack. La maggioranza della gente non abbandonerà mai questa tutto sommato comoda convinzione, a meno che non riceva l’input da un soggetto al quale riconosca un’autorità alla quale non può resistere (la Televisione, un Genitore, un-Individuo-nel-quale-si-abbia-fede). Quando ciò avvenisse, assisteremmo ad un altro tipo di bias cognitivo, a modo suo ancora più affascinante: l’hindsight bias, ovvero l’errore del giudizio retrospettivo. L’hindsight bias è la tendenza delle persone a credere, erroneamente, che sarebbero state in grado di prevedere un evento correttamente, una volta che l’evento è ormai noto. Il giorno ipotetico in cui la CNN ed i vari telegiornali benedicessero con la loro autorità una versione alternativa della storia dell’11 settembre e dintorni, tutti gli individui sino a quel momento ancorati alla precedente versione dei fatti compirebbero istantaneamente il magico salto di paradigma, iniziando immediatamente a ristrutturare i propri ricordi per adattarli alla nuova realtà. Comincerebbero a ricordare di avere avuto sospetti fin da subito, e ben presto inizierebbero a borbottare cose come: Ve l’avevo detto io!

L’hindsight bias modifica i nostri ricordi per adattarli alle contingenze cognitive del presente. È un fenomeno comune che, a piccole dosi, accade tutti i giorni, mentre, a grandi dosi, lo si osserva in politica ogni volta che un’opinione (o un’ideologia) viene mutata in un’altra: tutti (o quasi) coloro che credevano a quell’opinione (o a quell’ideologia), magicamente non solo mutano la propria opinione (o ideologia), ma anche il ricordo che essi hanno di ciò che in passato hanno pensato. E’ così che spesso ad esempio accade che i fascisti non siano mai stati fascisti ed i comunisti non siano mai stati comunisti, per menzionare due grandi esempi storici che ci toccano da vicino. Il bello (o il brutto) è che di solito l’inganno è soprattutto autoinganno. C’è buona fede a chi incorre nell’errore del giudizio retrospettivo. Poiché questa psicopatia è comune, viene accettata come norma. Ed è per questo che le migliaia di giornalisti che in tutto il mondo oggi censurano e dileggiano e volentieri insultano chi ha preso coscienza del grande inganno dell’11 settembre, nel giorno in cui il vento cambierà pretenderanno di impartirci con ipocrita saccenza quelle stesse lezioni alle quali oggi essi sono sordi.

Roberto Quaglia

http://www.mito11settembre.it
http://www.robertoquaglia.com

Per organizzare presentazioni pubbliche del libro con l’autore, scrivere a:
mito.undicisettembre@gmail.com