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Una risorsa di tutti: la democrazia sociale dell'acqua

di Davide D'Amario - 06/02/2008

 

Una risorsa di tutti: la democrazia sociale dell'acqua



Dalle battaglie di popolo per scongiurare il terzo traforo da parte della “banda del buco” sul nostro Gran Sasso, alle recenti raccolte di firme per la distribuzione popolare delle risorse idriche. Dalle recenti e aberranti notizie di inquinamento di falde di acqua potabile tra Chieti e Pescara, a rinnovate notizie di tentativi di bucare ancora il “gigante che dorme”, nasce una riflessione sull’oro blu, quell’acqua che fece dire a Corrado Alvaro, narratore e poeta del sentimento dell’acqua dei calabresi: “…era la religione dell’acqua. Noi siamo di quel popolo che in guerra chiamava:”Acqua, Acqua”, e questo grido di certe notti se lo ricordano ancora quelli che ci stavano di fronte. Chi ci vuol riconoscere, ci guardi in viaggio se ci affacciamo al finestrino per osservare un getto d’acqua, un torrente, un rivo. L’acqua corre, l’acqua è vita”.
L’acqua è un dono degli dei in comunanza con la natura, la nostra terra ce ne dona quantità enormi, gratuitamente, è nostro dovere usarne quantità ponderate, mantenere le falde pulite. L’impegno del milite antimperialista e socialista nazionale è quello di evitare che loschi interessi economici di pochi, isolino, devino e creino bacini privati che costringano popoli e comunità alla sete e alla siccità. L’acqua non deve generare profitti, è gratuita, e coloro che ne fanno commercio sono nemici dei popoli, più volte si arriva, anche in Italia a privare i poveri del diritto all’acqua.
Bisogna, impegnare sempre più le forze culturali disponibili, ad isolare gli sfruttatori dell’acqua, quei perversi signori dello spreco, quell’occidentalizzazione che contraddistingue lo spreco dell’acqua basilare spartiacque tra la concezione del mondo dei popoli delle comunità e quelli del nichilismo globale. Qui occorre essere rispettosi della vita. L’acqua non ha confini (o meglio deve essere gestita in comune), e non può esser confinata o diventare risorsa di privati e del capitale. L’acqua è un bene comune. Per tutte queste ragioni bisogna affermare senza nessuna condizione o diversione utilitarista, che l’acqua è diversa da altre risorse e prodotti, quindi non è una merce, e non può essere gestita come tale, secondo le ignobili leggi del dio mercato.
Da millenni, nell’acqua trovano riferimento le più belle e civili comunità pagane, nell’acqua è il seme della tradizione. Fare il bagno nell’acqua, toccare l’acqua, preludono ad un desiderio e ad una ricerca (molte volte spirituale) d’innocenza e purificazione. L’acqua, ha cantato storie di pellegrini, diseredati, sradicati, erranti, inquieti, quel proletariato dell’anima e della sofferenza che anche il socialismo a passo d’uomo e comunità ha cercato. L’acqua è memoria, e la memoria se ben salda è un modo favoloso per riconciliarsi con il mondo altro e passato. L’acqua è una potente religione, più forte e vera di quelle che certi poteri e lobby vorrebbero imporre ai popoli, perché non conosce l’invidia, le trame dei potenti, le meschinità dell’uomo, ma dona cultura, quella civilizzatrice, alta e comunitaria, dona freschezza mentale alle comunità, dona una sociale voglia di credere.
Quando, Marwan Barghouti, illegalmente arrestato dalle forze di occupazione sioniste a Ramallah, nell’aprile del 2002, iniziava la sua orgogliosa testimonianza dal carcere e nei tribunali dell’occupante da vero militante palestinese, in “un atto di accusa” che rappresenta una dichiarazione di resistenza ad oltranza, nel capitolo VI dichiarerà (Confisca della’acqua): “dal 1957 lo Stato di Israele ha confiscato più dell’80% delle falde acquifere palestinesi. Poco dopo la guerra del giugno 1967 lo Stato di Israele ha distrutto 140 pompe per l’acqua nella Valle del Giordano, che venivano usate per irrigare le fattorie palestinesi della zona. Dal 1967 tutta la gestione dell’acqua in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza è stata posta sotto amministrazione militare israeliana… Gli israeliani consumano pro-capite, cinque volte più acqua dei palestinesi, anche se la loro popolazione è solo il doppio di quella palestinese… lo Stato di Israele ha sistematicamente scavato trincee lungo le strade principali, rendendo inutilizzabili l’acqua, i pozzi e le linee di telecomunicazione fino alle case dei palestinesi, causato danni intenzionali alle strutture di pompaggio, distruzione intenzionale alle linee di trasmissione dell’acqua dei pozzi situati fuori dalle città, ha impedito alle squadre municipali di portare a termine operazioni di emergenza, uccidendo…”.
La voglia di acqua nei volti di uomini, donne e bambini in terra di Palestina, testimonia, che il problema acqua, si imporrà sempre più come basilare nell’agenda mondiale.
L’acqua è vita e morte, e determina le dinamiche dello sfruttamento e dello sterminio dei popoli… da qualunque contesto si parta, per trovare la giusta soluzione, dal piccolo e dal territorio locale, fin alle storie del mondo, l’acqua è tutto.