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Uranio impoverito: vittime senza soluzione di continuità

di Tatiana Genovese - 07/02/2008

 

Uranio impoverito: vittime senza soluzione di continuità



Continua a colpire indiscriminatamente e purtroppo con “evidente efficacia” l’uranio impoverito. L’ultima notizia riguarda quattro nuovi casi, tre in provincia di Padova e uno a Udine, di militari ammalatisi per presunta contaminazione dal materiale radioattivo, in seguito a missioni nei Balcani e in altri “teatri” operativi all’estero, sui quali però vige ancora riserbo assoluto. La procura militare di Padova aveva avviato un’inchiesta all’inizio del 2001, aperta sulla base di un esposto del deputato leghista friulano Edouard Ballaman. Ma poi gli atti erano stati trasmessi a Roma, che è competente a procedere in merito ai fatti accaduti ai soldati italiani all’estero. Le indagini avevano confermato le preoccupazioni del parlamentare leghista friulano: circa una decina di militari di stanza nel Nordest, inviati in missione in Bosnia e in Kosovo, accusavano una sintomatologia sospetta. A segnalare le quattro nuove presunte contaminazioni è stato adesso Falco Accame, presidente dell’Anavafaf, un’associazione che assiste i familiari delle vittime arruolate nelle Forze armate, e che amareggiato ha ricordato che “altri casi, all’infuori di quelli finora conosciuti dall’Anavafaf, sono emersi purtroppo sempre in modo occasionale”.
Continua a crescere dunque il numero dei malati per possibile contaminazione, un numero che, in base ad una dichiarazione ufficiale fatta dal Goi, il Gruppo operativo interforze della Sanità militare, durante un’audizione presso la commissione senatoriale d’inchiesta, sarebbe stato di 1.191. Una cifra che Accame ha detto essere “molto inferiore al reale” in quanto attiene le sole patologie tumorali ed esclude invece quelle neurologiche e genetiche, e concerne inoltre solamente i casi di militari in servizio, mentre non prende in considerazione i militari in congedo, il personale di altre amministrazioni come ad esempio la Polizia di Stato e i civili inviati in missione, né il caso di civili delle popolazioni colpite, né i casi verificatisi in Somalia e nella prima guerra del Golfo del 1991.
Tuttavia ciò che c’è da rilevare di “stupefacente e inspiegabile”è l’enorme salto quantitativo dei casi rilevati dal Goi rispetto a quelli emersi dall’insignificante relazione Mandelli del 2002 che aveva dichiarato con irrisoria ipocrisia 44 casi.
C’è stato comunque un passo avanti per quanto riguarda i risarcimenti alle famiglie degli ammalati, e a sottolinearlo è ancora Accame che ha spiegato che “finalmente la legge Finanziaria ha riconosciuto la doverosità di indennizzi per possibile contaminazione da uranio impoverito o polveri sottili”, aggiungendo tuttavia che “il provvedimento purtroppo giunge in grande ritardo rispetto alle vittime colpite da malattia e alle famiglie dei deceduti e la cifra stanziata è del tutto insufficiente”.
E a proposito di vittime dell’uranio impoverito è sempre di questi giorni la dolorosa notizia della morte dell’archeologo napoletano di 43 anni, Fabio Maniscalco, specialista di tutela e salvaguardia dei beni culturali. Maniscalco, dal 1998, a capo dell’Osservatorio per la protezione dei beni culturali in area di crisi, è deceduto in seguito ad un’adenocarcinoma al pancreas, rara ed anomala forma di cancro, causata dall’esposizione a metalli pesanti e uranio impoverito presumibilmente avuta tra il 1995 e il 1998 quando, ufficiale dell’Esercito italiano, monitorò la situazione del patrimonio culturale della Bosnia. L’archeologo, nel 1997, aveva creato e diretto il team sperimentale di tutela dei beni culturali del contingente multinazionale Onu in Albania e, sempre per l’Onu, aveva diretto diversi progetti, sempre legati alla salvaguardia dei beni culturali, nella ex Jugoslavia, in Kosovo, in Medio Oriente, in Algeria, in Nigeria, in Iraq e in Afghanistan. Per questa sua attività, Maniscalco, nel 2007 era stato anche candidato al premio Nobel per la Pace. Ma l’Uranio impoverito non ha risparmiato neanche lui, lui che non era andato lì in una finta missione di pace, ma per tutt’altro motivo. Ma neanche lui poteva però immaginare che quella zona era a rischio, nessuno lo aveva informato che bisognava indossare mascherine e tute idonee, neanche i vertici militari che erano a conoscenza da molto tempo della pericolosità delle bombe all’uranio impoverito che gli Usa stavamo gettando massicciamente in quell’area. Ma cosa ci vogliamo fare, questa dell’uranio impoverito e della coltre di silenzio che lo avvolge è solo l’ennesima storiella di questa Italia, il Paese dove migliaia e migliaia di giovani di ritorno dalle guerre intelligenti, targate made in Usa, continuano ad ammalarsi e morire a causa dell’utilizzo indiscriminato di uranio impoverito e della totale mancanza di tutela.
Vittime postume che da anni chiedono ai governi che si sono succeduti lo status di “vittime di guerra”, per indennizzare le famiglie dissanguate dalle spese mediche, ma che ottengono solo irrisori e tardivi risarcimenti. E lo stesso vale anche per tutti quei militari e civili ammalatisi nei poligoni italiani, prestati dal nostro Paese, senza alcuna garanzia, alle sperimentazioni belliche degli eserciti stranieri. Questa purtroppo è l’Italia, un Paese in cui i governi continuano a cadere, in cui i politici fanno una gara senza esclusione di colpi per raggiungere le agognate poltrone di Palazzo e lasciano sempre i cittadini soli a difendere il proprio diritto alla sopravvivenza.