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Serbia, la vittoria di Pirro di Tadic

di Giancarlo Chetoni - 07/02/2008

 

Serbia, la vittoria di Pirro di Tadic



Siamo andati a vedere i dati diffusi al termine della consultazione per le presidenziali in Serbia direttamente dalla fonte che li ha erogati, presa per oro colato da tutte le agenzie di stampa italiane ed europee, Ansa in testa.
E’ la famigerata “Centra za Slobodne Izbore I Demokratiju” che ha nel logo su sfondo giallo un “1+1=2” ad indicare che la matematica è una scienza esatta.
Cominciamo allora col dire che il CeSID (Center for Free Election an Democrazy) è un’organizzazione che riceve 2,4 milioni di euro all’anno dalla commissione europea di Bruxelles, insomma è una “struttura di influenza” delle 14 accreditate ancora oggi in Serbia nate come funghi nell’anno che ha preceduto la guerra di aggressione aerea della Nato dell’aprile 1999. Si va da Optor creata da Stanko Lazndic, allievo di Robert Helvi già colonnello operativo della Cia a Rangoon e Burma a B92 centro di diffusione internet, Radio e Station TV di Belgrado.
Nella capitale balcanica corre voce che il CeSID abbia capitalizzato nel solo 2006 donazioni estere per 3,2 milioni di dollari provenienti, questa volta, da “ambienti” della Nato. Il CeSID-Serbia si propone come finalità associativa “la costruzione e il miglioramento del legame di Belgrado con l’Unione europea attraverso per il rafforzamento della democrazia e il depotenziamento delle motivazioni conflittuali tra la popolazione e la formazione di istruttori con l’assistenza di un team di esperti per l’effettuazione del porta a porta”.
Dunque il CeSid come centro di aggregazione e proiezione di “capacity building”, come “fabbricatore di pubblica opinione” e strumento di guerra dell’occidente nella strategia di allargamento dell’Unione europea e della Nato nei Balcani e nell’ex cortina di ferro.
A quanto pare il nucleo dirigente viene da “corsi di perfezionamento” organizzati da docenti del sulfureo Istituto Superiore di S. Anna di Pisa e da quello dell’Università inglese di Bedford. Scoprire poi che la dcuola di perfezionamento post laurea di Pisa che ha sede in piazza Martiri della Libertà 33, ha introitato per questa “attività di promozione” finanziamenti anche dal ministero degli Esteri sia durante il governo Berlusconi che quello Prodi non ci sorprende più di tanto conoscendo molte delle interconnessioni operative che legano enti di ricerca nel settore militare e formazione quadri sia di diritto pubblico o privato, come la Luiss, a Nato e Usa e Alleati.
E non solo. La prima apparizione pubblica del CeSID a Belgrado è del 24 giugno 2002 e Frattini, l’attuale vice-presidente della commissione europea è stato ufficialmente il primo erogatore di fondi come titolare della Farnesina.
Sponsorizzazione che è continuata sia con Fini che D’Alema, il killer di Montenegr, Serbia e Kosovo a suon di missili antiradiazioni Harm e bombe Mk 82-83 da 500 e 1.000 libbre di alto esplosivo portate sugli “obbiettivi” da Tornado Adv, Ids, Amx, Amx Ghibli. Un senatore della XV Legislatura ha promesso di farci avere anche la nota spese in dettaglio del ministero degli Esteri per sostenere attività collaterali del governo Karzai e “istituzioni” dell’Afghanistan.
Che con questi precedenti il CeSID non offrisse alcuna garanzia come “fonte indipendente” è più che scontato. Noto il rapporto del CeDIS anche con personaggi come l’ex ministro degli Esteri Goran Svilanovic della ex Alleanza Civica (di ispirazione europeista-atlantica) durante il governo Djindjic.
In particolare la diffusione di exit-poll e dati conclusivi che chiudevano con un 47,9% dei 2.117.872 voti assegnati a Tomislav Nikolic e il 50.5 % dei 2.229.605 a Boris Tadic con schede bianche e nulle sottratte dalla conta unicamente al primo candidato quando Ennio Remondino inviato dalla Rai da Belgrado ha fissato nella corrispondenza andata sul TG 1, a 48 ore dalla chiusura dei seggi, a 5.000, quindi a una inezia, le preferenze di scarto a vantaggio del presidente uscente dopo il via libera della commissione centrale di controllo che ha ufficializzato il voto per procura dalle ambasciate e dalle sedi consolari estere. Abituati a ben altro nella porcilaia della Maddalena Pentita e della Caste sorvoleremo sul fattaccio per concentrarci invece sugli aspetti politici della “vittoria” dell’uomo di punta del Partito Democratico.
Sulla via Krunska nella sede centrale il 4 febbraio la celebrazione della “vittoria” è stata accompagnata da una banda di zingari “trubaci”. Affacciandosi alla finestre del terzo piano dell’edifici, o Tadic ha trovato a condividere gli entusiasmi dei suoi dirigenti e 3-400 di militanti che caciaravano in strada sventolando vessilli giallo-blu.
Un corteo di macchine che procedeva a colpi di clacson nelle strade di una Belgrado, silenziosa, assonnata, assente, avvolta nel freddo pungente dell’inverno continentale balcanico ha successivamente raggiunto Terazije dove il presidente ha trovato ad accoglierlo non più di 700 sostenitori.
La partecipazione di popolo per Boris Tadic si è fermata qui. Anche dal centro di Belgrado Tadic ha parlato della Serbia come di un grande Paese che si sta avvicinando all’Europa, di giustizia sociale e del solito bla, bla, bla che l’occasione consentiva. Su Pristina che si apprestava alla secessione ha preferito ancora una volta sorvolare. Dall’altra parte della Sava, a Zemun, Tomislav Nikolic prendendo atto della “sconfitta”, alla presenza dello stato maggiore del Partito Radicale Nazionalista, circondato dall’affetto dei militanti, parlando ad alta voce e con serenità davanti ai microfoni e alle telecamere ribadiva che il Kosovo è stato, è e sarà, qualsiasi cosa succeda, anche nel XXI secolo il punto di riferimento irrinunciabile delle tradizioni, della cultura e della storia della Serbia.
Nikolic sa perfettamente che il presidente eletto dovrà a scadenza di qualche ora, giorno, settimana affrontare una gravissima emergenza politica che tocca le corde profonde dell’intero Paese senza poter contare sull’appoggio del premier Vojislav Kostunica e del Parlamento se dovesse accettare, senza reagire con tutti i mezzi consentiti dal diritto internazionale, il distacco di Pristina da Belgrado organizzato e sostenuto da Kfor-Nato, Usa, Unione europea e Onu con una gestione militare, politica, amministrativa e diplomatica apertamente finalizzata all’amputazione territoriale della Serbia.
Una gestione che di fatto ha favorito, dal 1999 al 2007, un piano di “albanizzazione” del Kosovo consentendo alle bande criminali dell’UCK di effettuare una feroce pulizia etnica contro i residenti serbi a colpi stragi efferate, omicidi, rapimenti, stupri, carcerazioni , attentati dinamitardi ad edifici pubblici e privati, a monumenti e luoghi di culto greco-ortodossi, di cui abbiamo già dato sofferto rapporto, fino ad arrivare allo sfregio recentissimo del varo di Eurolex.
Tadic deve ora tenere di conto che la coalizione liberale dell’Ods e la Serbia sognata da Zoran Djindjic sono andate, per sempre e per fortuna, in quel posto...