Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La Banca Mondiale all'assalto di Camisea

La Banca Mondiale all'assalto di Camisea

di Luca Manes - 07/02/2008

 

 

Un remoto angolo di paradiso. Definizione forse abusata ma appropriata per la valle dell'Urubamba, nel Perù sud-occidentale. In piena Amazzonia, separato dalla capitale Lima da 500 chilometri (e dalla catena delle Ande), l'Urubamba attraverso una delle foreste pluviali di maggior pregio ecologico di tutto il pianeta; tra i suoi affluenti il Camisea è un fiume dalle acque limpide che si inoltra in una delle zone più remote del bacino amazzonico, abitata da comunità native tra cui alcuni gruppi che mantengono contatti limitati con lo stato costituito. Parte della zona è «demarcata» (territorio delle comunità native), parte integra una grande zona naturale protetta.
Sul fiume Camisea però si sono spinte anche le compagnie petrolifere, peruviana e internazionali. E ci resteranno per un bel po' di tempo: la scoperta di riserve di 310 miliardi di metri cubici di gas e di una quantità di gas naturale allo stato liquido pari a 600 milioni di barili, ha fatto venire l'acquolina in bocca a un bel po' di società del settore estrattivo. Nel 2003 hanno cominciato a perforare pozzi anche in una zona di riserva naturale e a scacciare le tribù locali, nonostante la forte opposizione di numerose organizzazioni locali ed internazionali. Una volta portata a compimento la prima fase del progetto Camisea, quella relativa alla pipeline tramite cui passa il gas naturale diretto verso Lima, il lavoro prosegue con le infrastrutture atte al trasporto del gas in forma liquida. Il secondo gasdotto avrà un percorso in buona parte parallelo al primo, lungo oltre 500 chilometri.
E' ricominciato allora il valzer delle grandi istituzioni pubbliche interessate a finanziare l'opera, dal costo stimato in circa 3,9 miliardi di dollari, e corrispondente al più grande investimento nella storia del paese andino. Tra le tante agenzie di credito all'export che hanno garantito il loro sostegno ci sono l'italiana Sace e la statunitense ExIm Bank - gli americani sono da oltre un decennio grandi tifosi di Camisea - mentre l'Inter-American Development Bank ha già dato l'ok per uno stanziamento di 800 milioni di dollari. Ora è il turno della Banca mondiale. Proprio ieri il suo ramo per i finanziamenti ai privati (l'International Finance Corporation) ha approvato un prestito di 300 milioni al consorzio costruttore, di cui fanno parte la spagnola Repsol e la texana Hunt Oil, già responsabili della realizzazione di Camisea I. Eppure oltre alle perplessità per gli impatti ambientali ci sono dubbi sulla reale fattibilità economica della seconda fase del progetto, denominata Peru Lng.
Secondo Glenn P. Jenkins, economista di Harvard interpellato dalla Ong statunitense Amazon Watch, al Perù converrebbe tenersi il gas e non esportarlo in forma liquefatta. E invece l'esecutivo di Lima ha addirittura cambiato la legislazione nazionale per facilitare la riuscita del progetto.
Sempre Amazon Watch, che ha redatto un dettagliato rapporto sul caso, ha contestato alla Banca mondiale il fatto di non aver preso nella dovuta considerazione gli impatti sulle popolazioni indigene, per cui non ci sono adeguati piani di compensazione e riallocazione. Eppure la Banca aveva preferito non finanziare la prima fase del progetto proprio per i rischi a esso connesso. Quale sia il valore aggiunto che l'istituzione porterà entrando nel progetto rimane un mistero. Anche perché quasi la metà dei proventi derivanti da Camisea I e II finanziano il Fondo per la difesa nazionale, con un vincolo specifico e inderogabile all'acquisto di armi per l'esercito e la polizia peruviana. «Dobbiamo acquistare migliori equipaggiamenti per le nostre forze di sicurezza», ha recentemente dichiarato alla stampa il ministro della Difesa Antero Flores Aroaz.
Forse anche questo rientra nell'accezione di sviluppo della Banca mondiale, tanto che dei 24 direttori esecutivi del suo board solo il rappresentante scandinavo e quello tedesco hanno provato una timida opposizione. Intanto un altro angolo di Amazzonia è destinato a morire.