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Il peso di un rifiuto

di Marco Boschini - 07/02/2008

 

Immondizia

Quasi due chili di immondizia al giorno a testa, per 365 giorni l’anno. E’ l’inquietante primato della Toscana, la regione con la produzione di rifiuti procapite più alta d’Italia. Un dato certificato dal Rapporto 2007 dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, presentato ieri a Roma dal ministro Alfonso Pecoraro Scanio.

La raccolta statistica elaborata dall’Apat fotografa una situazione che conferma le molte ombre e le poche luci degli scorsi anni. Con un dato nazionale (563 chili prodotti annualmente procapite) che non si discosta poi molto dal record toscano (700 kg), è evidente che la gestione dei rifiuti resterà una rincorsa a una soluzione sempre più lontana e un costo pesante per la collettività (la spesa media procapite annua è di 123,12 euro).

La vera soluzione sarebbe abbattere il peso degli avanzi scartati dalla nostra società, cambiando alcuni eccessi negli stili di vita e intervenendo sul fronte degli imballaggi. Un duplice obiettivo che il Rapporto Apat mostra essere al momento molto lontano. La produzione nazionale di rifiuti urbani nel 2006 ha continuato infatti la tendenza a crescere degli anni precedenti, segnando un +2,7 rispetto al 2005, raggiungendo una quantità complessiva di 32,5 milioni di tonnellate. Le differenze con il passato individuate dall’Agenzia sono semmai nella geografia dell’immondizia: il Nord Italia, dopo un periodo di pausa, torna infatti in testa alla classifica delle macroaree dove la quantità di scarti prodotti aumenta maggiormente (+3% circa).

Davanti a queste performance la raccolta differenziata, in crescita costante ma lenta e con grandi squilibri regionali, può dare un contributo solo parziale. Nel 2006 su base nazionale la percentuale di rifiuti avviata al riciclaggio è stata del 25,8% contro il 24,2% del 2005, ma il dato medio oltre ad essere ben lontano dal 40% fissato come traguardo dalla legge del 2006, nasconde situazioni agli antipodi.

La differenza maggiore si registra tra Nord e Sud, ma anche su scala regionale esistono realtà diversissime. Eclatante è la regione simbolo del degrado, la Campania, dove la media segna un 20%. Andando a leggere le cifre in profondità si scopre però che a Salerno e Avellino si oscilla attorno al 20%, che alcuni piccoli comuni sono molto virtuosi (Casamarciano, 3.309 abitanti, separa il 49,6% dei suoi rifiuti, seguito da Santa Maria La Carità, 11.385 abitanti, con il 44,7%), ma che nella grande area metropolitana di Napoli non si va oltre l’8%.

E le polemiche che fanno da contorno al caso campano hanno continuato a tenere banco anche durante la presentazione dei dati Apat, con l’annuncio da parte del ministro Pecoraro di un’informativa alla magistratura. “Per correttezza, ha spiegato, manderò alla magistratura la relazione della commissione del generale Jucci e la relazione interministeriale prodotta in collaborazione con il ministero dell’Innovazione sulle migliori tecnologie per l’ambiente, oltre a tutte le azioni e attività svolte in questi anni dal ministero dell’Ambiente”. Lo scopo di questa comunicazione, ha specificato il leader dei Verdi, è che la magistratura “possa verificare il boicottaggio sulle azioni a favore della raccolta differenziata e, in generale, il perché le sollecitazioni del ministero dell’Ambiente sono rimaste lettera morta”.