Se la Coop siamo noi chi sono le Coop?
di Massimo Mucchetti - 09/01/2006
Fonte: corriere.it
Le coop, poi, hanno esse stesse un problema di regole. E questa è la seconda prova. Al momento, nelle grandi cooperative di consumo con centinaia di migliaia di soci, la selezione dei gruppi dirigenti avviene attraverso una serie di assemblee di zona che eleggono i delegati a quella generale. Sembrano congressi di partito. Nelle cooperative di produzione e lavoro, che hanno qualche centinaio di soci, è più facile. Ma in ogni caso il potere dei leader è pressoché assoluto: basta guardare da quanto tempo non vengono sostituiti. Molti capi-cooperativa sono bravissimi. Ma anche Consorte e Sacchetti lo erano. Il problema, dunque, è come evitare il bonapartismo e le sue degenerazioni. E non lo si risolve per via amministrativa con collegi sindacali più severi o revisori più «cattivi». La questione è politica e attiene alla formazione stessa dei consigli di amministrazione e delle decisioni.
Nelle società di capitali esistono le minoranze azionarie che possono esprimere consiglieri propri e gli investitori istituzionali che nominano gli indipendenti, ma nelle coop la proprietà delle quote, di fatto, non esiste e dunque viene a mancare il soggetto che può attivare il «diverso parere»: la grande parte del patrimonio cooperativo è congelata in riserve indivisibili che, in caso di liquidazione, vanno ad apposite società interamente controllate dalle associazioni di categoria: la Coop Fondi della Lega, per esempio. Alle associazioni nazionali, del resto, il ministero delle Attività produttive delega, per legge, il controllo. Qui, forse, c'è l'altra faccia della proprietà cooperativa che i soci hanno in uso. Da qui potrebbe venire il «diverso parere». Ma sia la Lega che la Confcooperative, ammesso che ci abbiano mai pensato, non sembrano al momento attrezzate sul piano delle risorse professionali e del peso politico per nominare consiglieri indipendenti nelle maggiori coop rosse e bianche.