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l'Europa, la Politica e le spie

di Claudio Asciuti - 11/02/2008

 

l'Europa, la Politica e le spie


La letteratura di spionaggio ha la caratteristica, dai tempi di Joseph Conrad, di essere costretta ad ogni mutamento socio-politico a inventare nuovi scenari d’azione, e a combinare nuove trame che tengano conto dei mutati assetti.
Il ricercare, per ogni epoca, le coordinate storiche e politiche del genere diventa un tema appassionante: prima era la Guerra Fredda a tenere in piedi gli equilibri, poi entrarono in gioco anche il Medio e Estremo Oriente, i Paesi non Allineati (soprattutto Cuba); la caduta del Blocco dell’Est costrinse gli scrittori a funambolici giochi d’equilibrio per introdurre i paesi balcanici nelle loro trame. Ma ora che la polveriera balcanica si è (momentaneamente) assopita, urgono nuovi incubi.
Così Stefano Di Marino, già autore con lo pseudonimo di Stephen Gunn de “Il professionista” (il ciclo di romanzi che ha come eroe un ex della Legione Straniera) si è messo d’impegno a crearne. Nel corso dei suoi due ultimi romanzi, Ora Zero (Nord, pag. 692, euro 18,60, 2005) e il recente Sole di fuoco (Newton Compton, pag. 370, euro 12,00, 2007) ha ampliato il suo lavoro con un grande disegno che risistema gli assetti spionistici ponendo al centro di tutta la trama l’Europa; un insieme, cioè, di popoli e di culture che hanno lo stesso orizzonte, ma anche un sistema politico troppo schiavo del grande capitale, e un’entità geografica che si avvia a diventare il crocicchio di un complesso gioco di alleanze fra grandi organizzazioni criminali.
A difendere la sovranità è un corpo scelto di agenti, inquadrati nella Divisione Sicurezza Europea, organismo formato dai paesi aderenti all’UE, il cui scopo è appunto la difesa esterna ed interna, fondata da Georg Bruckner, un vecchio agente dei servizi austriaci, che dopo la caduta del Muro si è reso conto che improvvisamente il nemico era diventato un altro: gli States, ma sopratutto un’entità politica ed economica che si chiama “Comitato”: un’alleanza nata alla fine della seconda guerra mondiale fra le grandi famiglie detentrici del potere, che comprende le banche, i signori del petrolio e delle armi, i trust industriali di mezzo mondo, che in cerca di spazi sempre più grandi di commercio si trova nella necessità di sabotare in tutti i modi l’UE.
Nel primo romanzo, che comincia con un’azione di salvataggio ostaggi in mano a Caspar Dragan, uno dei tanti ex-combattenti balcanici, assistiamo alla messa in opera della DSE e al primo tentativo da parte del Comitato di distruggerla, grazie anche all’esplosione di una “bomba sporca” a Dublino e una epidemia programmata che mette a soqquadro l’Europa e l’ex-URSS. Nel secondo romanzo, invece, la DSE sta per essere messa in minoranza e sollevata dall’incarico; i responsabili europei, infatti, manovrati e consigliati da un parlamentare, uomo del “Comitato”, hanno deciso di “privatizzare” anche la difesa europea, stringendo un accordo con la StrongArm, agenzia internazionale di mercenari, che dovrebbe occuparsi della sicurezza. Ma la StrongArm, non è solo quello: è la padrona sotterranea del Sole di Fuoco, il grande oledotto che dovrebbe portare il petrolio in occidente, ed è anche uno dei tanti aspetti del Comitato, in questo caso legato alla malavita cinese delle Triadi e a misteriosi traffici in Oriente. Bruno Genovese e Linda Casillas, i due protagonisti del ciclo, si trovano a dover combattere entrambe le volte su più piani: uno esterno, legato agli eventi politici maggiori, e che cerca di spostare gli equilibri politici europei; uno più sotterraneo, che infiltra agenti del Comitato e cerca di ridurre se non eliminare globabilmente la DSE.
Di Marino lavora a pieno regime, accumulando colpi di scena su colpi di scena, costruendo situazioni e poi smontandole in mille pezzi, costringendo i protagonisti e il lettore ad una corsa contro il tempo che cortocircuita su sé stessa. La scena si sposta dall’Europa all’Asia, i personaggi si muovono da Vienna, sede della DSE, a Parigi, da Hong Kong a Praga, in un avvicendarsi di attentati e sparatorie, in una specie di gioco di maschere in cui anche l’amico più fidato può essere al servizio del nemico.
Siamo di fronte, insomma, a una scrittura nazionale in grado di competere con quella anglo-americana; segno di un cambiamento importante, inoltre, che ci fa dire che non è solo il noir, tanto caro agli impegnati critici odierni, ad aver acquisito cittadinanza nella letteratura civile, ma anche la spy-story, genere da noi sottostimato, mentre nel resto del mondo è stato da sempre al centro della scena politica, da Fleming a Forsythe, da Amber a De Villiers.
E forse sta qui uno degli altri motivi di interesse: che l’autore, proiettando le sue storie in un’ottica futura, finisce con il compiere un’analisi socio-politica della nostra civiltà europea, a estrapolarne i malesseri, seguitarne gli sviluppi: pensate alla StrongArm, così tragicamente simile alla banda assassina della Black Water in Iraq; all’incapacità europea di dotarsi di un esercito professionista libero dalla sudditanza agli USA; alle influenze del capitalismo mondiale sulla politica e sulle scelte comunitarie; temi non così fantapolitici come si sarebbe portati a pensare; anzi…