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La democrazia è molto preziosa, ma è diventata una prostituta

di Seyyed Hossein Nasr* - 12/02/2008




La democrazia è qualcosa di molto prezioso, ma, sfortunatamente, ai giorni nostri è diventata una prostituta” con la barba bianca e un parlare pausato, Seyyed Hossein Nasr, uno dei massimi esperti di scienza e spiritualità islamica, ha l’aspetto di un sereno saggio orientale.

Le sue parole, tuttavia, sono simili alle saette. Questo noto intellettuale iraniano, che è alla guida dell’Istituto di Studi Islamici dell’Università George Washington, ritiene che la democrazia si sia trasformata in uno slogan. Afferma che è democratico chi è ben visto dai potenti (si legga gli Stati Uniti) e antidemocratico chi non lo è. Asserisce, inoltre, che attualmente, a causa di interessi politici “sono considerati terroristi quelle persone che non fanno altro che difendere i propri diritti”. Acuto, critica duramente la famosa teoria dello scontro di civiltà di Samuel Huntington, teoria che egli considera “molto pericolosa”.

Nato a Teheran nel 1933, Seyyed Hossein Nasr, figlio di un medico della famiglia regale persiana, sin da piccolo è stato educato negli Stati Uniti. Ha studiato matematica e fisica al MIT di Boston e storia della scienza e della filosofia a Harvard. Dopo essersi specializzato in scienze islamiche, tornò in Iran, dove aveva ricoperto la carica di rettore della Facoltà di Lettere e all’Università di Teheran, ed è stato presidente dell’Accademia Iraniana di Filosofia. Nel 1979, la rivoluzione islamica di Khomeini lo costrinse ad emigrare negli Stati Uniti.

Autore di oltre cinquanta libri – pubblicati anche nel suo paese d’origine -, oltre ad insegnare negli Stati Uniti, Seyyed Hossein Nasr viaggia per il mondo per insegnare e dare conferenze; è stato uno dei 138 leader musulmani che recentemente hanno scritto una lettera al Papa e agli altri capi delle chiese cristiane per proporre l’instaurazione di un dialogo tra le due religioni monoteiste.

- Lei è uno dei massimi esperti del Corano. Il libro sacro dei musulmani autorizza il jihad, la guerra santa?

Sì, ma dipende da quello che noi intendiamo per jihad. Significa sforzo per seguire gli insegnamenti di Allah. Inoltre, si intende sempre in senso positivo, nel senso di cercare di compiere la volontà di Allah, nel senso di esortare qualcuno a trascendere i propri interessi e aiutare il prossimo.

- Dall’11 settembre 2001, in molte parti d’Occidente i musulmani sono sistematicamente associati al terrorismo. Lei crede che questa percezione stia aumentando o diminuendo?

Né l’una né l’altra cosa. Penso che questa percezione stia aiutando molti politici occidentali a mantenere i rispettivi popoli in uno stato di sottomissione e di paura. L’occupazione di paesi musulmani ha dato luogo a molte più morti che non quelle provocate dagli attentati di New York, Londra e Madrid. In secondo luogo, spesso sono chiamati terroristi coloro che unicamente perseguono la difesa dei loro diritti. Immagini che qualcuno aggredisca l’Italia e gli Italiani cerchino di contrattaccare; secondo la definizione corrente, sarebbero dei terroristi. Questo è l’epiteto che viene dato alla gente del Sud del Libano, ai Palestinesi e a molti altri gruppi che non aggrediscono nessun paese, ma si limitano a fronteggiare l’aggressione che da loro subita. I musulmani che compiono atti terroristici nel Cachemir, a Gaza o in altri luoghi li possiamo comprendere dal punto di vista psicologico. Ma dal punto di vista religioso, quegli attacchi terroristici sono inaccettabili per la legge islamica.

- Però non sembra che sia un caso, se questi attentati vengono compiuti in nome dell’islam e non di altre credenze religiose, come il cristianesimo.


La risposta è che nel mondo islamico l’Islam continua ad essere una forza molto influente. Quando nel mondo occidentale il cristianesimo era forte, tutto si faceva in suo nome. Quando si conquistava una città o si proclamava una crociata, lo si faceva in nome di Cristo. Innumerevoli massacri sono stati commessi in nome del cristianesimo. Ad esempio, quando i conquistatori spagnoli uccisero migliaia e migliaia di indios sudamericani, lo fecero brandendo la croce. Il fatto che l’Occidente non commetta più questo tipo di massacri in nome di Cristo lo si deve al fatto che il cristianesimo si è indebolito, non al fatto che la gente non sia più interessata ad uccidere. Infatti si continua ad uccidere, però in nome di altre cose: nazionalismo, petrolio, economia. Sono queste le nuove divinità dell’Occidente.


- Cosa ne pensa della teoria di Samuel Huntington sullo scontro di civiltà?


Mi oppongo decisamente a questa teoria e considero che sia molto pericolosa. La cosa positiva di Huntington è che assicura che esistono diverse civiltà e che non scompariranno. Per quanti hamburger si vendano in Italia, gli Italiani non rinunceranno alla loro italianità, e la stessa cosa si può affermare circa le altre culture.


- Crede che il modello occidentale di democrazia possa essere esportato nei paesi islamici?


Penso che il modello occidentale di democrazia non possa essere esportato da nessuna parte, perché è qualcosa che deve sorgere dall’interno della società, così com’è accaduto in Occidente. Gli Stati Uniti non hanno esportato la democrazia in Germania dopo il nazismo. Fu la società tedesca ad abbracciarla, ad accettare Eisenhower e il nuovo ordine politico dopo aver sofferto una spietata dittatura e una tremenda sconfitta militare che causò la morte di milioni di Tedeschi. Nella storia non esiste un solo caso in cui la democrazia sia stata esportata ed accettata.



- Ma la democrazia è compatibile con l’Islam?


Dipende da cosa intendiamo per democrazia. Attualmente la parola democrazia è diventata uno slogan: chi ci piace è democratico, mentre chi non lo è lo tacciamo di antidemocratico. Il popolo palestinese, nelle libere elezioni sorvegliate dall’ONU, ha scelto Hamas per farsi governare. Ma l’Occidente ha rifiutato quel risultato, affermando che è un risultato antidemocratico. In Egitto, Mubarak vince le elezioni con il 99,9% dei voti ed è evidente che non è democratico; ma, dato che è filoamericano, nessuno dice nulla. La democrazia è qualcosa di molto prezioso, ma, sfortunatamente, ai giorni nostri è diventata una prostituta. Mi dispiace dirlo, ma è proprio così. Se intendiamo la democrazia come la libera partecipazione della gente alla propria vita, credo che si tratti qualcosa che tutti gli esseri umani desiderano. Non è che agli Spagnoli e agli Inglesi piaccia e i Birmani la odino. E’ una stupidaggine. Ma, perché le istituzioni democratiche possano crescere, devono farlo dall’interno della società.


- È fondamentale che uno Stato sia secolare perché ci possa essere democrazia?


Non credo che sia necessario. Allah stesso ha consentito ai musulmani di governare molti aspetti della loro vita. È vero che la legge islamica vieta di mangiare maiale, ma non mi sembra che la democrazia si fondi sul fatto di poter mangiare o no il maiale. Anche i cristiani hanno i loro divieti religiosi e, in teoria, non possono commettere adulterio.


- Ma la differenza è che nei paesi di tradizione cristiana il potere politico e il potere religioso sono separati.


I paesi islamici non sono costretti a secolarizzarsi per essere democratici, a meno che per democrazia vogliamo intendere solo il modello occidentale.


- Crede che sia possibile una riconciliazione tra gli Stati Uniti e l’Iran?


Non vedo nessun motivo per il quale debba esistere ostilità tra Iran e Stati Uniti. L’Iran non rappresenta nessun pericolo per gli Stati Uniti. Alcuni sono dell’opinione che l’Iran rappresenti un pericolo per i loro propri interessi, non per quelli degli Stati Uniti, il che è molto diverso. L’Iran non è un paese potente. Quello che non posso capire, in quanto Iraniano che da 30 anni vive in America, è perché gli Stati Uniti e l’Iran non si siedano intorno a un tavolo a discutere i loro problemi, così come fece a suo tempo il presidente Nixon con la Cina. Penso che ciò sia dovuto, disgraziatamente, al fatto che pure in questo caso sono in gioco degli interessi, soprattutto per quanto riguarda la lobby israeliana negli Stati Uniti. Mi dispiace dire queste cose e so che mi costeranno molti attacchi, ma credo che sia proprio così. In secondo luogo, alcuni dei ricchi paesi petroliferi hanno paura dell’Iran, del suo discorso. Ma, al di là di ciò, in realtà non esistono validi motivi perché l’Iran e gli Stati Uniti non abbiano dei buoni rapporti. Tutto cambierebbe completamente se i due paesi si sedessero a discutere insieme. Non dico che i problemi verrebbero completamente risolti, ma la situazione muterebbe. Perciò preghiamo affinché s’imponga la saggezza e non ci sia una guerra. La peggior catastrofe sarebbe un attacco americano all’Iran. Penso che un’azione del genere comporterebbe la fine degli Stati Uniti come superpotenza.


* Elisabetta Piqué è corrispondente in Italia del quotidiano argentino “la Nación”
Si ringrazia Elisabetta Piqué per aver permesso la riproduzione della sua intervista nel sito di Eurasia. Rivista di studi geopolitici.

(traduzione dallo spagnolo di V. Paglione)
Fonte: La Nacion