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Bertolt Brecht: vizi privati e debolezze negli appunti segreti pubblicati in Germania

di Danilo Taino - 12/02/2008


 
Brecht privato non meno fulminante di quello pubblico, delle grandi opere. Ma del tutto diverso, molto meno politicamente corretto e tutto d'un pezzo di quanto si tenda a disegnarlo. Meno gigante. Più somigliante a quel ragazzo in giacca di pelle e sigaro tra i denti di una famosa fotografia che al drammaturgo e al poeta celebrato dal socialismo reale ieri e oggi. «Quel che non confesso volentieri — scrive per esempio nei suoi ricchissimi taccuini personali — è che disprezzo coloro che vivono nell'infelicità (o nel bisogno, ndr) ». Non poco, per un moralista che doveva amare il proletariato.
Oppure: «L'uomo non è un nuotatore, l'uomo non è un aviatore. È di quel genere che sta sdraiato sulla schiena». Anche qui, mica male la considerazione per un'umanità che avrebbe dovuto essere in marcia verso la propria liberazione. Sono alcuni appunti tratti dai 54 quaderni che — dal 1918 alla morte, nel 1956 — Bertolt Brecht compilò senza interruzioni, quasi fosse una dipendenza.
Saranno pubblicati da quest'anno per anni a venire dalla casa editrice Suhrkamp: una buona parte di frasi, riflessioni e versi conosciuti e un terzo inediti. Il settimanale tedesco Der Spiegel ha pubblicato ieri l'anticipazione del primo volume dell'opera, che riguarda per lo più gli anni che vanno dal 1927 al 1930, quelli in cui raggiunse la fama e fu celebrato come un rivoluzionario del teatro da un pezzo della Repubblica di Weimar. «Addio a Beton-Brecht», al Brecht di cemento, titola il settimanale.
Che la personalità dello scrittore fosse complessa è un fatto ovvio e conosciuto. Il suo rapporto con le donne — spesso numerose e sovrapposte, usate e allontanate — è stato ad esempio oggetto di discussioni e polemiche. Ma altri fatti e altri pensieri sono una scoperta. In uno dei Notizbücher in via di pubblicazione — conservati nell'Archivio Brecht dell'Accademia delle Arti a Berlino — sostiene per esempio di avere scritto una poesia pubblicitaria per un'automobile Steyr (casa austriaca)— questo era noto — e di avere ricevuto una macchina in regalo, scoperta che a non tutti gli estimatori della sua implacabilità morale farà piacere. In un altro, riflette su se stesso e dice che in un'occasione avrebbe dovuto mantenere la promessa data ma non lo fece. «Perché? », si chiede. «Non ne avevo voglia », risponde.
I quaderni, nella loro interezza, pare siano di un certo interesse per focalizzare l'uomo, le sue passioni, le aspettative, le ambizioni. Si scopre per esempio che Brecht aveva una scarsa considerazione dell'umanità, persino un fastidio per chi tende a non lottare, nella vita. E un'idea originale nell'accostare i sentimenti. Finora, per dire, si conosceva l'appunto-poesia «Mia madre è scomparsa il 1˚maggio. La primavera si è levata. Il cielo sorrideva senza pudore». Ma non si sapeva che questa canzone per la madre morta è subito seguita, nel tempo e nel taccuino, da una erotica «cantata per un'amante».
La penna di Brecht correva sui quaderni personali — che conservava come tesori da proteggere — con la stessa forza che c'è nelle sue opere di maggiore impatto. «Il borghese è necessario come un vespasiano — scriveva in un appunto —. Come sarebbe immorale la vita pubblica senza queste due istituzioni ». Ma, allo stesso tempo, dai taccuini emergono anche i dubbi ideologici. Si scopre ad esempio l'ammirazione di Brecht per Lenin e l'intenzione, in qualche modo già passata a fase di progetto, di un'opera musicata sul leader bolscevico: avrebbe dovuto essere qualcosa di molto popolare, facile e riconoscibile dal popolo. Poi, però, vi rinunciò: temeva la banalità e non voleva passare per un semplice strumento di propaganda.
Ambivalenza verso la politica e il potere della quale si è molto discusso, in passato. Quando, il 17 giugno 1953, una sollevazione nella Germania dell'Est provocò la repressione violenta dello Stato, Brecht sostenne l'intervento dell'esercito, incluso quello dei soldati sovietici presenti a Berlino Est. Ma al peggio seguì poi il meglio. «Dopo la sollevazione del 17 di giugno — scrisse — il segretario dell'Unione degli Scrittori ha distribuito pamphlet sulla Stalinallee, dice che il popolo ha gettato via la fiducia dello Stato. E può riaverla solo se raddoppia gli sforzi. Non sarebbe stato più facile, in quel caso per il governo, sciogliere il popolo ed eleggerne un altro? ». È questo Brecht — contraddizione e lampo — che raccontano i quaderni- diario. Non era un monumento di marmo.