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Lo tsunami finanziario: le fondamenta finanziarie del secolo americano

di F. William Engdahl - 13/02/2008

 

Le Fondamenta finanziarie del Secolo Americano

L'attuale e crescente crisi finanziaria globale, ufficialmente innescata nel luglio 2007 da un evento che interessava una piccola banca tedesca che deteneva beni cartolarizzati garantiti da mutui del mercato immobiliare subprime USA, può essere meglio compresa come una parte essenziale di un processo storico che risale alla fine della seconda guerra mondiale—l'ascesa e il declino del Secolo Americano.

Il Secolo Americano, orgogliosamente proclamato dal fondatore di Time-Life nonché membro dell'establishment Henry Luce in un famoso editoriale del 1941 pubblicato sulla rivista Life, fu costruito sul ruolo preminente delle banche di New York e delle banche di investimento di Wall Street che allora avevano chiaramente sostituito la City di Londra come centro di gravità per la finanza globale.

Il Secolo Americano di Luce doveva essere costruito in maniera molto più calcolata rispetto all'impero inglese che stava sostituendo.1

Un gruppo di pianificazione per il dopoguerra del Council on Foreign Relations allora top secret, il War & Peace Studies Group, guidato dal preside della Johns Hopkins e geografo geo-politico Isaiah Bowman, espose una serie di studi pensati per gettare le fondamenta del loro mondo dopo la guerra già all'inizio del 1939, molto prima che i blindati tedeschi invadessero la Polonia. L'Impero Americano stava per diventare davvero un impero. Ma non avrebbe commesso l'errore fatale dell'Impero Inglese e degli altri imperi europei precedenti, ossia di essere un impero aperto alle conquiste coloniali con eserciti costosi in occupazioni militari permanenti.

Invece il Secolo Americano sarebbe stato confezionato e venduto al mondo, soprattutto ai paesi emergenti dell'Africa, dell'America latina e dell'Asia, come il guardiano della libertà e della democrazia. Si sarebbe presentato come il maggiore fautore della fine del dominio coloniale, una posizione che beneficiava unicamente la sola grande potenza senza grandi colonie—ossia gli Stati Uniti.

Il mondo del nuovo Secolo Americano doveva essere guidato ovunque dal campione del libero commercio, il che avrebbe avvantaggiato l'economia più forte nei primi anni del dopoguerra, sempre gli Stati Uniti. Era un concetto tanto brillante quanto fatalmente imperfetto. Come il capo pianificazione del Dipartimento di Stato George F. Kennan scrisse in una nota confidenziale interna nel 1948, “Possediamo circa il 50% della ricchezza del mondo ma solo il 6.3% della sua popolazione… Il nostro vero compito nel periodo a venire è di pianificare uno schema di relazioni che ci permetterà di mantenere questa posizione di disparità senza danni attivi alla nostra sicurezza nazionale”. 2

Il nocciolo degli War & Peace Studies, che erano stati progettati ed implementati dal Dipartimento di Stato USA dopo il 1944, doveva consistere nella creazione di una organizzazione delle Nazioni Unite per sostituire la Società delle Nazioni sotto il controllo britannico. Una parte essenziale di questa nuova organizzazione delle Nazioni Unite, che doveva servire a preservare lo status quo pro-USA postbellico, era la creazione di ciò a cui ci si riferiva originariamente come le istituzioni di Bretton Woods—il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo o Banca Mondiale.3 Gli accordi generali sulle tariffe ed il commercio (GATT) vennero aggiunti in seguito.

I negoziatori USA a Bretton Woods (New Hampshire), guidati dal vice segretario del Tesoro USA Harry Dexter White, imposero sull'FMI e sulla Banca Mondiale un progetto che assicurava che entrambi sarebbero rimasti essenzialmente degli strumenti di un impero USA “informale”, un impero basato inizialmente sul credito e, successivamente, all'incirca dopo il 1973, sul debito.

New York e la sua Federal Reserve Bank erano il cuore del nuovo impero nel 1945. Gli Stati Uniti detenevano la stragrande maggioranza delle riserve auree delle banche centrali mondiali. Il sistema aureo postbellico di Bretton Woods avvantaggiava unicamente il ruolo del dollaro USA, allora come oggi la moneta di riserva mondiale.

I valori di tutte le valute dei paesi membri del FMI dovevano essere fissati in base al dollaro USA. A sua volta, il dollaro USA, ma solo il dollaro USA venne fissato al peso d'oro prestabilito di 35$ l'oncia. A questo tasso fisso, le banche centrali e i governi esteri potevano scambiare dollari per oro.

Bretton Woods stabilì un sistema di pagamenti basato sul dollaro, in cui tutte le valute venivano definite in rapporto con esso. Fu ingegnoso e favorevole soltanto per la potenza finanziaria emergente di New York, i cui banchieri modellarono attivamente gli accordi finali.

In quei tempi, in netto contrasto con il presente, il dollaro era “buono come l'oro”. La valuta USA era effettivamente la valuta mondiale, lo standard al quale tutte le altre valute erano agganciate. Come la valuta chiave mondiale, anche la maggior parte delle transazioni internazionali venivano denominate in dollari.

Il mantenimento del ruolo del dollaro USA come valuta di riserva mondiale è stato il maggiore obiettivo del Secolo Americano fin dal 1945, correlato con la superiorità militare USA, ma anche più strategico. Il modo in cui il primato del dollaro è stato mantenuto fino ad ora ha determinato la storia di innumerevoli guerre successive alla seconda guerra mondiale, di battaglie finanziarie, di crisi di debito, e di minacce di guerra nucleare fino ai nostri giorni.

Importante per inquadrare l'emergenza della rivoluzione della cartolarizzazione dei beni nella finanza globale che attualmente sta influenzando il sistema finanziario mondiale con ondate successive di nuove crisi e delocalizzazioni, e per apprezzare il sostanziale contributo di Alan Greenspan per preservare il dominio del dollaro come riserva mondiale ben oltre il punto in cui l'economia USA ha cessato di essere l'industria manifatturiera più produttiva al mondo, una breve panoramica delle varie fasi dell'egemonia postbellica del dollaro può risultare utile.

Gli Anni d'Oro Del Secolo Americano

La prima fase, che potremmo chiamare gli “anni d'oro” postbellici, vide gli USA emergere dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale come il Colosso dell'economia globale senza rivali. Gli USA erano la potenza dominante nel mondo; nessuno le si poteva nemmeno avvicinare. Oltre la metà di tutte le transazioni monetarie internazionali venivano finanziate attraverso il dollaro. Gli USA produssero più della metà del prodotto del mondo. Inoltre, gli USA possedevano circa due terzi delle riserve auree ufficiali nel mondo nel 1940.

Quando diversi paesi europei avevano un surplus di riserve, lo convertivano in riserve di dollari piuttosto che oro, perché potevano guadagnare degli interessi su beni come i bond del Tesoro, e i dollari potevano essere sempre convertiti in oro a 35$ all'oncia ogniqualvolta fosse necessario. Il dollaro USA era al centro di questo sistema.

L'industria americana, guidata dalla General Motors, dalla Ford e dalla Chrysler Motors, le Grandi Tre, erano le classi leader mondiali – a quel tempo nessuno era al loro livello. La US Steel (prima di diventare USX), l'industria dei macchinari, dell'alluminio, quella aeronautica e quelle affini stabilirono tutte gli standard per l'eccellenza globale già negli anni '50.

Ma soprattutto, i giganti petroliferi americani – Mobil, Standard Oil of New Jersey, Gulf Oil – queste compagnie chiave dominarono la sola fonte di energia che sarebbe diventata essenziale per i tassi di crescita postbellici in Europa, Giappone ed il resto del mondo postbellico: il petrolio.4

In questo primo periodo postbellico, la richiesta di dollari nel mondo per finanziare la ricostruzione era così grande che il problema economico principale affrontato negli anni '50 dall'Europa, dal Giappone, dalla Corea del Sud e da qualsiasi altro paese era la mancanza di dollari per finanziare le importazioni delle risorse USA necessarie, il suo petrolio, i suoi prodotti di consumo.

Nel 1949, le azioni monetarie auree americano raggiunsero il record di $24,6 miliardi (una somma enorme paragonabile oggi a $211 miliardi), grazie all'oro che arrivava in America da fuori per pagare i debiti nella corsa al commercio dei paesi esteri. New York, sostenuta dalle riserve auree, era l'incontrastata banca mondiale.

Questo processo cominciò a deteriorarsi dopo una profonda recessione economica postbellica nel 1957-58. Questa recessione avrebbe dovuto essere il campanello d'allarme per i progettisti della politica economica americana e per l'industria che il particolare periodo di profitti derivati dalla relativa dislocazione economica di un mondo dilaniato dalla guerra aveva raggiunto il suo limite. All'inizio del 1957, l'economia americana aveva bisogno di una sostanziale rigenerazione, se fosse voluta rimanere competitiva globalmente. Questo non sarebbe successo.

Con l'avvento della crisi della Sterlina Inglese nel novembre del 1967, in cui il governo britannico fu obbligato a violare le regole dell'FMI e svalutare la Sterlina del 14% per mantenere la propria economia lontano da una severa recessione, l'attenzione si spostò sul fatto che la “Grande Società” del Presidente Lyndon Johnson ed i costi della disastrosa guerra in Vietnam stavano facendo accumulare al governo americano debiti da record. Per la prima volta dagli anni '30, il dollaro era vulnerabile per una corsa sull'oro americano.

Per nascondere l'estensione di quei debiti, l'Amministrazione Johnson introdusse la contabilità creativa. Per la prima volta il responsabile del Budget aggiunse al Consolidate General Budget i fondi pagati dai lavoratori americani al Federal Social Security Trust Fund, un surplus che avrebbe dovuto pagare le future pensioni ed annessi benefici per la maggior parte degli americani – l'inizio di un falso in bilancio che nei primi anni del secolo successivo sarebbe diventato enorme.

Johnson, inoltre, iniziò a manipolare le statistiche chiave dell'economia del governo usate per calcolare di tutto, dalla disoccupazione all'inflazione al GDP. Le manipolazioni delle statistiche, per ovvie nonché fatali ragioni di opportunismo politico, furono silenziosamente adottate da tutte le Amministrazioni successive, la più grossolana delle quali è l'attuale Amministrazione Bush - Cheney.5

Il colpo del dollaro del 1971

Nonstante tutte le manipolazioni, nel 1971 tutte le riserve auree monetarie americane avevano toccato pericolosamente il fondo poiché gli Stati esteri, guidati dalla Francia, avevano richiesto alla Federal Reserve Americana il pagamento in oro massiccio per i loro surplus di dollari. La realtà non poteva essere manipolata così facilmente come le statistiche di governo. Quelle europee erano emerse, assieme a quella giapponese, come potenti economie moderne ed in espansione.

Gli USA stavano diventando una vasta zona di manifattura degradata ed obsoleta. Gli spin-doctors di Wall Street ed i gruppi di ricerca come quelli delle fondazioni Ford e Rockefeller inventarono un eufemismo linguistico detto la “società post-industriale”, ma questo non cambiava i fatti. Alla fine degli anni '60, i centri industriali più produttivi americani, da Detroit a Pittsburg a Chicago, erano diventati degli estesi bassifondi caratterizzati da decadimento, criminalità e disoccupazione crescente.

Se gli USA avessero perso le loro ultime risorse auree, il ruolo del dollaro come unica moneta di riserva al mondo – la base, assieme alla superiorità militare americana, dell'impero postbellico del Secolo Americano – sarebbe finito immediatamente.

Per evitare tale pericolo, nell'agosto del 1971 il Presidente Nixon si riunì con i suoi consiglieri più fedeli, fra cui un ufficiale del Tesoro americano chiamato Paul Volcker, allora sotto-segretario del Tesoro degli Affari Monetari Internazionali, ed associato di lunga data di David Rockefeller e della famiglia Rockefeller.

Il loro compito fu quello di trovare una soluzione. La “soluzione” di Volcker alla incredibile richiesta di compensare il dollaro americano con oro si sarebbe dimostrata tanto semplice quanto distruttiva per il bene dell'economia mondiale.

Il 15 agosto 1971 Nixon annunciò ad un mondo allarmato che, da quel giorno, gli Stati Uniti non avrebbe più rispettato i suoi obblighi del trattato internazionale dettato dal Patto Bretton Woods. Nixon aveva sospeso la convertibilità del dollaro in oro. La Fed's Gold Discount Window di New York venne chiusa a chiave. Le valute del mondo entrarono in una libera circolazione contro un dollaro incerto, una cosiddetta valuta piatta. Ora il dollaro non era appoggiato né dall'oro né dall'argento ma “dalla totale fiducia e credito” del governo americano, una comodità di cui si stava cominciando a dubitare il valore commerciabile.

Il debito diventa il veicolo

Presto, con la minaccia implicita di ritirare il loro scudo nucleare come persuasione principale, le successive Amministrazioni americane capirono che piuttosto che dipendere sul suo ruolo di creditore mondiale come aveva fatto fino al 1971, il Secolo Americano avrebbe teoricamente tratto profitto dall'essere il più grande debitore del mondo, fin tanto che la finanza americana ed il dollaro avessero dominato l'economia mondiale.

Fino a che le maggiori satrapie postbelliche USA6 come il Giappone, la Corea del Sud o la Germania, erano obbligate a stare sotto l'ala protettiva degli USA, era relativamente semplice spingere le loro Tesorerie ad usare il loro surplus di dollari americani commerciali per comprare il debito del governo americano. Nel processo, i mercati azionari americani diventarono di gran lunga i più grandi al mondo. I principali azionisti di Wall Street stavano rimpiazzando l'industria dell'acciaio di Pittsburg e quella automobilistica di Detroit come il “business americano”.

Per parafrasare l'arguta battuta dell'ex Presidente della GM Charles Wilson degli anni '50, il nuovo motto era, “Ciò che è buono per Wall Street è buono per l'America.” Non era così. Il nome “industria” finanziaria divenne anche di uso comune, come se volesse indicare il denaro come il legittimo successore alla produzione del bene fisico reale nell'economia.

Il debito – il debito del dollaro – sarebbe diventato il veicolo per un nuovo ruolo delle banche di New York, guidate dalla Chase Manhattan di David Rockefeller e dalla Citibank di Walter Wriston. La loro idea era quella di estendere centinaia di miliardi di dollari nell'OPEC appena acquistato ed altri petrodollari, “persuadendo” il governo saudita ed altri governi dell'OPEC a depositare il loro nuovi surplus petroliferi nelle banche di Londra o New York. Poi quei depositi di dollari dall'OPEC, a quel tempo definiti “petrodollari” da Henry Kissinger ed altri, mutarono in prestiti riciclati per economie importatrici di petrolio e affamate di dollari.7

La crisi di fiducia del dollaro di Carter

Questa seconda fase, successiva al periodo d'oro, spinta dallo shock del petrolio manipolato del 1973 e dalla pressione degli USA sull'Arabia Saudita e sull'OPEC a far pagare il petrolio esclusivamente in dollari (il “riciclaggio di petrodollari” di Kissinger8 ), andò avanti senza troppi problemi fino all'inizio del 1979, quando il dollaro dovette affrontare una forte svalutazione estera durante la fine della presidenza di Jimmy Carter. Il Secolo Americano affrontò una delle sue sfide più grandi in questo periodo. Le banche centrali tedesche, giapponesi e persino quelle arabe iniziarono ad abbandonare le holding del Tesoro americano in ciò che venne definita una perdita di “fiducia” nel ruolo di capo del mondo di Carter.

Nell'agosto 1979, per ristabilire nel mondo la “fiducia” nel dollaro, il Presidente Jimmy Carter, esso stesso un pupillo scelto personalmente dalla Commissione Trilaterale di David Rockefeller, fu obbligato dalle grandi banche newyorkesi, guidate dalla Chase Manhattan di David Rockefeller, ad accettare Paul Volker, uno degli uomini di Rockefeller dalla Chase Manhattan Bank, come Ministro della Riserva Federale con un mandato aperto per fare ciò che era necessario per salvare il dollaro come valuta di riserva.

Nel prendere l'incarico, Volker annunciò senza mezzi termini, “Lo standard di vita dell'americano medio è in declino.” Era stato scelto direttamente da Rockefeller per salvare i mercati finanziari di New York ed il dollaro a discapito del benessere della nazione.



La 'terapia shock' di Volker

La terapia shock di Volker, iniziata nell'ottobre 1979, durò fino all'agosto 1982. I tassi di interesse andarono in doppia cifra, volando alle stelle. Le economie mondiali e quella americana vennero lanciate in una recessione mostruosa, la peggiore dalla Seconda Guerra Mondiale. In un anno, il tasso primario era volato ad un livello mai visto prima del 21.5%, paragonato ad una media del 7.6% nei 14 anni precedenti, una crescita quasi triplice nel giro di settimane. Il tasso ufficiale americano di disoccupazione salì all'11% mentre, ufficiosamente, quando venne contato chi semplicemente aveva smesso di cercare lavoro, era di gran lunga più alto.




Fonte: AngryBearBlogspot.com

La Terapia Shock di Volker raddoppiò la disoccupazione ufficiale americana

La crisi di debiti latino americana, un oscuro presagio della crisi subprime USA di oggi, scoppiò come diretto risultato dello shock Volker. Nell'agosto 1982, il Messico annunciò di non poter più pagare in dollari il servizio di tassi d'interesse sui suoi enormi debiti. Esso, come la maggior parte del Terzo Mondo dall'Argentina al Brasile, dalla Nigeria al Congo, dalla Polonia alla Jugoslavia, era caduto nella trappola delle banche newyorkesi. La trappola consisteva nel prestare l'ammontare dei petrodollari riciclati dall'OPEC e investiti nelle principali banche di New York e Londra, le banche Eurodollaro, che inizialmente prestavano i dollari a Paesi del Terzo Mondo disperati a “tassi fluttuanti” legati ai tassi LIBOR di Londra.

Quando il LIBOR aumentò del 300% nel giro di mesi come conseguenza della terapia shock di Volker, quei paesi debitori non furono più in grado di continuare. Venne coinvolto il FMI e la più grande rapina nella storia del mondo, definita erronamente la Crisi di Debito del Terzo Mondo, iniziò. Come da previsione, la politica shock di Volker diede il via alla crisi.

Dopo sette anni di tassi di interesse incessantemente alti da parte della FED di Volker, fatta passare al pubblico credulone come “spremere l'inflazione fuori dall'economia americana”, nel 1986 lo stato interno dell'economia USA era disastroso. La maggior parte dell'America iniziò ad assomigliare ad un Paese del Terzo Mondo, con quartieri malfamati in espansione, disoccupazione a doppia cifra e problemi crescenti di criminalità e tossicodipendenza. Uno studio della Federal Reserve mostrò che il 55% delle famiglie americane erano debitrici. I deficit del budget Federale erano a livelli inauditi di più di 200 miliardi di dollari all'anno.

In realtà, Volker era stato mandato a Washington per fare una cosa sola – salvare il dollaro dalla caduta libera che minacciava il suo ruolo come moneta di riserva globale.

Il ruolo del dollaro come valuta di riserva era la chiave nascosta del potere finanziario americano.

Lasciando salire alle stelle i tassi d'interessi americani, gli investitori stranieri si ammassarono nel mietere guadagni comprando i bond USA. I bond erano e sono il cuore del sistema finanziario. La terapia shock di Volcker per l'economia significò crescenti profitti per la comunità finanziaria newyorkese.

Volcker ebbe anche fin troppo successo nella sua missione.

Il dollaro salì ai più alti livelli di sempre contro le valute di Germania, Giappone, Canada ed altri paesi dal 1979 fino alla fine del 1985. Il super-valutato dollaro USA rese proibitivi i costi delle esportazioni manifatturiere americane sui mercati mondiali e questo portò ad un drammatico declino nelle esportazioni industriali americane.

Già gli alti tassi di interesse della FED di Volcker dall'ottobre 1979 avevano portato ad un forte declino nell'edilizia domestica, la rovina finale dell'industria automobilistica americana, e con essa quella dell'acciaio, dato che i produttori americani spostarono la produzione all'estero, dove i vantaggi sui costi erano maggiori. Riferendosi a Paul Volcker ed ai suoi sostenitori del libero mercato all'interno della Casa Bianca di Reagan, il Repubblicano Robert O. Andersen, l'allora presidente della Atlantic Richfield Oil Company, si lamentò che “hanno fatto di più loro per smantellare l'industria americana che ogni altro gruppo nella storia. Nonostante ciò, vanno in giro a dire che va tutto a gonfie vele. È come il Mago di Oz”. 9

All'inizio del 1987, le tradizionali banche ipotecarie nazionali, le banche Savings & Loan, erano in una crisi di liquidità che alla fine sarebbe costata al contribuente americano centinaia di miliardi in interventi governativi. L'organo di controllo del Congresso, il GAO, dichiarò che la Federal Savings & Loan Insurance Corporation, che garantiva per la banca S&L, era insolvente. Già sotto la pressione delle S&L, fu permesso di realizzare enormi perdite bancarie dato che alle istituzioni insolventi era consentito rimanere aperte e crescere, rendendo possibile l'accumulazione di perdite sempre maggiori. Il costo finale della debacle delle S&L negli anni 80 arrivò a oltre 160 miliardi di dollari. Alcuni calcolarono che i costi reali per l'economia arrivarono fino a 900 miliardi. Tra il 1986 e il 1991, il numero di nuove abitazioni edificate crollò da 1,8 a un milione, il tasso più basso dalla Seconda Guerra Mondiale.

La seconda Rivoluzione Americana: gli occhi sul Premio

La politica monetaria della Federal Reserve è stata generalmente mal raffigurata come una serie di pragmatiche risposte ad hoc a crisi ricorrenti nel mondo finanziario e bancario del dopoguerra. La realtà è che essa ha seguito fedelmente un disegno politico coerente e nascosto che fu presentato per la prima volta nel 1973 dall'allora portavoce della famiglia più potente dell'establishment americano.

La politica venne delineata in un libro poco noto intitolato, abbastanza minacciosamente, “La Seconda Rivoluzione Americana”. Fu scritto da John D. Rockefeller III, rampollo del potente impero della Standard Oil e della Chase Manhattan Bank, e, insieme ai suoi tre fratelli—David, Nelson e Laurance—architetto dell'assetto mondiale post 1945 conosciuto come Secolo Americano.

Nel suo libro, Rockefeller dichiarò la determinazione dell'establishment a riprendersi le concessioni accordate a malincuore dai ricchi e dai potenti durante la Grande Depressione. Rockefeller lanciò l'appello nel 1973, molto prima che Jimmy Carter o Margaret Thatcher salissero in carica per implementarlo. Egli chiese una “politica a lungo termine, deliberata e consistente, per decentralizzare e privatizzare molte funzioni governative… per distribuire il potere sulla società”. 10 Quest'ultimo fu un abile inganno poiché il suo scopo non era quello di diffondere il potere, ma proprio l'opposto—concentrare quel potere economico e bancario nelle mani di una élite compatta.

La privatizzazione di funzioni governative essenziali e socialmente utili che spesso erano state stabilite con grande agitazione sociale e pressione politica durante le difficili crisi degli anni 30, era l'agenda di Rockefeller. In breve, era la cancellazione delle regolamentazioni governative dell'era della Depressione su tutti gli aspetti della vita sociale ed economica americana.

Soprattutto, lo scopo, nella visione di Rockefeller e i suoi amici, era la deregolamentazione di Wall Street e dei mercati finanziari, assieme a una riduzione radicale nella equipartizione della ricchezza, inerente a programmi quali la previdenza sociale. I “tagli alle tasse per i ricchi” di George W. Bush erano solamente una continuazione di un agenda trentennale dei potenti circoli dell'establishment.

Per quanto sia difficile crederlo, tutte le maggiori politiche USA dagli anni 70 fino all'odierna, impropriamente chiamata, crisi subprime, avevano un filo conduttore continuo. Gli uomini chiave alla Fed e al Tesoro e altri politicanti USA hanno sempre tenuto i “loro occhi sul Premio”.

Il “Premio” erano i guadagni finanziari taciuti da ottenere attraverso la revoca delle maggiori concessioni fatte agli operai e alla classe media americana, concessioni elargite durante la Grande Depressione da potenti circoli dell'establishment guidati dai gruppi bancari Rockefeller e Morgan, per prevenire una rivolta più radicale.

La revoca della previdenza sociale era un obiettivo. La deregolamentazione finanziaria e soprattutto l'abrogazione del Glass-Steagall Act del 1933, era un altro. Qui un ben piazzato banchiere di Wall Street chiamato Alan Greenspan stava per giocare un ruolo decisivo per conto dell'agenda di deregolamentazione finanziaria durante il suo incarico come presidente della FED dal 1987 al 2006. La cartolarizzazione dei mutui spazzatura o subprime doveva diventare il suo supremo lascito. Come sembra al momento di scrivere, sarà certamente così, anche se forse non come lui ed altri a Wall Street l'avevano intesa. Sarà più probabilmente una corona di disgrazia.


NOTE

1 Luce, Henry, The American Century, reprinted in The Ambiguous Legacy, M. J. Hogan, ed. Cambridge, UK: Cambridge University Press, 1999.

2 Kennan, George F., 1948, “PPS/23: Review of Current Trends in U.S. Foreign Policy”, Foreign Relations of the United States, Volume I.

3 New York Council on Foreign Relations, undated, The War & Peace Studies, http://www.cfr.org.

4 Engdahl, F. William, A Century of War: Anglo-American Oil Politics and the New World Order, London, Pluto Press, 2004, pp. 88-9.

5 Per un eccellente resoconto storico dell'impatto di queste sistematiche manipolazioni statistiche del governo vedi di John Williams: http://www.shadowstats.com/. John ha seguito le manipolazioni per più di due decenni. e che io sappia è l'unico tentativo sistematico.

6 Il termine "satrapia" per descrivere le relazioni USA con Giappone, Germania e altri alleati del dopoguerra è usato da Zbigniew Brzezinski nel suo libro The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives, New York, Basic Books, 1997.

7 La migliore descrizione di questo nuovo ruolo di creazione senza fine del debito, appoggiata dalla potenza militare USA, come fondamento della dominazione americana vede un eccellente personale racconto nel significativo lavoro di Michael Hudson, Super Imperialism: The Economic Strategy of American Empire, London, Pluto Press, 2nd Ed.2003, www.michael-hudson.com. p.289 ff.

8 Vedi Engdahl, op.cit., pp.130-141 per un insolito racconto del ruolo dell'allora segretario di Stato Kissinger negli eventi che portarono ad una crescita dei prezzi OPEC del petrolio del 400% nel 1974.

9 Anderson, Robert O., cited in Greider, William, Secrets of the Temple: How the Federal Reserve runs the country, Simon & Schuster, New York, 1987, p. 648.

10 Rockefeller, John D. III, The Second American Revolution, Harper & Row, New York, 1973.

F. William Engdahl è l'autore di A Century of War: Anglo-American Oil Politics and the New World Order,Pluto Press. Il suo libro più recente pubblicato da Global Research è Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation, www.GlobalResearch.ca.


Titolo originale: "The Financial Tsunami: The Financial Foundations of the American Century"

Fonte: http://www.globalresearch.ca/
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16.01.2008

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di STIMIATO

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