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La Exxon attacca la sovranità del Venezuela

di Siro Asinelli - 13/02/2008

 

La Exxon attacca la sovranità di Caracas



Il Venezuela si è detto pronto a tagliare le forniture dirette di petrolio agli Stati Uniti qualora dovessero persistere le forti pressioni della propaganda anti bolivariana.
A riferirlo è stato il ministro degli idrocarburi, Rafael Ramírez, in seguito agli attacchi dell’amministrazione nordamericana alle politiche di sovranità economica adottate da Palacio Miraflores. In particolare, Caracas lamenta gli attacchi continui contro al Ley de Hidrocarburos, la legge entrata in vigore quasi un anno fa che permesso la riappropriazione delle risorse energetiche da parte dello Stato attraverso nuove negoziazioni delle concessioni per l’estrazione e lo sfruttamento accordate negli ultimi due decenni dai precedenti governi alle grandi compagnie straniere.
Il Venezuela, ha sottolineato Ramírez, sarebbe inoltre in procinto di avviare una serie di azioni legali anche internazionali contro la Exxon, unica azienda ad essersi opposta alla legittima nazionalizzazione dei giacimenti petroliferi nella ricca regione dell’Orinoco.
La compagnia battente bandiera statunitense è ricorsa all’arbitrato internazionale, procedimento ancora in corso presso l’International Center for Settlement of Investment Disputes (ICSID), istituzione derivata dalla banca Mondiale con sede a Washington.
Lo scorso 24 gennaio la Exxon aveva ottenuto dall’Alta Corte di Londra il congelamento dei conti della compagnia nazionale venezuelana, la Petróleos de Venezuela S.A (PDVSA), in Inghilterra e Scozia. Analoghi provvedimenti sono stati presi da un tribunale olandese, per i conti nei Paesi Bassi e nelle Antille olandesi, e da una corte tedesca per i conti in Germania. In totale sarebbero 12 i miliardi di dollari della PDVSA. Ma come fatto notare dal ministro venezuelano, che è anche presidente di PDVSA, le ingiunzioni hanno carattere temporaneo e bisognerà aspettare i vari appelli – a Londra è previsto il prossimo 22 febbraio - perchè la situazione sia più chiara. Ancora tutta da valutare, invece, è una richiesta di congelamento presentata dalla compagnia Usa presso la Corte federale di Manhattan dove oggi è prevista la prima audizione.
“Si tratta di puro terrorismo giudiziario”, ha tuonato Ramírez. L’attacco, infatti, non è tanto diretto a tutelare diritti della Exxon tutti da dimostrare, quanto piuttosto a mettere in difficoltà “le nostre politiche di nazionalizzazione”. Per il ministro le pressioni della compagnia mirano a destabilizzare il Venezuela diffondendo panico finanziario facendo leva sulla infondata paura di una lunga e difficoltosa guerra legale tra la Exxon e Caracas.
Ma le pressioni dell’azienda a stelle e strisce sono anche il tentativo di arrivare al tavolo dei negoziati in una posizione di forza. Il processo di nazionalizzazione delle risorse energetiche, infatti, prevede una rinegoziazione delle concessioni con relativo indennizzo per le compagnie coinvolte.
La Exxon ha rifiutato l’offerta di Caracas ricorrendo all’arbitrato internazionale. La compagnia ha dovuto cedere il 41,7% delle sue azioni nel “Cerro Negro Project” alla PDVSA, ma non ha mai quantificato un vero e proprio indennizzo, limitandosi a sostenere che sino alla nazionalizzazione l’ammontare dei suoi investimenti nel progetto sarebbe stato di circa 750 milioni di dollari. Ramírez non esita a definire “ridicole” le pretese della Exxon.
Diversi analisti, soprattutto statunitensi, sono convinti che le pressioni esercitate dalla compagnia sui tribunali europei siano finalizzate ad alzare il prezzo e che difficilmente in appello si potrà dare ragione alla società Usa: “Malgrado la Exxon abbia il diritto di richiedere un congelamento temporaneo dei conti della PDVSA – sostiene Patrick Esteruelas, del “Eurasia Group” di New York – difficilmente potrà provare che la Petróleos de Venezuela non ha intenzione di elargire indennizzi e la compagnia di Caracas è stata sempre attenta a dichiarare che avrebbe negoziato con la Exxon un accordo di compensazione”. Stephen Zamora, professore di diritto internazionale all’Università di Houston, è scettico anche sui metodi utilizzati dalla Exxon: “È una tattica che suona come molto aggressiva e non posso dire se sia già stata utilizzata in passato per dirimere altre dispute sugli investimenti”. Anche per Zamora, la Exxon tenta il tutto per tutto per arrivare ad un accordo favorevole.