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Energia. Idrogeno e terza rivoluzione industriale

di MarTa - 13/02/2008


 


Nella scuola in cui lavoro, la Provincia ha recentemente finanziato la sostituzione degli infissi. L'operazione ha riguardato però solo un'ala dell'edificio, quella esposta a sud. Il classico lavoro incompiuto che ora rende difficile la regolazione dell'impianto di riscaldamento visto che, nelle giornate soleggiate, da una parte si scoppia di caldo mentre dall'altra, l'ala nord dove gli spifferi la fanno da padrone, si raggiunge a stento la temperatura minima da garantire negli edifici pubblici.
Per ovviare a tale inconveniente, l'ufficio tecnico, cui è stato segnalato il problema, ha suggerito di "aprire un po' le finestre quando fa troppo caldo"...il cerchio si è chiuso!
Credo che quest'esempio rappresenti, ancora bene, la scarsa "sensibilità ambientale" che accomuna, ahinoi spesso, chi prende le decisioni e la base che gli stessi legittima attraverso la delega elettorale.
Non è il caso di addentrarci ulteriormente in questa vicenda locale, soprattutto in uno scenario mondiale in cui: il prezzo del petrolio, in continua ascesa, ha superato i 90 dollari al barile, il picco di estrazione dell'oro nero si avvicina a passi lunghi e ben distesi mentre i paesi "energivori" firmano, freneticamente, accordi internazionali a destra e a manca per garantirsi più gas piuttosto che la partecipazione a progetti per lo sviluppo del nucleare (Prodi docet).
Tutto ciò in un contesto dove, oggi più che mai, la paura di perdere il controllo delle fonti energetiche travolge la diplomazia a favore del conflitto militare, i teatri di guerra, dichiarata come tale o "travestita" da missione umanitaria, sono lì a ricordarcelo quotidianamente.
In aggiunta, rispetto al recente passato, ci si confronta con l'emergenza climatica e, sempre sotto la minaccia dei paventati black-out, ormai previsti tanto nelle estati torride quanto negli inverni freddi e bui, dai vertici delle gerarchie che governano i paesi industrializzati giungono le più svariate soluzioni. C'è chi spinge per la costruzione di nuove centrali a carbone, chi promuove le fonti rinnovabili, chi sostiene il ritorno al nucleare, chi vuole i rigassificatori...
Deve essere chiaro che una scelta non vale l'altra, tanto in termini ambientali quanto per gli aspetti economici e sociali che ne derivano.

La relazione di Rifkin sul futuro dell'energia
Stabilito che ogni soluzione calata dall'alto è di per sé un'imposizione e non una scelta, credo sia utile qualche riflessione che vada oltre le campagne mass-mediatiche a sostegno di una o dell'altra ipotesi; in particolare mi voglio soffermare, sulla "white paper", relazione sul futuro dell'energia che Jeremy Rifkin ha redatto come consulente per le questioni attinenti all'economia, al cambiamento del clima e alla sicurezza energetica del presidente di turno dell'Unione Europea, il portoghese José Socrates.
L'Europa, a 27 stati, ha elaborato la direttiva del "triplo 20" secondo la quale entro il 2020 dovrà migliorare del 20% la propria efficienza energetica e ridurre del 20% le emissioni climalteranti rispetto ai livelli del 1990.
Secondo Rifkin, l'Europa deve anticipare la Terza Rivoluzione Industriale fondata su tre pilastri: rendere obbligatorio che il 20% di tutta l'energia sia generata da fonti rinnovabili entro il 2020, introdurre le tecnologie dell'idrogeno per immagazzinare le diverse forme di energia rinnovabile e creare reti energetiche intelligenti (smart intergrid) di dimensioni continentali, per permettere che le forme di energia rinnovabile siano prodotte e distribuite con la stessa facilità a disposizione per la produzione e diffusione in "orizzontale" dell'informazione in internet.
Per raggiungere tali obiettivi è, dunque, indispensabile sviluppare metodi di conversione che facilitino lo stoccaggio delle forniture dalle fonti energetiche rinnovabili, al fine di garantire una disponibilità di energia sufficiente ed affidabile in diversi periodi del giorno e dell'anno.
L'economista americano individua nell'idrogeno la soluzione ottimale.
Bisogna ricordare che l'idrogeno (H2) è un gas infiammabile che in pratica non esiste sulla Terra, produrlo artificialmente richiede di per sé un notevole dispendio di energia. Di conseguenza esso non può essere di per sé etichettato come fonte di energia, ma soltanto come vettore, cioè come mezzo per immagazzinare l'energia prodotta da altre fonti. Il vantaggio è che, così "intrappolata", l'energia può essere traslocata e successivamente liberata. Questo recupero può avvenire semplicemente bruciando l'idrogeno, nel qual caso l'energia si libera in forma di calore, oppure per mezzo delle cosiddette celle a combustibile, le quali convertono l'energia chimica in elettrica. In entrambi i casi si ha un processo "pulito", nel senso che da un punto di vista chimico l'idrogeno reagisce con l'ossigeno, formando acqua. Niente gas inquinanti, niente polveri, niente che possa minacciare l'ambiente dal punto di vista delle emissioni.

Ma come si può produrre l'idrogeno?
Questo è un nodo fondamentale da chiarire perché oggi quasi tutto l'idrogeno prodotto industrialmente viene ottenuto a partire da fonti di energia fossili, più precisamente dal metano (48%) o da derivati del petrolio, attraverso processi detti di "steam reforming".
L'idrogeno prodotto con queste modalità contiene circa il 75% dell'energia fornita in ingresso, mentre il restante 25% viene perso sotto forma di calore. Con queste modalità produttive, quindi, non solo non si risolverebbero i problemi dell'inquinamento e dell'immissione di CO2 su scala planetaria ma, si determinerebbe uno spreco di energia introducendo un passaggio in più nella trasformazione dell'energia da chimica in elettrica. L'unico "vantaggio", rispetto all'oggi, si riferirebbe alla diversa localizzazione delle fonti delle emissioni concentrate in corrispondenza delle centrali, scelta che avrebbe come sola giustificazione quella di liberare, almeno per la quota legata alle emissioni del traffico veicolare (in questo caso le auto dovrebbero funzionare con celle a combustibile), le grandi città dalla morsa dello smog e delle polveri sottili.
L'idrogeno può essere ottenuto per reforming anche dal carbone, in termini di produzione di anidride carbonica tale processo equivarrebbe a bruciare il carbone stesso, aprendo in pratica la strada all'uso per auto-trazione (pur con minor resa energetica) delle abbondanti riserve di carbone ancora esistenti sul pianeta; l'effetto sul riscaldamento globale sarebbe ancora peggiore di quello attuale. Infatti, a parità di energia prodotta, il carbone produce ancora più inquinanti del petrolio e del metano.
Ovviamente, anche l'energia nucleare potrebbe essere usata per produrre, in seconda battuta, l'idrogeno; credo sia superfluo ribadire ancora una volta quante e quali serissime controindicazioni riguardino tale opzione.
Vale invece la pena di valutare con attenzione un altro modo con cui si può produrre idrogeno, suggerito del resto dallo stesso Rifkin, ovvero mediante l'elettrolisi dell'acqua.
Il processo consiste nello scindere l'acqua nei suoi elementi costitutivi: idrogeno e ossigeno attraverso il passaggio di una corrente elettrica.
È fondamentale però, bisogna sottolinearlo mille volte, che l'energia elettrica necessaria sia ricavata dalle fonti rinnovabili (celle solari, eolico, idroelettrico, geotermia, moto ondoso) solo così avrebbe senso l'utilizzo dell'idrogeno come vettore e accumulatore di energia.
Questo ruolo dell'idrogeno sarebbe essenziale perché con l'energia rinnovabile non si può garantire un approvvigionamento quantitativamente costante.
Il sole non splende sempre con la stessa intensità (e mai di notte), il vento non soffia di continuo, la portata dei corsi d'acqua subisce delle variazioni stagionali e i raccolti agricoli per le biomasse possono avere anni di magra.

Rifkin, nel suo libro "l'Economia ad idrogeno" auspica inoltre la transizione dal motore a combustione / benzina al motore con celle a combustibile ad idrogeno per tutti i mezzi di trasporto – dai muletti industriali agli scooter, dalle auto ai camion, dagli autobus ai treni, dalle barche alle navi passeggeri – nella stesura della relazione in esame ribadisce tale ipotesi individuando nel secondo e terzo decennio del 21° secolo il limite entro cui, in Europa, si dovrebbe concludere questa conversione.
Tale obiettivo è posto in relazione al fatto che il settore di trasporti costituisce una delle principali cause di emissione di gas ad effetto serra di origine antropica.
Quest'ipotesi andrebbe sicuramente verificata con calcoli alla mano perché data una certa quantità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili sarebbe forse più vantaggioso utilizzarla direttamente per le utenze domestiche e/o produttive, riservando il petrolio o il metano così risparmiati per le automobili dotate di motori ibridi più efficienti ed in grado di ridurre i consumi, piuttosto che usarla per produrre idrogeno che faccia muovere auto con celle a combustibile (questo anche senza contare il massiccio investimento in termini di infrastrutture e i rischi insiti nell'uso di un gas altamente infiammabile ed esplosivo quale è l'idrogeno). Si potrebbe osservare che così non si risolverebbe il problema dell'inquinamento urbano, osservazione corretta, ma vorrei, introducendo il dubbio, evidenziare che ogni opzione deve essere valutata in tutte le sue ricadute: ambientali, sociali ed economiche. Valga, come ulteriore esempio, quello relativo alla coltivazione agricola finalizzata alla produzione di bio-combustibili (biodiesel – etanolo) che, espandendosi su grandi estensioni di territorio prima destinate alle specie alimentari provoca l'impoverimento delle popolazioni locali che devono acquistare cibo importato da altre regioni ad un prezzo maggiore.
È quindi sempre necessaria un'analisi globale in cui, dal nostro punto di vista, non ci si può fermare alla speranza riformista che anima lo stesso Rifkin, studioso con idee stimolanti, in parte apprezzabili ma che rimane in una logica del tutto interna al sistema, come si può leggere nella parte della sua relazione in cui tratta del terzo pilastro della sua ipotesi di sviluppo dove, testualmente, afferma che: ...è attualmente in fase di sperimentazione da parte delle società energetiche europee la riconfigurazione delle reti energetiche secondo gli schemi di internet per permettere alle imprese e all'utenza privata di produrre la propria energia e di scambiarla.
Questo "smart integrid" è costituito da tre componenti fondamentali. Mini reti che permettono all'utenza privata, alle piccole e medie imprese e alle grandi imprese di produrre localmente energia rinnovabile e di utilizzarla per i loro bisogni elettrici. Tecnologie di contatori intelligenti permettono ai produttori locali di energia di venderla in modo più vantaggioso alla rete elettrica principale e di prendere elettricità dalla rete rendendo il flusso elettrico bi-direzionale." In un altro paragrafo, ancor più chiaramente, Rifkin sostiene che l'Europa può mirare a diventare la più competitiva economia del mondo.
Sappiamo fin troppo bene dove portano le logiche ispirate alla competitività economica e, dal canto nostro, non possiamo fare a meno di pensare quale destino sia riservato, nel sistema capitalista, a chi non ha mezzi economici per sostenere gli investimenti necessari allo sviluppo delle nuove tecnologie, come non possiamo dimenticarci, senza voler fare della facile demagogia, che mentre si discute della convenienza energetica dell'elettrolisi dell'acqua per liberare le nostre città dallo smog, qualcun altro su questo pianeta si pone il problema dell'acqua, non per doverne ricavare idrogeno ma perché ne ha bisogno per dissetarsi e lavarsi.
Ben venga quindi una rivoluzione, ma non è la Terza Industriale quella di cui l'umanità ha bisogno.