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Farmaci da automedicazione: consumi, abusi e rifiuti da record

di redazionale - 15/02/2008

Gli italiani sono diventati grandi consumatori di farmaci e se cinque anni fa, nell’arco di una giornata, dieci italiani consumavano una media di sette pillole, la quota è salita a 8,8 alla fine del 2007 con la buona probabilità che la media diventi ben presto quella di una pillola al giorno per tutta la vita. A dirlo è l´Osservatorio sull´impiego dei medicinali, che indica anche che al primo posto ci sono i farmaci per la cura dell’apparato cardiocircolatorio, che vengono assunte da quattro persone su dieci; a seguire i farmaci per l’apparato gastroenterico e in terza battuta quelli per il sistema nervoso. Dati che farebbero pensare che sia lo stress la principale malattia di cui soffrono gli italiani, visti gli organi che più spesso hanno bisogno di cure e che quindi più gravano sul sistema sanitario nazionale.
Su cui però le cure previste dal governo ormai dimissionario pare abbiano sortito benefici effetti.

Federfarma annuncia infatti che la sua analisi trimestrale, che dovrebbe essere confermata presto anche dall’analisi di fine anno, mette in evidenza che a novembre i costi della spesa sanitaria nazionale per i fermaci confermano il trend di decrescita registrato nel 2007, del 7% rispetto all’anno precedente e che potrebbe assestarsi quindi ben al di sotto dell’obiettivo del 13% come quota farmaceutica sulla spesa complessiva del sistema sanitario nazionale.

Calo della spesa a fronte di un aumento delle prescrizioni (è aumentato infatti del 4% il numero delle ricette) e dei consumi. Alchimia che pare sia stata resa possibile da più fattori concomitanti, tra cui il taglio dei prezzi dei farmaci e il ricorso ai generici pare abbiano avuto il peso principale.

A fronte di questi dati sarebbe interessante sapere quante di queste prescrizioni e di questi farmaci corrispondono poi effettivamente ad un uso del prodotto. E quante non siano invece le confezioni che quasi intonse prendono la via dei contenitori per farmaci scaduti e quindi lo smaltimento. Con il relativo bagaglio di confezione e imballaggio accluso.

Senza dubbio i farmaci prescritti e assunti per patologie croniche non sono soggetti a questa fine, mentre lo sono invece gran parte delle confezioni dei generici acquistati ormai anche al supermercato per sconfiggere i cosiddetti “mali di stagione”: raffreddori, faringiti , tosse e annessi rialzi di temperatura.
Che una volta sconfitta la malattia vanno ad aumentare la produzione procapite di rifiuti, subito o al più alla data di scadenza.

Anche perché per stare sul mercato le aziende farmceutiche spesso ricorrono a un restyling della confezione o della modalità di somministrazione e quindi anche per i farmaci valgono le mode spinte dalle pubblicità e quindi alla nuova stagione si ricorre alla nuova moda. Quasi come per l’abbigliamento.
Ma faranno poi bene tutte queste molecole chimiche, prese spesso in autoprescrizione? Escluse naturalmente quelle che vengono considerate “salvavita”, in alcuni casi possono essere anche controproducenti. Come gli antibiotici ad esempio, per cui il ministero della Salute britannico ha raccomandato un uso oculato: «Insegnate ai vostri pazienti a non usarli contro raffreddori e semplici mal di gola» ha raccomandato ai medici di famiglia, perché «se usati contro l´obiettivo sbagliato non fanno che selezionare i ceppi di batteri resistenti ai farmaci».

E che i farmaci sono spesso inutili se non addirittura dannosi (sono oltre 6500 le manifestazioni avverse segnalate nel 2006) lo dice addirittura Silvio Garattini, presidente dell’Istituto farmacologico Mario Negri quando sostiene che «oltre 6 su 10 nuovi farmaci immessi sul mercato sono assolutamente superflui e che solo lo 0,7% è davvero di grande rilevanza» e che «i farmaci fanno bene ad una certa percentuale di pazienti. Ma non sappiamo quali».
Mentre fanno sicuramente bene ai bilanci di chi li produce.