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Le lotte sui prezzi di Via Campesina

di Marinella Correggia - 16/02/2008

 

 

Ibrahima Coulibaly, presidente del Coordinamento nazionale delle organizzazioni agricole del Mali aderente al movimento contadino internazionale Via Campesina, ricorda che «quand'ero piccolo, circa 35 anni fa, anche nel mio paese, d'inverno, talvolta faceva freddo. Adesso non più, e inoltre quando arriva maggio e si sale a 47 gradi da noi è un'ecatombe di vecchi, che pure hanno sempre vissuto in luoghi caldi. E da diversi anni sperimentiamo nella stessa stagione inondazioni e siccità. Insomma è da un pezzo che là ci siamo accorti del cambiamento climatico».
Ma non è solo il caos del clima a pesare sul già difficile lavoro dei piccoli contadini del Mali, e del rersto del mondo. Una nuova emergenza ruota da qualche mese intorno all'aumento dei prezzi internazionali delle derrate agricole. Un aumento che pesa sui consumatori più poveri e che al tempo stesso - a differenza di quel che si potrebbe pensare - è una minaccia e non un'opportunità per quasi tutti i piccoli produttori agricoli. Ieri a Roma, lo stesso Ibrahima Coulibaly e due altri rappresentanti di Via Campesina (Paul Nicholson dal Paese Basco e Henry Saragih dall'Indonesia) hanno avanzato una serie di proposte per far fronte alla crisi dei prezzi alimentari in un modo che avvantaggi contadini, consumatori non abbienti e le magre finanze pubbliche.
Gli ormai affamanti prezzi del mais, della soia, del riso (che hanno suscitato proteste in diversi paesi, dal Messico riguardo alla tortilla di mais, o dall'Indonesia riguardo alla soia tradizionalmente consumata dalle popolazioni orientali), dipendono da vari fattori, ha spiegato Paul Nicholson: «Sempre più terre fertili sono convertite alla produzione di agrocarburanti, una falsa soluzione al problema del clima che in realtà risponde a precise strategie politiche. Poi i prezzi aumentano per l'assoluta deregolamentazione dei mercati agricoli: non ci sono riserve pubbliche nazionali per le derrate di base, non ci sono politiche per gestire stock, flussi, produzione e importazioni. Non c'è controllo pubblico sulla filiera, tutta in mani private». E mentre il cibo è diventato mera merce su cui le compagnie finanziarie speculano, le riserve alimentari mondiali sono al loro livello più basso degli ultimi 25 anni benché la produzione globale non sia diminuita.
I vincitori nel gioco sono i grandi produttori agricoli, l'agropetrolchimica, le multinazionali dei semi, l'industria di trasformazione e le grandi catene di supermercati. I perdenti sono i consumatori, che anche per le derrate più semplici - le patate, ad esempio - pagano il 600 per cento di quanto va a chi zappa. E perdenti sono i contadini nei paesi più poveri (i quali rappresentano il 70% dei sottonutriti al mondo) perché, spiega Coulibaly, «succede questo: molti nostri paesi sono caduti nella trappola della dipendenza alimentare, hanno trascurato l'agricoltura nazionale per diventare grandi importatori di derrate le quali fanno una concorrenza imbattibile alle produzioni locali; così, adesso che i prezzi delle derrate internazionali sono cresciuti, non è più nemmeno possibile tassare le importazioni, tocca sborsare più valuta e ci sono dunque ancora meno soldi da investire nell'agricoltura locale e nella sovranità alimentare. Eppure noi in Mali - dove ci sono solo piccoli agricoltori - negli anni di pioggia riusciamo a produrre surplus cerealicoli...però in assenza di controllo pubblico, questo significa che a noi pagano prezzi ancora più bassi!». Via Campesina sottolinea che un'agricoltura centrata sui piccoli coltivatori e sull'ecologia può nutrire il mondo e promuove il ritorno al cibo locale e localmente trasformato. Chiede ai governi e alle organizzazioni di promuovere la sovranità alimentare, puntando sulla produzione locale per il consumo locale e favorendo l'accesso alla terra, di rifiutare la conversione agli agrocaburanti e agli Ogm, di controllare le importazioni alimentari e ristabilire i meccanismi di riserve nazionali così da vincere la speculazione e stabilizzare i prezzi.