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Congiure e potere di un anno unico. La svolta del 1547

di Giuseppe Galasso - 16/02/2008

    
Sullo sfondo degli scontri fra protestanti e cattolici in Europa lo storico Giuseppe Galasso delinea le vicende italiane della metà del XVI secolo individuando nel 1547 l’anno di svolta per gli equilibri della penisola e del continente.
Nel 1547 tre avvenimenti mostrarono le prime crepe nel dominio spagnolo in Italia dell’imperatore Carlo V: Genova e Napoli furono teatro di rivolte antispagnole, mentre l’assassinio di Pier Luigi Farnese, duca di Parma e Piacenza, allontanò papa Paolo III dall’imperatore. Secondo Galasso, nonostante la situazione a Napoli e Genova si risolvesse a favore di Carlo V, le vicende del 1547 segnarono un’inversione di tendenza che portò poi all’abdicazione dell’imperatore nel 1555.


Memorabile, l’anno 1547, fra altri di quell’agitato periodo. Scomparvero nell’anno Francesco I di Francia, Enrico VIII d’Inghilterra, il conquistatore del Messico Hernán Cortés. Intanto, prendeva duratura forma il Nuovo Mondo, appena scoperto, che era già anche un’Europa d’oltremare, per i tanti europei che attraeva; e in Europa perdurava la lotta di religione aperta da Martin Lutero nel 1517. In Germania, centro della lotta, scomparso nel 1546 Lutero, Carlo V infliggeva a Mühlberg il 24 aprile 1547 una severa disfatta ai protestanti tedeschi, toccando il massimo delle sue fortune. A stento procedeva, invece, il Concilio convocato per risolvere il problema protestante a Trento nel 1545: un concilio ormai, contro l’idea originaria, di soli cattolici, che nel marzo dello stesso 1547 ebbe una prima interruzione.
Su questo vasto sfondo si collocano gli eventi per cui anche in Italia, dove già nettamente prevaleva la Spagna, il 1547 fu un anno memorabile. Qui, infatti, Carlo V incontrò i primi e inattesi ostacoli ad altri incrementi della sua potenza; [...] tre eventi scossero nel 1547 la sua posizione nella penisola, cerniera della sua azione europea tra i suoi reami spagnoli e la Germania imperiale.
A Genova il «partito» dei Fieschi attaccò quello pro-spagnolo, dominante, di Andrea Doria. A Napoli, per il timore dell’Inquisizione spagnola, un grande moto mise alle strette il governo di Carlo V. A Piacenza, infine, il 10 settembre, fu vittima di una congiura Pier Luigi Farnese, primo duca, dal 1545, di Parma e Piacenza.
L’eco di quest’ultimo evento fu forte. A Genova e a Napoli la quiete fu presto ristabilita. La congiura piacentina [...] portò, invece, il papa Paolo III contro Carlo V, con molto danno di quest’ultimo. E ciò perché, come si sa, Pier Luigi era figlio del Papa, e questi, nella scia del grande nepotismo dei papi del Rinascimento [...], ebbe costante il pensiero di costituire grandi posizioni ai figli avuti prima di prendere gli ordini sacri e ai nipoti. Perciò, aveva investito Ottavio, figlio di Pier Luigi, del Ducato di Camerino. Troppo poco per i Farnese, che mirarono a Firenze (Ottavio sposò la vedova del duca Alessandro de’Medici, Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V) e a Milano, per la quale offrirono l’enorme somma di 2 milioni di scudi d’oro.
Alla fine, il Papa investì Pier Luigi del Ducato di Parma e Piacenza, città allora della Chiesa. Su di esse c’era un doppio diritto di Carlo V, possessore di Milano, alla quale le due città fino a poco tempo prima appartenevano, e sovrano del Sacro Romano Impero, originario titolare dei diritti su Milano e sulle sue dipendenze. Carlo non vide bene, quindi, il disegno del Papa per Pier Luigi.
Questi, nel governo del nuovo Ducato, durato poi per tre secoli, rivelò una energia non indegna di altri politici del Rinascimento. Egli agiva, su una scala modesta, in modo assai aspro, conforme al suo difficile carattere; e da ciò nacque nel 1547 la congiura dei nobili piacentini, offesi nei loro privilegi, oltre che dai modi del nuovo signore.
Ebbe mano nella congiura Ferrante Gonzaga governatore di Carlo V a Milano? Gli studi dicono di sì. Tale, comunque, fu l’opinione del Papa, che perse per questo la sua abituale lucidità politica, sicché il nipote Ottavio non lo seguì affatto e si strinse vieppiù all’Imperatore, che lo rimeritò riconoscendolo come successore del padre nel Ducato.
Le conseguenze della rottura fra Paolo III e Carlo V furono, dunque, gravi, anche se il Papa scomparve già nel 1549. Coi fatti del 1547, e in specie con la congiura piacentina, fu chiaro che perfino in Italia, ossia nello spazio politico da lui più controllato, Carlo V incontrava limiti alla sua potenza. Nel 1548 iniziò per lui un periodo meno felice, conclusosi solo nel 1552, che certo contribuì molto alla crisi per cui tra 1555 e 1556, sistemata alla meglio la questione protestante in Germania, abdicò a tutte le sue corone. Questo non dissolse la sua lunga opera di costruttore del moderno impero spagnolo, né gli esiti della sua azione in Italia. Ma conferma la svolta che anche per ciò l’anno 1547 segnò nella storia europea (e italiana).