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Georgia diretta verso la NATO. Abkhazia: unione con la Russia?

di Leonid Ivashov - 18/02/2008

 



Ora che si sono concluse le elezioni presidenziali in Serbia, le prospettive di riconoscimento del Kosovo - Metohija sono diventate più definite. Questo ha indotto numerosi esperti russi a riprendere la discussione riguardo le similitudini tra lo statuto giuridico del Kosovo e la situazione delle repubbliche non riconosciute sul territorio dell'ex URSS, in particolare Abkhazia ed Ossezia del Sud. In queste circostanze, gli esperti sostengono che la mossa successiva della Russia dovrebbe essere il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche autonome georgiane subito dopo la secessione del Kosovo dalla Serbia. Tutto ciò sarebbe utile a dare una maggiore spinta alla questione dell’indipendenza della Repubblica di Transnistria e del Nagorno Karabagh, a cui seguirebbe un’esasperazione delle tensioni con la Moldova e l'Azerbaijan.
Ma questa visione soddisfa il quadro della realtà storica e degli interessi della Russia? No ed ancora "no".
C’è una somiglianza fra lo statuto giuridico del Kosovo e quello dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud. Il problema del Kosovo è sorto come conseguenza dell'aggressione diretta degli Stati Uniti e della NATO contro la Jugoslavia sovrana, la distruzione della sua integrità e l’espulsione forzata delle forze di sicurezza e dell’esercito jugoslavo dal Kosovo. Il fatto che gli Albanesi, la cui protezione fu il principale argomento dell’Occidente per rivendicare un intervento armato negli affari interni della Jugoslavia, abbiano il proprio obiettivo nella creazione della Grande Albania, dovrebbe anch’esso essere preso in considerazione.
Al contrario, Abkhazia ed Ossezia del Sud hanno determinato allora i propri statuti giuridici in piena conformità con il diritto internazionale a quel tempo in vigore (l'inizio degli anni 90). Lo status di queste due repubbliche fu predeterminato dalla secessione della Georgia dall’ambito amministrativo dell’Unione Sovietica. Tale atto non venne appoggiato dagli Abkhazi e nemmeno dagli Osseti meridionali.
A quel tempo la Russia ebbe numerose difficoltà ad indirizzare lo sviluppo della propria sovranità, quindi non poté contare su un’autorità in grado di sostenere il giusto diritto degli Abkhazi, degli Adjari e degli Osseti meridionali all’autodeterminazione. Più tardi, il problema venne ulteriormente complicato dalle tensioni crescenti fra Russia e Georgia.
È necessario che gli esperti valutino obiettivamente la ragione di queste tensioni. Stiamo enfatizzandole eccessivamente, ma risulta utile dare a tutto ciò uno sguardo più profondo. Prendiamo il caso della Georgia.
ð Nel periodo di maggiore debolezza dell'URSS prima del suo crollo definitivo, il desiderio georgiano di sovranità divenne sempre più forte. Tale fenomeno è naturale, se si sviluppa su una valutazione obiettiva delle relazioni storiche con la Russia. Ma Tbilisi lo ha giocato diversamente, manifestando una sindrome da Grande Nazione. Tutte le altre minoranze nazionali per l’élite georgiana si sono trasformate in vassalli della classe nobiliare e dei signorotti georgiani, considerata gente meno civilizzata e culturalmente arretrata;
ð Le sconfitte inferte a Tbilisi dall’Abkhazia e dall’Ossezia del Sud sono state un colpo durissimo all’orgoglio nazionale georgiano;
ð La maggioranza dei Georgiani è ancora convinta che Abkhazi e Osseti non siano stati i vincitori, piuttosto che fu la Russia a strappare la vittoria. Così in tutti questi anni i Georgiani hanno pregato la Russia di restituire loro i territori di Abkhazia e Ossezia;
ð L’alleanza della Georgia con l'Occidente (in primo luogo gli Stati Uniti) non è altro che un tentativo di accreditarsi come paese sullo stesso piano della Russia, per risolvere i propri problemi territoriali ed eliminare la sindrome della sconfitta.
Saakashvili e quelli che lo circondano non si rendono conto che come conseguenza di ciò la Georgia rischia di perdere la propria identità nazionale e probabilmente, persino la sua struttura statale. L’élite georgiana non percepisce in ogni caso questa prospettiva minacciosa. La cosa più importante è ripetere che la Georgia è una nazione indipendente e libera dall’influenza della Russia.
Non è la prima volta che Tbilisi ricorre a questo genere di piano. Nel 1918, quando la Russia era debole, la Georgia ha dichiarato la propria indipendenza aprendo le porte a truppe tedesche, turche ed infine a quelle britanniche. Eventi simili si sono verificati negli anni ‘90.
Per quanto riguarda le autorità russe esse non sono riuscite a trovare una formula adeguata a risolvere le situazioni di conflitto fra Tbilisi e Sukhum, e fra Tbilisi e Tskhinvali. La cosa più importante per Mosca si è dimostrato quello mantenere gli eventi nei limiti di un processo di negoziato, evitando scontri militari.
Per molti anni inoltre un ulteriore ostacolo era rappresentato dalla doppia posizione di Mosca con il Cremlino che appoggiava i funzionari di Tbilisi, mentre il Parlamento russo ed il popolo simpatizzavano per Sukhum e Tskhinvali.
Mosca non è inoltre riuscita a richiedere la partecipazione diretta dei dirigenti di Abkhazia e di Ossezia del Sud negli incontri tra capi di stato della CSI per discutere della risoluzione dei conflitti, sostenendo invece un negoziato a due parti. In tutto ciò si sono perse molte opportunità.
Ne consegue che oggi la Russia dovrebbe fare più sforzi nello sviluppare il vettore caucasico all’interno della propria politica estera. Dato che Tbilisi continuerà ad andare alla deriva verso gli Stati Uniti e la NATO, che ciò piaccia o meno al Cremlino, Mosca dovrà prestare attenzione particolare al tema del futuro di Abkhazia e Ossezia del Sud nel quadro della sicurezza della Russia e della stabilità nel Caucaso settentrionale.
L'ingresso nella NATO della Georgia condurrebbe inevitabilmente allo schieramento sul territorio georgiano di installazioni militari puntate verso la Russia. Le prospettive ucraine di diventare anch’essa membro dell’Alleanza Atlantica limiterebbero al massimo il potenziale della Flotta Russa del Mar Nero, poiché tutto il bacino del Mar Nero sarebbe circondato da paesi membri della NATO (Turchia, Bulgaria, Romania e Georgia). La flotta sarebbe bloccata e questo riporterebbe la Russia ai tempi precedenti Pietro Il Grande, privandola del proprio status di potenza navale.
Ecco perché Mosca non dovrebbe permettere per nessuna ragione che la macchina da guerra della NATO inghiottisse l’Abkhazia.
Cosa dovremmo fare? Non dovremmo forse agire nel caso in cui la residenza dei presidenti russi a Sochi si trovasse alla portata dei cannoni della NATO? I Giochi Olimpici del 2014 poi saranno sotto gli occhi di tutti, e i servizi speciali della NATO non sprecherebbero tempo nel progettare atti volti alla destabilizzazione del Caucaso settentrionale.
Il mio pensiero è questo: la soluzione del problema Kosovo in nessun caso dovrebbe costituire un “precedente" per la dichiarazione di totale indipendenza di Abkhazia ed Ossezia del Sud. Tutto ciò per l’essenza stessa del problema e perché salverebbe il nostro paese legato (dai tempi di Yeltsin e di Gorbachev) ad un atteggiamento di attesa delle mosse diplomatiche occidentali. Soltanto una politica attiva può farci promotori dei nostri interessi nazionali.
I diplomatici russi dovrebbero immediatamente chiarire la loro posizione circa il riconoscimento dell’indipendenza di Abkhazia e di Ossezia del Sud, giustificando tutto questo più con la proposta di adesione della Georgia alla NATO che con la dichiarazione di indipendenza del Kosovo; essi dovrebbero inoltre firmare quanto prima con l’Abkhazia un pacchetto di accordi di stretta collaborazione ed un trattato unificato di sicurezza, consentendo l’ingresso in Abkhazia alle truppe russe.

Traduzione: Luca BIONDA
Articolo originale: http://en.fondsk.ru/article.php?id=1197