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A nove anni dalla "guerra umanitaria" alla Serbia. Tra risoluzioni Onu e bombe

di Dragan Mraovic - 18/02/2008

 

 
A nove anni dalla



La colonizzazione e l’occupazione della provincia serba del Kosovo e Metojia non hanno come obiettivo solo la conquista di un territorio. Nella storia del mondo i territori furono conquistati per acquisire ricchezze materiali, oltre che per motivi geostrategici. Nel caso della provincia serba l’oggetto della politica di conquista non è più solo il territorio, ma anche l’identità e l’essenza del popolo e delle persone che vi abitano. Per realizzare un simile stratagemma i terroristi e separatisti albanesi, istruiti dalla Germania e dagli Usa, stanno distruggendo nel Kosovo e Metojia, in presenza delle cosiddette forze internazionali, i monasteri cristiani ortodossi serbi costruiti fra il XII e il XVI secolo. Nel frattempo, con il complotto delle forze militari del cosiddetto mondo democratico e dopo la pulizia etnica della popolazione serba, rom, croata, egiziana, turca ed altre, stanno distruggendo quello che gli occupatori ottomani non sono riusciti a fare in più di quattro secoli d’occupazione.
Un progetto preannunciato da Zbignev Brezinski, grande stratega del governo mondiale all’ombra e della politica globalista americana, prevedeva che bisognasse sradicare il popolo serbo dalla sua terra secolare, annullare la sua identità, distruggendo le sue tracce storiche, cancellarlo con le distruzioni biologiche mediante i proiettili all’uranio impoverito e le bombe sterilizzanti e altre forme d’inquinamento.
Bisognava distruggere una nazione ancora sana fisicamente e moralmente, per colonizzare le sue miniere, le sue risorse energetiche, poi quelle dell’agricoltura, del cibo sano, ecc. La svalutazione dello sviluppo sociale, materiale e culturale della Serbia, nell’intento di suscitare nel popolo serbo un complesso di colpa collettivo, fa parte di un’immagine della realtà finta che questa sorta di Grande fratello cerca di imporre per giustificare il suo comportamento antidemocratico e colonizzatore.
Si provocano conflitti nell’ambiente dei grandi popoli storici che hanno un’identità nazionale ben definita, come i conflitti tra le genti slave e fra i popoli arabi e poi nel mondo musulmano, fino a che, probabilmente, non verrà più tardi il turno di altri popoli asiatici.
L’obiettivo della provocazione, dei conflitti e dell’indebolimento materiale e culturale, è la rovina psicologica di questi popoli, poiché le grandi nazioni forti, ma specialmente unite, possono rappresentare un argine per la colonizzazione. Perciò, bisogna indebolire e far scontrare le grandi comunità etniche nazionali, religiose e politiche che potrebbero costituire un ostacolo per la colonizzazione globale.
La Serbia in primis, perché è la più testarda, perché è quella che per istinto nazionale si oppone a farsi schiacciare, ma la globalizzazione è un’ideologia molto politica, che diventa pericolosa quando si afferma che non ha alternative, poiché così si trasforma in dittatura. È un’ideologia politica che distrugge l’economia mondiale e porta alla mutazione innaturale della civiltà terrestre.
La Serbia si trova oggi all’epicentro di una nuova guerra fredda causata da questo cammino della storia moderna. Gli interessi delle grandi potenze s’incrociano a Belgrado con l’epicentro nella sua provincia del Kosovo e Metochia.
Washington ha bisogno di realizzare, a lungo termine, la frammentazione di tutte le aree del mondo in cui vede i propri interessi. Così creerà il separatismo planetario e il caos: Abhasia, Ossezia del Sud, Greenland, Baschia, Corsica, Scozia, Cipro, Catalogna, Repubblica serba di Bosnia, Taiwan. Repubblica Sudafricana…
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov afferma che ci sono circa 200 punti separatisti nel mondo, ma sono ignorati sia dagli Usa che dall’Onu. Quindi ignorano l’uguaglianza della sovranità di tutti i paesi del mondo, la loro integrità territoriale e i principi fondamentali dell’Atto finale di Helsinki. In breve ignorano il diritto internazionale, trasformandosi in briganti sul piano politico internazionale. Poiché la Risoluzione 1244 del Consiglio della sicurezza dell’Onu garantisce che il Kosovo e Metojia è parte integrante della Serbia, e poiché essa non potrà mai essere modificata senza il previo accordo della Serbia, si seguono le vie contrarie al diritto internazionale, vie non più piratesche, ma piuttosto politico-mafiose per essere al passo coi tempi.
Marti Ahtissari, l’ultimo mediatore dell’Onu tra i serbi e gli albanesi, ha scritto nel suo libro “Missione a Belgrado” pubblicato nel 2002 che “la secessione del Kosovo e Metojia dalla Serbia sarebbe stata un colpo mortale per la Serbia stessa”. La provincia serba del Kosovo e Metojia, secondo lui, non sarebbe potuta rimanere indipendente e si sarebbe unita all’Albania per completare il progetto della Grande Shqipëria Etnike. L’unico compenso possibile per la Serbia, secondo Ahtissari stesso (che poi ha cambiato rotta dichiarando le cose diametralmente opposte), potrebbe essere l’unione delle regioni serbe della Bosnia con la Serbia e così si tornerebbe al punto di partenza. Poi continua dicendo che la Grande Albania rappresenterebbe un pericolo per la Serbia, la Macedonia, la Grecia e il Montenegro, cosa che porterebbe alla destabilizzazione dell’Eu-ropa.
In un simile contesto bisogna intendere una recente dichiarazione di Sali Berisha, primo ministro albanese, che “nel caso della secessione (del Kosovo e Metojia) una nuova bandiera albanese sarà creata non solo per gli albanesi del Kosovo e Metojia ma per tutti gli Albanesi che vivono in Macedonia, in Montenegro e nel sud della Serbia”. Le pretese territoriali di Berisha sono più che ovvie.
Nell’art. 11 dell’annesso al cosiddetto “piano Ahtissari”, non accettato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, si vede benissimo il motivo vero per cui la Nato ha bombardato la Serbia occupando poi il Kosovo e Metojia. Nel documento citato, la Nato è definita come “organo supremo del potere” nella creazione di un paese-marionetta chiamato “Kosovo indipendente sorvegliato”. La Nato, dunque, vorrebbe strappare il 15% del territorio serbo solo per creare il primo stato militare Nato al mondo, frutto dell’occupazione angloamericana della provincia serba.
Chi si è opposto a questo è finito male. Dapprima Slobodan Milosevic e poi Zoran Djindjic. Due figure politiche contrapposte. Ma ci sono punti che rendono i politici serbi tutti uguali. Né Milosevic né Djindjic potevano rinunciare al Kosovo e Metojia. Perciò Djindjic, anche se oppositore di Milosevic e grande amico dell’occidente, ha comunque pagato con la vita la sua opposizione alla separazione del Kosovo e Metojia, quello stesso prezzo che aveva pagato precedentemente Milo-sevic con l’umiliazione personale immeritata e poi con la propria vita.
A proposito delle spinte americane e della Nato alla secessione della provincia serba Dimitrije Oljegovi?, nuovo ambasciatore russo presso la Nato, dice che “Washington, nonostante il suo potere, non ha né risorse né diritto di impadronirsi di tutto il mondo. Farebbe bene agli Americani studiare meglio la storia del mondo per capire come sono finiti progetti analoghi sperimentati da Spagna, Francia, Inghilterra e Germania … Chi chiede la secessione – non ha diritto di usare la forza a tale scopo. Chi invece ha già usato la violenza – come gli schipetari con la benedizione dell’Occidente – deve ricostruire quanto ha distrutto. Chi ha fatto i danni al paese madre, oppure ai singoli delle altre comunità etniche, deve compensare le proprie vittime. Nei territori che chiedono la separazione, non devono esistere le basi militari straniere. Non c’è nessuna separazione senza l’accordo del paese madre. La provincia serba del Kosovo e Metochia è diventata un grande laboratorio di droga e un punto di smistamento delle armi ad opera di secessionisti albanesi e della Nato. Perciò l’Ue non deve permettere che il potere passi nelle mani dei terroristi di Pristina se vuole difendere i propri valori di civiltà”.
Ricordiamo che oltre alla distruzione delle strutture civili e delle vite in Serbia, dovute alla politica dell’uso della forza e del mancato rispetto del diritto internazionale, e solo cinque anni dopo i bombardamenti Nato del 1999 con l’uranio impoverito, in Serbia si è registrato un numero di tumori maligni di ben 5-6 volte superiore a quello degli anni precedenti, soprattutto fra i giovani. Il fenomeno finora mai registrato è che lo stesso paziente aveva più tumori indipendenti l’uno dall’altro, ognuno con origine in un tessuto specifico e con una sua struttura particolare. Le patologie come il morbo di Hodgkin (tumore dei linfonodi) e altre patologie maligne si sono registrate anche fra i soldati delle missioni internazionali stanziate nelle zone bombardate e soprattutto tra i militari italiani. La Risoluzione dell’Onu del 31 ottobre 2007 con un programma sugli “effetti dell’uso delle armi e munizioni che comprendono l’uranio impoverito”, votata con 122 voti a favore e solo 6 contro, impone ai paesi membri dell’Onu di riesaminare i rischi per la salute provocati dall’uso dell’uranio impoverito.
Ormai è chiaro che i precedenti della separazione di una parte di qualsiasi paese contro la volontà di quel paese potrebbero favorire altri separatismi in altre parti del mondo aumentando il rischio dei nuovi conflitti.Perciò, nel Consiglio di sicurezza dell’Onu del 17 gennaio 2008, gli Usa, l’Ue e la Nato hanno perso per la prima volta, perché otto paesi su quindici si sono espressi contro l’indipendenza del Kosovo e Metojia. Per una decisione approvata ci vogliono nove voti a favore su quindici. Inoltre il relatore Joachim Riker, capo della missione UNMIK, è stato direttamente accusato di aver fatto una relazione falsa sulla situazione del Kosovo e Metojia, mentre la Russia aveva detto chiaramente che avrebbe usato il veto e che la provincia serba non sarebbe mai divenuta membro dell’Onu o di altre organizzazioni internazionali se si fosse separata unilateralmente.
Inoltre è stato ribadito il principio che senza una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu nessuno può modificare il mandato e la composizione della missione internazionale del Kosovo.
Anche se l’aggressione contro l’ex Jugoslavia dimostra che la Nato sta diventando una delle principali minacce alla pace nel mondo, sembra, purtroppo che una parte dei paesi dell’Ue abbia deciso di compiere azioni illegali dal punto di vista del diritto internazionale per contribuire alla secessione del Kosovo e Metojia decidendo a tale scopo di trascurare l’Onu.
E non solo, c’è perfino chi pensa a eliminarla creando nuovi blocchi politico-militari e minacce alla pace nel mondo.
Inoltre è in corso una nuova pressione americana agli stati dell’UE per abbandonare l’ambito delle Nazioni Unite e accettare il Kosovo e Metochia indipendente confrontandosi con il diritto internazionale. Il fatto si è verificato il 6 gennaio 2008 a Bruxelles durante una cena informale di Condoleesa Rice, segretario di stato dell’amministrazione Bush, con i ministri degli esteri dell’UE, quando lei ha affermato “o sarete con noi o diventerete gli alleati della Russia…” In altre parole: o sarete servili a noi o vi faremo vedere…
O tempora, o mores. La migliore politica serba in questa situazione del mondo incretinita dovrebbe essere, a mio avviso, la neutralità militare serba e il rapporto bilanciato con gli Usa, l’Ue e la Russia. La neutralità militare è indispensabile alla Serbia anche perché tutte le indagini dell’orgoglioso stato balcanico dimostrano che oltre il 75% degli abitanti è contrario all’alleanza con la Nato.
Per il momento gli Usa e l’Ue hanno dalla loro parte sul piatto della bilancia, i bombardamenti, i ricatti, le minacce, mentre i russi hanno investito il veto sul secessionismo del Kosovo e Metojia e il gasdotto strategico in Serbia dal quale dipenderà in modo significativo anche l’approvvigionamento del gas per l’Ue. La Serbia diventa uno dei centri energetici dell’Europa. Da una parte la distruzione e le minacce condite con gli elogi della turbo democrazia, e dall’altra il più grande investimento mai fatto in Serbia e la protezione del suo territorio sovrano. Pare che la Serbia non abbia molta scelta. L’accordo serbo sul gasdotto firmato con la Russia in questi giorni risolve tutti i problemi serbi dell’energia a lunghissimo termine, ma anche in modo importante quelli europei e contribuisce alla stabilità e alla sicurezza dell’Europa stessa. Questo accordo non va bene agli americani perché riduce in gran misura l’importanza strategica e finanziaria, comunque più costosa del loro gasdotto detto “Nabucco”. Perciò hanno già detto ai capi serbi di preoccuparsi di una dipendenza politica ed economica serba. In altre parole gli atlantici si preoccupano che la Serbia non dipenderà più dall’America o solo dall’America. La Serbia è piccola, ma non è stupida.
Il piano degli atlantici è di attuare “la dichiarazione coordinata dell’indipendenza” invece della “dichiarazione d’indipendenza unilaterale” per dare all’atto secessionista “la parvenza della legalità”. Di che politica si tratta, lo si può ben evincere dal documento segreto degli Usa, scoperto in questi giorni, fatto con la Slovenia (in Slovenia c’è già un’indagine in corso sulla “talpa” che ha reso pubblici i piani corrotti e segreti tra gli Usa e la Slovenia nei quali la Slovenia, nota per la sua servilità storica nei confronti dei più forti e per la sua politica antiserba, doveva essere in prima fila tra quelli che per primi proclameranno l’indipendenza anticivile, antistorica e criminale dei terroristi schipetari). Secondo i piani anticivili di Grande Fratello i separatisti schipetari devono proclamare la secessione domenica, in un giorno non lavorativo, per impedire ai Russi d’intervenire subito presso il Consiglio di Sicurezza, che è chiuso la domenica, e dopo le elezioni presidenziali serbe per aiutare così la vittoria del candidato filoamericano Boris Tadic, perché se il Kosovo e Metojia si separerà prima, il presidente attuale serbo perderà certamente le elezioni. La voglia dei separatisti schipetari, dunque, è relativa, perché loro ricevono ordini e programmi, e addirittura gli orari, direttamente dagli Usa.
Nel caso di una secessione unilaterale del Kosovo e Metojia, il Parlamento serbo proclamerà lo stato d’occupazione permanente di una parte del proprio territorio. La Serbia respingerà anche di integrarsi all’Ue. Non si può essere alleati con chi ti strappa con la forza e non con la legge il 15% del territorio nazionale. In breve non si può essere alleati con i filibustieri. In tal caso il cambiamento della rotta politica della Serbia sarà prevalentemente dovuto alla politica della cosiddetta Comunità internazionale che ha basato la sua politica antiserba su ricatti e danni continui compiuti ai danni della Serbia stessa. La provincia serba, la Firenze serba, la regione che ha più templi cristiani di Gerusalemme, diventerà così una nuova Palestina nel cuore dell’Europa e non sarà riconosciuta da molti paesi dell’Ue stessa, da paesi come la Russia, la Cina, Cipro, l’Indonesia, l’Africa del Sud. La Serbia mutilata e calpestata, senza il suo cuore, potrebbe diventare il buco nero dell’Europa che a sua volta costituirà una zona d’instabilità permanente. Proprio questo è uno degli scopi strategici degli Usa, tenere l’Europa sempre in ansia perché l’Europa veramente unita, insieme alla Russia, porrebbe la parola “fine” alla supremazia neocoloniale anglo-americana.
Se non si rispettano gli accordi internazionali come la Risoluzione 1244 sul Kosovo e Metojia, voluta e non rispettata dagli Usa, se certi paesi violano le proprie costituzioni, se la Nato ha violato anche la propria Carta costituzionale, allora è inutile credere in qualsiasi altro accordo internazionale e si va verso il caos geopolitico di tutto il globo e verso il rischio dell’ultima guerra mondiale. L’ultima, perché come diceva Einstein, la quarta sarà possibile, solo se la terza lascerà qualche sopravissuto, ma solo con le clave. Nel caso dell’ex Jugoslavia, l’Ue e gli Usa sono sempre venuti meno agli accordi internazionali firmati da loro stessi, travisandoli o addirittura non rispettandoli apertamente con scuse umilianti e assurde, prepotenti e noncuranti degli interessi degli altri, mai legittime, né legali. La geopolitica dei potenti ora segue la politica della provocazione di una serie di guerre locali limitate e la politica dell’assedio e dell’indebolimento della Russia in attesa del colpo finale. Tale politica si dimostra sbagliata perché ormai l’Iraq è diventato un nuovo Vietnam, l’Afganistan peggio che mai, la provincia serba del Kosovo e Metojia sta sprofondando nel buco narco-mafioso. Il colpo finale ormai non è più possibile perché in Russia non c’è più al potere chi l’aveva quasi rovinata, l’ubriacone corrotto Boris Eltsin.
La politica occidentale ha fallito in tutti questi casi seguendo la filosofia filoamericana del globalismo. Dovunque è intervenuta, la situazione è peggiorata e disastrata perché i veri motivi d’interferenza negli affari interni altrui non erano quelli dichiarati, ma quelli che seguivano una logica sola: quella del Dio Profitto. La leadership europea si è trasformata in Bruxellocrazia fine a se stessa. Mai nella storia dell’Europa i suoi leader sono stati così incapaci di gestire gli interessi europei. La classe dirigente europea spuntata in base alla selezione negativa, dettata dalle regole della quasi democrazia delle megacompagnie di profitti, asservita da una casta di politici servili o strumentalizzati e alienati dalla realtà quotidiana dei cittadini, non rappresenta certamente la vera democrazia del “demos”. Perciò bisogna cercare altre vie di sbocco perché ormai non è più vero che tutte le strade portano a Roma.
Nei Balcani, dove l’Occidente e l’Oriente hanno deciso di incontrarsi, l’Europa ha la possibilità di ritrovare la sua identità e di iniziare la sua nuova vita. La Serbia è il cuore dei Balcani e il Kosovo e MetojPerciò, se l’Europa vuole cominciare a curare i suoi malanni deve cominciare a curarsi nei Balcani.