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Lin-Biao. La lunga marcia fino al potere

di Antonio Rossiello - 21/02/2008

 

Camarade Lin-Biao. La lunga marcia fino al potere



Nato il 5 dicembre 1907 a Huaggang Hupeh nella provincia del Hubei, Lin Biao è stato un leader militare, rivoluzionario e statista - politico del Partito comunista cinese, alleato di Mao Tse Tung -, che ha contribuito alla vittoria comunista, e poi nominato suo successore. La Cina rossa, quella della rivoluzione culturale e dell’antagonismo verso il revisionismo del socialimperialista sovietico russo ed il capitalismo americano, avevano la sua faccia. Lin Biao aveva il volto magro, ammiccante, calvo sotto un berretto verde calato sulla testa con la stella rossa al centro: era l’icona del genio comunista attivo. Nato in una famiglia di piccoli proprietari terrieri, Lin aveva militato nella Lega della Gioventù Socialista nel 1925, iscritto all’Accademia Militare di Whampoa all’età di diciotto anni, divenne militare di carriera nelle fila dell’esercito del Guomindang. In accademia si legò alla fazione che faceva capo a Zhou Enlai ed al generale sovietico Vasily Blyukher, iscrivendosi al Partito comunista cinese.
Dopo partecipò come comandante di plotone alla spedizione a Nord, divenendo comandante di battaglione dell’Esercito Rivoluzionario Nazionale in pochi mesi.
Lin Biao si era diplomato all’Accademia Whampoa nel 1925 e nel 1927 era già colonnello. Dopo la rottura tra il Guomindang ed il Partito comunista cinese, nel 1927 Lin fu epurato da Jiang Jieshi perché militante comunista entro il movimento nazionalista, disertò con il suo reggimento, scappò nel soviet del Jiangxi, evitando la repressione e nel 1928 riuscì ad unirsi a Mao Ze Dong e Zhou Enlai. Lin Biao mostrò le sue brillanti doti di comandante nelle tattiche di guerriglia e, nelle battaglie di accerchiamento del 1934, comandò il primo corpo d’armata dell’Armata Rossa. Rimase al comando per tutta la durata della “lunga marcia” fino al dicembre 1936, quando prese Yan’an destinata a diventare la ‘’capitale rossa’’ fino alla fine della seconda guerra mondiale. Nel settembre 1937, comandante della 115esima divisione dell’ottava armata Lin Biao pianificò la battaglia di Pingxingguan, una delle poche rilevanti vinte dai cinesi contro i giapponesi nel corso della guerra sino-giapponese.
Nel 1938 Lin fu seriamente ferito e gli fu data la carica di comandante dell’Accademia militare comunista a Yan’an.
Carica che ricoprì fino al termine della Seconda Guerra Mondiale eccetto dal 1939 al 1942 che trascorse a Mosca. Con lo scatenarsi della guerra civile Lin fu promosso segretario dell’ufficio per la Cina Nord-orientale e comandante militare delle forze impegnate a combattere nelle provincie dell’ex Manciuria. Dopo aver preso il totale controllo delle campagne, con una serie di assedi, riuscì a sopraffare le truppe del Guomindang aiutate logisticamente dagli Usa e concentrate nelle principali città mancesi. Poi partecipò alla presa della restante Cina Settentrionale ricongiungendosi con il resto dell’Armata Rossa, rinominata Esercito di liberazione del popolo. Nel 1950 Lin Biao con altri generali si oppose ai piani di Mao per una partecipazione cinese alla Guerra di Corea. Il risultato di compromesso fu che le truppe cinesi che vi parteciparono lo fecero senza appoggi logistici e con lo status di ‘’volontari’’. Nel 1954 Lin era vicepresidente del consiglio di Stato, indi iniziò la professionalizzazione dell’esercito cinese con l’ascesa a ministro della Difesa di Peng Teh-huai. Al posto del volontariato ‘’reale’’ Peng fece adottare un regolare sistema di coscrizione, con un esercito di tre anni, ed iniziò un processo di sviluppo tecnico notevole. Peng Teh-huai in nome dell’efficienza militare in senso tecnologico, criticò i programmi di Mao sulle comuni agricole e sul ‘’grande balzo in avanti’’ perché li riteneva dispersivi e limitanti lo sviluppo dell’industria pesante, principale fonte di approvvigionamento dell’esercito. Mao lo accusò di essere un nuovo ’’signore della guerra’’ e di voler porre l’esercito al di sopra del partito e lo fece destituire nell’agosto 1959 dal Plenum del Comitato Centrale. Assunse il ministero di Lin Biao, già vicepresidente del partito dal 1958, che diede una svolta decisiva allo stato di cose creatosi riportando la ‘’politica al primo posto’’ e restaurando, in apparenza, la supremazia del partito sull’esercito. Nel 1965, l’esercito controllava cinque degli otto ministeri industriali e quelli degli Esteri, delle Finanze, dell’Energia Atomica e dello Sport. Durante la rivoluzione culturale l’esercito, nella crisi del potere politico, lacerato dalla lotta tra ‘’maoisti’’ e ‘’revisionisti’’, entrava da protagonista sulla scena. Chiamati, in nome dei loro principi di fedeltà al partito ed a Mao, ad eliminare l’opposizione, i militari si accorsero di essere gli arbitri della situazione e di poter contare come forza autonoma. A rivoluzione conclusa, la forza che si era imposta era l’esercito, e il maresciallo Lin Biao godeva di un potere enorme. Partito come riformatore degli eccessi corporativi e professionali di Peng Teh-huai, Lin Biao aveva portato l’esercito popolare in una posizione di potere sino ad allora inimmaginabile. L’ultimo atto della carriera di Lin Biao dimostrava che l’esercito era una forza tendente all’egemonia assoluta e che scopriva il mezzo tradizionale di tutti gli eserciti per acquisire l’esercizio esclusivo del potere: il colpo di stato. Nel 1959 Mao si ritirava dalla vita pubblica ed in settembre, Lin Biao, eroe della guerra di Corea, divenne ministro della difesa. A Lin Biao fu affidata da Mao la direzione del piano strategico per la sconfitta di Liu Shaoqi mentre all’esercito fu affidata l’esecuzione. Lin Biao epurò dall’esercito gli elementi indesiderabili, decretò lo studio e l’applicazione dei ‘’Pensieri di Mao’’ obbligatori per tutti i soldati e diede un indirizzo politico a tutte le attività dell’esercito. Nel 1962 il personale militare prese parte nelle campagne al movimento di educazione socialista. Dal 1963 al 1966 risuonava per tutte le campagne lo slogan ‘’Imparare dall’Esercito Popolare di Liberazione’’. Nel 1964 l’esercito mandò rappresentanti a tante organizzazioni per istruirvi i giovani in vari compiti. Le organizzazioni degli impianti idroelettrici dichiaravano di voler emulare ‘’lo spirito dell’esercito’’, e i pozzi di petrolio di Taching, altre unità industriali e fattorie di stato si trovavano in parte penetrati da membri o ex – membri dell’esercito. ‘’Così le aree strategiche del potere’’, concluse la Han Suyn, ‘’i settori strategici industriali furono assicurati all’ala rivoluzionaria del partito e strappati ai revisionisti da personale militare’’. Nell’agosto 1966, dopo tale processo di preparazione, fu data vita alla Rivoluzione Culturale con la decisione dei 16 punti del Comitato Centrale del Partito. Entrarono in gioco per dare all’esecuzione dei piani di Mao un’apparenza di spontaneità popolare, gli Hong-wei-bing o ‘’soldati protettori del rosso’’, ovvero le Guardie Rosse, di cui Lin Biao era l’idolo. Queste misero a soqquadro la Cina, spalleggiate dall’esercito, diedero l’impressione di un rullo compressore attivato per schiacciare un pidocchio. La citata decisione parlava di ‘’una manciata di destristi borghesi estremamente reazionari e di revisionisti controrivoluzionari’’.
Azioni indiscriminate furono effettuate contro contadini ed il proletariato, nonché fra gruppi rivali delle stesse ‘’Guardie Rosse’’. Alla fine del 1968 Mao espresse il suo disappunto e per ripristinare l’ordine, l’autorità suprema fu data ai comandanti provinciali dell’esercito.
I nuovi organi del potere furono i Comitati Rivoluzionari, composti in maggioranza da militari. Più della metà degli stati superiori del Partito, epurati durante la ‘’Rivoluzione’’, furono sostituiti, non da membri degli strati inferiori, ma da ufficiali dell’esercito. Al IX Congresso del Partito apparve che dei 170 membri di ruolo del Comitato Centrale il 40% erano membri dell’esercito in servizio e più del 50% di militari membri del Politburo. Con il Partito ricostituito dai militari si passò alla dissoluzione degli organi creati durante la ‘’rivoluzione’’, le organizzazioni di massa e gli stessi comitati rivoluzionari. La misteriosa fine di Lin Biao e la nuova politica di Zhou Enlai il potere dei militari aveva portato ad una direzione del partito tipo Liu Shaoqi. Una rivoluzione fasulla. Uno sfruttamento economico della classe lavoratrice che aveva portato nel 1967 la produzione totale della nazione ridotta del 15% rispetto a quella dell’anno precedente, solo due industrie, quella del petrolio e dell’elettronica mantenevano i loro livelli perché, essenziali agli scopi di guerra.
Nel 1955 Lin fu nominato maresciallo e nel 1958 fu eletto al Politburo o Comitato politico permanente del partito comunista cinese. L’importanza del contado e l’antitesi fra campagna e città erano elementi centrali nella concezione maoista dello Stato, elementi che in Europa avevano costituito la base delle teorie ‘’rurali’’ di Oswald Spengler, Walther Darrè, Karl Dyrssen, Ferenc Szalasi nelle quali il Bauerntum fedele alla terra veniva visto come la fonte delle forze più sane del sangue e del Volk.
La concezione contadina di Mao e di Lin Biao conosceva la contrapposizione fra il borghese, il “nuovo nomade”, l’ “uomo infecondo” – protagonista della Zivilisation, fase terminale, crepuscolare di ogni ciclo – e l’antidemocratica figura del contadino, “principio e scaturigine inesauribile del sangue che nelle città crea la storia mondiale”. Nel nuovo ordine maoista si avveravano le eretiche profezie di chi vedeva nel bolscevismo un regime retto da liberi corpi agricolo-guerrieri, con cui la Germania, ritornata alla sua tradizione socialista e contadina, avrebbe dovuto far fronte comune contro l’Occidente mercantile. Il 3 settembre 1965 Lin aveva pubblicato il testo “Viva la Vittoria della Guerra Popolare”, dal “Quotidiano del Popolo” con tutti i crismi dell’antica solennità comunista: firmato da Lin Biao in qualità di vice presidente del Comitato centrale del partito, di vice primo ministro e di ministro della Difesa nazionale (in pratica nella sua qualifica di terzo esponente della gerarchia comunista dopo Mao Ze Dong e Liu Shaoqi), in occasione del ventesimo anniversario della vittoria contro l’imperialismo giapponese.
Per Lin Biao: “La guerra tempra i popoli e permette di accelerare la marcia della storia”. Riassumeva l’etica spartana instaurata in Cina dal maoismo, un’esaltazione della guerra che venne espressa dalla provocatoria affermazione di Marinetti “sola igiene del mondo”. La falce ed il martello era affiancato, durante la rivoluzione delle Guardie Rosse, da un elemento blasfemo marxisticamente: il fucile. Karl Marx voleva la pace mediante la lotta di classe, Mao Ze Dong voleva la guerra popolare. L’eroismo rivoluzionario occupa un capitolo a sé nel “Libretto Rosso” di Mao, in cui sono esaltate le virtù guerriere, il coraggio, il sacrificio, lo spirito di lotta continua. Il testo ebbe grande rilievo politico per lo sviluppo della Rivoluzione Culturale Cinese, a partire dal raduno delle Guardie Rosse, a Pechino nell’aprile 1966. Le due diverse impostazioni politiche dell’esercizio del potere dovevano venire a confronto in modo violento. Il “Bollettino degli scienziati atomici”, ben informato della Repubblica Popolare Cinese riportava un brano che iniziò la rivoluzione culturale, in esso la meccanizzazione agricola e la crisi si verificò agli inizi del 1966. Mao aveva ricevuto un rapporto su tal problema dal comitato provinciale dello Hupep, rapporto favorevole al suo punto di vista, e chiese che fosse diffuso nel partito su scala nazionale. Liu Shaoqi rifiutò di far circolare il rapporto, o i commenti di Mao che l’accompagnavano, fino a quando il Comitato Centrale non avesse espresso la propria opinione. Incaricò Peng Cheng di redigere questo parere, rivedendo i commenti di Mao e tagliandone l’ammonimento contro una rigida centralizzazione e la condanna della politica agricola sovietica. Pochi giorni dopo Peng fu cacciato dal suo ufficio dalle truppe di Lin Biao e la rivoluzione culturale diventava una lotta per il potere politico. Mao lanciò le “guardie rosse” per scalzare i suoi avversari.
Operazione pericolosa per la dirigenza attorno a Mao Ze Dong, ma rimaneva l’unica via per riprendere il controllo della Cina con un’operazione che rispecchiasse nell’applicazione i concetti fondamentali della linea di Mao “dalle masse alle masse”. Il IX Congresso del Pcc del 26 aprile 1969 segnò ufficialmente la fine della “rivoluzione culturale” e la vittoria completa della fazione maoista su quella di Liu Shaoqi che fu scacciato dal Partito. La frazione maoista, diretta da Lin Biao, conobbe un’alleanza con una parte della vecchia guardia del partito incarnata da Zhou Enlai. Secondo il sinologo belga Simon Leys in Cina non vi fu vera rivoluzione ma solo manipolazione delle masse e dei giovani finalizzata a lotte di potere al vertice della “burocrazia rossa”. Non una lotta tra una destra (i moderati di, Liu Shaoqi, Zhou Enlai, Deng Xiao-ping) ed una “sinistra” (i radicali, Mao, Jiang Qing, Cen Po-ta). Non sinistra come socialismo vero, come aspirazioni egualitarie e libertarie delle masse sfruttate: non nel senso di “destra” come collettivismo burocratico, come interessi della classe dominante. I “moderati” ed i “radicali” erano entrambi di destra; se per destra si intende il ritorno al capitalismo e per sinistra la dittatura sul proletariato, allora erano entrambi di sinistra. Erano due espressioni della medesima classe dominante tecnoburocratica. Il compagno-camerata Lin Biao lavorò strettamente con Mao, che aveva perso il controllo del partito a causa delle politiche economiche sbagliate, pubblicando come manuale di istruzione politica per l’esercito il Libretto rosso dei pensieri di Mao Ze Dong, un volumetto che raccoglieva alcune citazioni dagli scritti di Mao, di cui scrisse di suo pugno la prefazione con la famosa citazione “Studiare gli scritti del presidente Mao, seguire i suoi insegnamenti e agire in accordo con le sue istruzioni”. Famosa la frase di Lin Biao: “Lo studio ideologico deve essere basato per 99% sulle opere del presidente Mao, perché esse superano di gran lunga, per qualità, quelle di Marx, Engels, Lenin e Stalin”. Iniziava il culto della personalità che sarebbe stato determinante per scatenare la rivoluzione culturale contro le strutture del partito comunista stesso. Dal 1971 Mao si orientò verso un fronte uni mondiale antisovietico. Lin Biao si oppose a tale orientamento, per cui fu eliminato. La versione ufficiale lo accusava di essere una spia sovietica ed attribuiva la sua morte ad un incidente aereo mentre fuggiva in Urss. La visita del presidente Usa, repubblicano conservatore, Richard Nixon a Pechino incarnava il nuovo corso, teorizzato da Mao sotto la terminologia della “teoria dei tre mondi”, nettamente antisovietica. Nel 1971 Lin scomparve in circostanze misteriose. Alcuni storici ritengono che Mao aveva programmato di eliminare Lin Biao e per questo Lin e quanti erano legati a lui avevano, a loro volta, pianificato un colpo di stato preventivo. La spiegazione ufficiale fu che Lin Biao, con l’aiuto del figlio Lin Liguo, capo dell’aviazione, aveva pianificato di assassinare Mao tra l’8 settembre ed il 10 settembre 1971 ma che la figlia di Lin Liheng (Doudou) aveva rivelato il complotto. Una volta scoperto, Lin e la sua famiglia ( sua moglie Ye Qun ed i suoi figli) e molti altri suoi aiutanti personali tentarono una fuga in Urss ma l’aereo su cui si erano imbarcati si schiantò, per cause mai precisate, in Mongolia il 13 settembre 1971. Rimane il mistero sulla veridicità della storia. Lin Biao era sinonimo degli eccessi di sinistra, mentre il premier Zhou Enlai carezzava la destra, in mezzo l’olimpico faccione di Mao Ze Dong, con i suoi fedelissimi della “banda dei 4”. Dopo tali eventi in poche settimane molti dei più alti ufficiali dell’esercito furono soggetti a purghe. Le celebrazioni per la fondazione della Repubblica Popolare Cinese del I ottobre 1971 furono misteriosamente cancellate. Le notizie del tentato colpo di stato furono rivelate solo a fine 1972. Le immagini di Lin Biao, presenti in tutte le edizioni del Libretto Rosso, furono distrutte. Dal giorno del supposto tradimento, il suo nome era scomparso da ogni registro ufficiale. Lo scandalo era grande che per mesi la Cina non spiegò la sua scomparsa e la gente di Pechino apprese della disgrazia di Lin Biao dalle trasmissioni allora proibite di “Voice of America”. Anni dopo la morte di Lin Biao la moglie di Mao, Jiang Qing, iniziò la campagna politica nota per il suo slogan “critichiamo Lin Biao critichiamo Confucio” che aveva come scopo di unire all’obiettivo della rivoluzione culturale, l’eliminazione del pensiero feudale, una critica ai nemici politici di Mao ed in questo modo attaccare Zhou Enlai che fino ad allora era rimasto fortissimo. Alla caduta della Banda dei quattro, che di fatto aveva usato la figura di Lin Biao per attaccare Zhou Enlai, Lin Biao fu di nuovo usato per attaccare gli eccessi della rivoluzione culturale in quanto propugnatore del culto della personalità di Mao. Dichiarato traditore, ad oggi la sua figura non è mai stata riabilitata. Da qualche mese Lin Biao è tornato insieme ad altri nove marescialli della Cina in una mostra al museo di storia militare di Pechino. La Nuova Cina che annunciava la sua presenza metteva tra parentesi il termine “traditore’. L’accusa che nel 1971 gli venne mossa era stata quella di avere tentato il golpe contro Mao, sventato un minuto prima della realizzazione. La sua apparente riabilitazione politica è qualcosa di enorme, significa che la versione ufficiale della storia viene messa in dubbio dallo stesso regime comunista nel suo nuovo corso nazional-capitalista. Lin Biao e Lin Liguo volevano eliminare Mao perché ne avevano visti gli eccessi e l’irragionevolezza durante la rivoluzione culturale. La riammissione di Lin accrediterebbe tale versione della storia, oltre a riabilitare l’intera aviazione, che storicamente voleva un esercito più moderno, contro un Mao convinto che le guerre si vincessero solo con cospicui eserciti di terra.
La lettura politica contemporanea era che la mostra apparteneva alle grandi manovre politiche prima del congresso del partito del 15 ottobre 2007, quando il presidente Hu Jintao ottenne il rafforzamento del suo mandato. Hu si schierava con i generali più giovani, più innovatori, modernizzatori, che volevano un esercito diverso, più agile e più tecnologico del passato. Nelle settimane prima del congresso, in Cina si respirava un’aria elettrica: il mensile più riformista del Paese “Yanhuang Chunqiu” aveva dedicato la storia di copertina di uno dei suoi ultimi numeri a un violento attacco contro lo stallo delle riforme volute da Deng Xiaoping. Il mensile aveva sostenuto che i problemi del Paese del momento derivano dal monopolio del potere del partito comunista.
Un articolo teorico e apparentemente neutrale, che denunciava il dibattito politico interno acceso. La presunta riabilitazione di destra o di sinistra è al di fuori dei vecchi rapporti dialettici del partito. Il generale Liu Yazhou vorrebbe un esercito più forte, posizione tradizionalmente di “sinistra”, ma ammicca anche ai nemici-amici Usa, in un inconscio legame freudiano di odio amore.