Non dobbiamo aver paura dei fantasmi della nostra storia
di Giuseppe Ardica - 21/02/2008
Fonte: lastorianascosta
UNA LETTERA DI GIUSEPPE ARDICA, AUTORE DEL LIBRO "Io, l'uomo nero", LA CUI PRESENTAZIONE E' STATA ANNULLATA DOPO LE PROTESTE DI MIRIAM MAFAI SU REPUBBLICA
![](http://www.marsilioeditori.it/copertine/prime/3179422.jpg)
![](http://www.unisob.na.it/inchiostro/ifoto/17112006141637.jpg)
Caro Giovanni,
sono il giornalista che ha raccolto e scritto il racconto di Pierluigi Concutelli, l’ex terrorista neofascista mai pentito che il 10 luglio del 1976 assassinò a Roma il giudice Vittorio Occorsio. Vorrei spiegare – se tu me lo permetti – le ragioni di un libro (il titolo è Io, l’uomo nero , edito da Marsilio) che già sta facendo discutere prima ancora di essere pubblicato.
Sono nato nel 1971 e appartengo a una generazione cresciuta negli anni di piombo ma lontana da quel periodo cupo per mentalità, visione del mondo, contingenze culturali e sociali. Io appartengo alla generazione di Drive in e dei fast food: immune, e io dico per fortuna, dall’estremismo ideologico e dall’uso sistematico della violenza politica. Distante anni luce dalle spranghe, dalle molotov e dai morti che hanno insanguinato un pagina ancora oscura della storia del nostro Paese. Ma la mia è anche una generazione che vorrebbe capire il perché di quegli anni terribili: le stragi che hanno fatto decine e decine di morti innocenti e le ragioni che stavano dietro agli editti firmati da raffinati intellettuali contro un commissario di polizia freddato, poi, a colpi di pistola. Sono domande alle quali soltanto le testimonianze dei protagonisti possono dare risposte. E non risposte giudiziarie, sia chiaro. Quelle spettano ai magistrati. Ma soltanto personali, politiche, storiche e sociologiche.
Ecco, allora, le ragioni di un libro intervista a Pierluigi Concutelli, responsabile non soltanto dell’omicidio del giudice Occorsio ma anche delle morti di due ex suoi camerati in odor di pentimento. Il libro è solo la storia di un uomo colpevole di reati gravissimi, che spero possa aiutare a capire – dando un punto di vista sicuramente parziale- perché giovani promettenti e colti, furono travolti da una follia ideologica e sanguinaria che li trasformò in assassini spietati. Tutti: neri e rossi. Comunisti e fascisti. Pentiti, dissociati e non pentiti.
Per questo mi ha stupito leggere l’articolo firmato su “Repubblica” da Miriam Mafai, una collega che ho sempre stimato per la sua lungimiranza e per la sua onestà intellettuale. La signora Mafai ha detto che a certi personaggi non può essere consentito di presentare un libro o partecipare a manifestazioni pubbliche. Facendo una differenza sostanziale tra gli ex terroristi pentiti e quelli che non hanno mai rinnegato il loro passato: i primi liberi di raccontare la loro storia, gli altri invece relegati nel dimenticatoio della memoria. Io credo invece fermamente che un assassino è sempre un assassino. Pentito o no, dissociato o no, poca importa. Ma non per questo debba essere costretto al silenzio, specialmente se le sue parole possono aggiungere una nuova tessera nell’ ingarbugliato mosaico degli “anni di piombo”. I fantasmi, gli incubi della nostra storia, non possono e non devono farci paura.
sono il giornalista che ha raccolto e scritto il racconto di Pierluigi Concutelli, l’ex terrorista neofascista mai pentito che il 10 luglio del 1976 assassinò a Roma il giudice Vittorio Occorsio. Vorrei spiegare – se tu me lo permetti – le ragioni di un libro (il titolo è Io, l’uomo nero , edito da Marsilio) che già sta facendo discutere prima ancora di essere pubblicato.
Sono nato nel 1971 e appartengo a una generazione cresciuta negli anni di piombo ma lontana da quel periodo cupo per mentalità, visione del mondo, contingenze culturali e sociali. Io appartengo alla generazione di Drive in e dei fast food: immune, e io dico per fortuna, dall’estremismo ideologico e dall’uso sistematico della violenza politica. Distante anni luce dalle spranghe, dalle molotov e dai morti che hanno insanguinato un pagina ancora oscura della storia del nostro Paese. Ma la mia è anche una generazione che vorrebbe capire il perché di quegli anni terribili: le stragi che hanno fatto decine e decine di morti innocenti e le ragioni che stavano dietro agli editti firmati da raffinati intellettuali contro un commissario di polizia freddato, poi, a colpi di pistola. Sono domande alle quali soltanto le testimonianze dei protagonisti possono dare risposte. E non risposte giudiziarie, sia chiaro. Quelle spettano ai magistrati. Ma soltanto personali, politiche, storiche e sociologiche.
Ecco, allora, le ragioni di un libro intervista a Pierluigi Concutelli, responsabile non soltanto dell’omicidio del giudice Occorsio ma anche delle morti di due ex suoi camerati in odor di pentimento. Il libro è solo la storia di un uomo colpevole di reati gravissimi, che spero possa aiutare a capire – dando un punto di vista sicuramente parziale- perché giovani promettenti e colti, furono travolti da una follia ideologica e sanguinaria che li trasformò in assassini spietati. Tutti: neri e rossi. Comunisti e fascisti. Pentiti, dissociati e non pentiti.
Per questo mi ha stupito leggere l’articolo firmato su “Repubblica” da Miriam Mafai, una collega che ho sempre stimato per la sua lungimiranza e per la sua onestà intellettuale. La signora Mafai ha detto che a certi personaggi non può essere consentito di presentare un libro o partecipare a manifestazioni pubbliche. Facendo una differenza sostanziale tra gli ex terroristi pentiti e quelli che non hanno mai rinnegato il loro passato: i primi liberi di raccontare la loro storia, gli altri invece relegati nel dimenticatoio della memoria. Io credo invece fermamente che un assassino è sempre un assassino. Pentito o no, dissociato o no, poca importa. Ma non per questo debba essere costretto al silenzio, specialmente se le sue parole possono aggiungere una nuova tessera nell’ ingarbugliato mosaico degli “anni di piombo”. I fantasmi, gli incubi della nostra storia, non possono e non devono farci paura.