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Non dobbiamo aver paura dei fantasmi della nostra storia

di Giuseppe Ardica - 21/02/2008

Fonte: lastorianascosta

UNA LETTERA DI GIUSEPPE ARDICA, AUTORE DEL LIBRO "Io, l'uomo nero", LA CUI PRESENTAZIONE E' STATA ANNULLATA DOPO LE PROTESTE DI MIRIAM MAFAI SU REPUBBLICA




 


Caro Giovanni,
sono il giornalista che ha raccolto e scritto il racconto di Pierluigi Concutelli, l’ex terrorista neofascista mai pentito che il 10 luglio del 1976 assassinò a Roma il giudice Vittorio Occorsio. Vorrei spiegare – se tu me lo permetti – le ragioni di un libro (il titolo è Io, l’uomo nero , edito da Marsilio) che già sta facendo discutere prima ancora di essere pubblicato.
Sono nato nel 1971 e appartengo a una generazione cresciuta negli anni di piombo ma lontana da quel periodo cupo per mentalità, visione del mondo, contingenze culturali e sociali. Io appartengo alla generazione di Drive in e dei fast food: immune, e io dico per fortuna, dall’estremismo ideologico e dall’uso sistematico della violenza politica. Distante anni luce dalle spranghe, dalle molotov e dai morti che hanno insanguinato un pagina ancora oscura della storia del nostro Paese. Ma la mia è anche una generazione che vorrebbe capire il perché di quegli anni terribili: le stragi che hanno fatto decine e decine di morti innocenti e le ragioni che stavano dietro agli editti firmati da raffinati intellettuali contro un commissario di polizia freddato, poi, a colpi di pistola. Sono domande alle quali soltanto le testimonianze dei protagonisti possono dare risposte. E non risposte giudiziarie, sia chiaro. Quelle spettano ai magistrati. Ma soltanto personali, politiche, storiche e sociologiche.
Ecco, allora, le ragioni di un libro intervista a Pierluigi Concutelli, responsabile non soltanto dell’omicidio del giudice Occorsio ma anche delle morti di due ex suoi camerati in odor di pentimento. Il libro è solo la storia di un uomo colpevole di reati gravissimi, che spero possa aiutare a capire – dando un punto di vista sicuramente parziale- perché giovani promettenti e colti, furono travolti da una follia ideologica e sanguinaria che li trasformò in assassini spietati. Tutti: neri e rossi. Comunisti e fascisti. Pentiti, dissociati e non pentiti.
Per questo mi ha stupito leggere l’articolo firmato su “Repubblica” da Miriam Mafai, una collega che ho sempre stimato per la sua lungimiranza e per la sua onestà intellettuale. La signora Mafai ha detto che a certi personaggi non può essere consentito di presentare un libro o partecipare a manifestazioni pubbliche. Facendo una differenza sostanziale tra gli ex terroristi pentiti e quelli che non hanno mai rinnegato il loro passato: i primi liberi di raccontare la loro storia, gli altri invece relegati nel dimenticatoio della memoria. Io credo invece fermamente che un assassino è sempre un assassino. Pentito o no, dissociato o no, poca importa. Ma non per questo debba essere costretto al silenzio, specialmente se le sue parole possono aggiungere una nuova tessera nell’ ingarbugliato mosaico degli “anni di piombo”. I fantasmi, gli incubi della nostra storia, non possono e non devono farci paura.