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La Nuova Russia di Vladimir Putin

di G.Rèpaci - 22/02/2008

 


La costante crescita economica accompagnata da posizioni forti in politica estera e nella difesa dei propri interessi sia all’interno che al di fuori dei confini nazionali sono il segno che la Russia è determinata a farsi rispettare sia dall’Occidente che dagli Stati Uniti. A essere convinto di ciò è innanzitutto il presidente uscente Vladimir Putin che il 2 marzo prossimo, alla scadenza del suo secondo e ultimo mandato, sarà costretto a lasciare il Cremlino. È certo ormai, che però, il leader, non abbandonerà il Paese al suo destino, rinunciando alla politica russa e a quella internazionale. «È di fondamentale importanza mantenere Vladimir Putin nella più alta carica del potere esecutivo, ovvero in quella di leader del Governo della Russia», è stato fatto subito sapere dal suo delfino Dmitri Medvedev. Putin che ha espresso la massima fiducia nel suo successore, dichiarandosi sicuro che in politica ci sarà continuità ed esprimendo soddisfazione per un suo futuro da premier: «Il governo ha molti poteri, come il bilancio, la politica finanziaria e creditizia, l’economia, l’ecologia, il commercio estero, la sicurezza. Il presidente è garante della costituzione e stabilisce le linee fondamentali della politica del Paese. Vi assicuro che non ci saranno problemi nella distribuzione dei poteri tra me e Medvedev se gli elettori gli permetteranno di diventare presidente». E sulla possibilità « di servire il Paese in un diverso ruolo» Putin ha espresso piena soddisfazione.


Se Medvedev riuscirà a venire eletto presidente della Russia, l’assetto politico del Paese sarà destinato a cambiare. E’ comunque difficile da credere, che il presidente uscente, dopo essere stato leader del Cremlino per più di otto anni accetti di diventare il numero due nelle gerarchie ufficiali del Paese, il suo sì alla poltrona di primo ministro potrebbe essere accompagnato da una richiesta di nuovi poteri e competenze attualmente nelle mani del capo di stato. Si prospetta, quindi, la possibilità di una riforma costituzionale che potrebbe trasformare il sistema politico russo «in repubblica semipresidenziale o semiparlamentare», come ha recentemente fatto sapere il leader nazionalista Zhiriniovsky.


In occasione del suo ultimo discorso da presidente nel Consiglio di stato, il Putin ha voluto precisare quale sarà il programma nazionale fino al 2020. Dopo aver respinto con vigore le accuse sulla mancanza di democrazia in Russia e dopo aver bocciato la possibile dichiarazione d’indipendenza del Kosovo ed aver minacciato di puntare i missili contro i Paesi dell’ex Patto di Varsavia che apriranno le porte a siti militari “occidentali”, il Presidente uscente ha sottolineato come ormai la Russia sia «tra le prime sette economie mondiali» e come ora punti ad un ulteriore sviluppo, non solo economico, ma anche , e soprattutto, sociale. In otto anni, il Paese ha saputo vincere contro il separatismo, «la repubblica Cecena è diventata pienamente parte della Federazione russa», e ha saputo sferrare «un colpo decisivo al terrorismo». Ma ha anche saputo sottrarsi alla morsa degli oligarchi e al meccanismo decisionale dettato da monopoli, gruppi di potere, magnati dei media, fanatici neo-populisti, eliminando la sfiducia nello stato. Guardare avanti, per Mosca, significa oggi porre al centro dell’interesse nazionale i cittadini, a cui è dedicato un programma di sviluppo a lungo termine che prevede il raggiungimento di un livello di vita (che si è abbassato notevolmente dalla caduta dell’Urss) analogo a quello di altri stati dell’Occidente economicamente sviluppati. E’ difficile immaginare con esattezza quale futuro si prospetta per questo Paese, dell’unico stato dell’ex Unione Sovietica i cui profondi cambiamenti provocati dalla fine della guerra fredda e dal crollo del comunismo hanno condotto a esiti così ambigui. Concetti come stabilità, democrazia, libero mercato, rapporto con l’Occidente sono quelli su cui si interroga chi vuole conoscere più a fondo la storia della Russia dal 1989 a oggi. E c’è chi come lo studioso Stephen Lovell, parlando di Destinazione incerta (che è il titolo del libro edito in Italia da EDT), ha già tentato di fornire delle risposte, partendo dall’idea che «la Russia attraversa una fase di relativa stabilità» e che «il suo futuro a medio termine sarà quello di una democrazia non liberale».