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Costruire una casa in Cisgiordania. Ovvero come Israele discrimina tra palestinesi e coloni israelia

di Carlo M. Miele - 22/02/2008




Per un palestinese che vive nella parte della Cisgiordania sotto controllo dell’amministrazione civile israeliana (area C) ottenere un permesso edilizio costituisce una sorta di utopia. In compenso, e al contrario di quanto capita ai suoi vicini ebrei, se realizza una costruzione non autorizzata ha quasi la certezza che verrà distrutta.

È questo il quadro che viene fuori dall’ultimo rapporto di Peace Now, ong israeliana impegnata da tempo contro gli insediamenti illegali nei Territori palestinesi occupati.

Tra il 2000 e il 2007 – si legge nel documento - Israele ha approvato meno del 6 per cento delle richieste di costruzione dei residenti palestinesi della Cisgiordania occupata, concedendo solo 91 permessi a fronte di 1.624 richieste, mentre nello stesso arco temporale ai coloni israeliani sono state rilasciate ben 18.472 concessioni edilizie.

Per questa ragione – afferma l’ong - nelle aree della Cisgiordania poste sotto il pieno controllo delle autorità israeliane (pari ai due terzi del totale) è in corso una "evidente discriminazione" a danno dei palestinesi.

Una la disparità di trattamento che – continua Peace Now - emerge con chiarezza anche quando si tratta di fare i conti con le costruzioni illegali. In questo caso, l’esercito israeliano ha demolito il 33 delle strutture abusive realizzate da palestinesi e solo il 7 per cento di quelle dei coloni israeliani.

Qaryut, caso esemplare


L’esempio più evidente di quanmto sostenuto nel rapporto si ha a Qaryut, villaggio palestinese a sud di Nablus.

Ufficialmente l’abitato è posto sotto il controllo dell’amministrazione civile palestinese, ma quasi tutte le sue infrastrutture rientrano nell’area C, che fa capo alle autorità di Tel Aviv. Il risultato è che i progetti di ogni opera di pubblico interesse, dalle strade ai servizi idrici, si scontrano con la mancata autorizzazione israeliana.

L’esempio citato da Peace Now è quello della strada di 1,5 chilometri che conduce dal villaggio alla Road 60, l’arteria principale della Cisgiordania. Fino a oggi la richiesta della municipalità di Qaryut risalente al 1999 per pavimentarla e per apportare migliorie non è stata accolta dall’amministrazione civile israeliana.

A peggiorare le cose, l’Idf ha bloccato la strada con una montagna di terra, costringendo gli abitanti del villaggio a compiere un giro più largo (23 chilometri) attraverso gli abitati di Talfit e Qabalan per raggiungere lo stesso punto.
 
Dati manipolati?

Secondo fonti israeliane, i dati citati da Peace Now, e tratti dall’Ufficio centrale di statistica dell’Israeli Defence Force (Idf), sarebbero scorretti, in quanto manipolati.

I palestinesi – ha spiegato alla Bbc il capitano Zidki Maman della amministrazione civile della Cisgiordania – solo di rado avanzano richieste di permessi di costruzione, altrimenti “ci potrebbero essere migliaia di approvazioni in più”.

Sempre secondo Maman, l’ong nel conto delle strutture non autorizzate abbattute avrebbe incluso anche quelle distrutte autonomamente dai palestinesi, ma non quelle distrutte volontariamente dagli israeliani.