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Dodici domande ai candidati presidenziali USA

di Helmut Schmidt* - 25/02/2008

L’ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt ha pubblicato sul quotidiano « Die Zeit » dodici domande ai candidati alla Casa Bianca. Esse in realtà sono rivolte pure ai responsabili europei, perché richiedono una verifica della posizione degli Stati Uniti nelle relazioni internazionali e sottolineano numerose incertezze che molti fingono di ignorare. Auspicando una leadership USA, Helmut Schmidt mostra che per ambire di nuovo a tale ruolo Washington deve cambiare radicalmente politica.



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20 febbraio 2008



Anche se noi Europei non partecipiamo alle elezioni degli Stati Uniti, vorrei comunque porre alcune domande ai candidati alla presidenza di quel paese. Perché l’esperienza acquisita nel corso di tutto l’ultimo secolo ci ha insegnato che la politica estera di qualsiasi presidente degli Stati Uniti ha un’importanza cruciale per noi Europei. Nell’autunno 2003 il presidente Bush jr. ci annunciò : « Missione compiuta ». Ma ancor oggi, dopo quasi cinque anni, non abbiamo ancora una chiara visione di che cosa sia questa missione, dei suoi obiettivi e della sua finalità... mentre si sono aggiunte nuove incertezze.



L’eredità politica che il nuovo presidente USA dovrà assumersi nel 2009 sembra più complessa, più globale e nettamente più pesante dell’eredità del Vietnam che il presidente Nixion, rieletto nel 1969, aveva ricevuto dai suoi predecessori Kennedy e Johnson. Del resto, né Nixon, né i suoi successori Gerald Ford e Jimmy Carter, riuscirono a ristabilire la fiducia in se stessa della nazione statunitense. Solo Reagan vi arrivò, aiutato in ciò dal passaggio del tempo e dalle particolari circostanze storiche. Ma nelle attuali lotte per la designazione alle primarie presidenziali la memoria dei pesanti errori commessi durante la guerra del Vietnam continua ad esercitare un’influenza importante sull’opinione pubblica e sui discorsi dei candidati.



Ci dicono che questa è una ripartenza, almeno è quello in cui spera il popolo americano. Ma ciò vale anche per la politica estera ? Perché, anche se certi candidate hanno fatto pubblicare a loro nome, nell’influente rivista Foreign Affairs, degli articoli intelligenti su tale argomento, resta il fatto che nei loro discorsi i veri progetti e le intenzioni in materia di politica estera e di sicurezza non sono menzionati che di sfuggita. Senza grandi particolari. Con nostra grande delusione, questa politica ci sembra molto incerta. D’altra parte, noi Europei sappiamo per esperienza che, in una democrazia, le campagne elettorali raramente sono condotte col massimo della chiarezza, si rimane perlopiù sul fondo limaccioso delle idee generali.



Comunque, dato che né il percorso politico, né i discorsi dei candidati in lizza lasciano presagire quella che sarà la loro politica estera in caso di vittoria, non si può non auspicare da entrambi almeno un grande discorso generale sulla loro visione geopolitica. A noi Europei piacerebbe avere le risposte a certe domande, perché queste non riguardano solo l’America e hanno un impatto diretto sul quotidiano in Europa. Tali domande includono, evidentemente, le due guerre in corso, in Iraq e in Afghanistan, ma vanno ben oltre.



1. Come contate di mettere fine alla guerra in Iraq ? Quali mezzi contate di impiegare ? Quale aspetto deve avere, alla fine, l’Iraq ?

2. Qual è il vostro fine in Afghanistan ? E’ solo l’eliminazione di Al Qaïda o anche quella dei Talebani ? Oppure si tratta di costruire una democrazia ?



3. Nel caso in cui Al Qaïda si installasse in modo duraturo nel Pakistan, anzi nel caso in cui l’organizzazione riuscisse ad accedere all’armamento nucleare pakistano, interverreste militarmente anche in Pakistan ?



4. Qual è la vostra strategia per arrivare ad una soluzione pacifica del conflitto che dura da mezzo secolo tra Israele e i suoi vicini arabi ? Vi impegnerete per la creazione di uno Stato palestinese oppure la conferenza di Annapolis non sarà che un episodio tra altri ?



5. Ora che i servizi segreti USA hanno pubblicamente constatato che l’Iran ha abbandonato le sue intenzioni di dotarsi dell’arma nucleare quale sarà la futura politica degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran ?



6. Un quarto degli Stati esistenti al mondo è interamente o in buona parte islamico : vi impegnerete per la tolleranza religiosa e culturale verso l’islam e vi opporrete a quelli che caldeggiano uno scontro di civiltà con l’islam ?



7. Siete d’accordo con l’opinione espressa, tra gli altri, da Zbigniew Brzezinski [1], per la quale, oltre al Vicino e al Medio Oriente, la Russia rappresenta una delle grandi sfide per la sicurezza globale ? O, invece, condividete la nostra per cui la Russia, dopo Gorbachev non ha mai violato militarmente le sue frontiere e si comportata verso l’estero in maniera più pacifica di quanto aveva fatto in epoca zarista o sovietica ? Il sistema ABM (antimissile balistico), la cui installazione è prevista in Polonia e nella Repubblica Ceca, ha il fine di proteggere quei paesi nonché gli Stati Uniti o invece solo quello di intimidire la Russia ? Accettate il ruolo di attore politico ed economico mondiale che svolge la Russia ?



8. Accettate il ruolo di attore politico ed economico mondiale che svolge la Cina ? Inviterete, infine, la Cina ai vertici dei capi di Stato ?



9. Siete disposti ad adempiere a tutti gli obblighi derivanti per gli Stati Uniti dal Trattato di non proliferazione e dagli altri trattati sui missili e le forze convenzionali in Europa ? Ristabilirete il trattato ABM tendente ad impedire una nuova corsa agli armamenti antimissile, che il vostro predecessore ha imprudentemente annullato ? Ratificherete, infine, l’adeguamento del trattato sulle forze convenzionali in Europa, cosa che il vostro predecessore ha sempre rifiutato di fare ?



10. Dopo che due presidenti statunitensi hanno rifiutato di aderire al protocollo di Kyoto, gli Stati Uniti si uniranno ad una limitazione contrattuale mondiale delle emissioni di gas a effetto serra ?



11. La vostra politica di bilancio e finanziaria si darà l’obiettivo di riequilibrare il deficit estremamente elevato della vostra bilancia dei pagamenti ? Gli Stati Uniti smetteranno di fondare la loro crescita sull’accaparramento di risparmio e capitali da altri paesi ? Siete d’accordo di partecipare ad un’aumentata sorveglianza dei mercati finanziari mondiali altamente speculativi ?



12. Per gli Stati Uniti, la Carta delle Nazioni Unite è ancora il fondamento del diritto internazionale in vigore ?





Dalla creazione degli Stati Uniti d’America, la loro politica estera è stata contrassegnata alternativamente da tendenze isolazioniste, imperialiste o, ancora, internazionaliste, ogni volta con conseguenze diverse. Numerosi Europei considerano la politica globalmente unilaterale dell’attuale presidente come espressione di una volontà imperialista. Ma, malgrado ciò, abbiamo mantenuto la nostra fiducia nelle istituzioni democratiche della nazione statunitense. Per noi, gli Stati Uniti sono e restano una fonte di libertà e di lotta contro l’oscurantismo. Per contro, sappiamo che l’occidente da solo non è in grado di regolare il mondo. Perché gli Stati Uniti non rappresentano nemmeno il 4 % della popolazione mondiale e se aggiungiamo l’Unione Europea arriviamo solo al 12 %... Verso la metà di questo secolo non rappresenteremo nemmeno il 10 % della popolazione di questo pianeta.



Oggi, anche se la fiducia degli Europei nella leadership statunitense è turbata, vogliamo comunque mantenere la cooperazione atlantica. Ci piacerebbe tanto poter di nuovo amare l’America. Ma siamo stati resi scettici dal fatto che in questi ultimi dieci anni Washington si è preoccupata di noi solo quando si è trattato di chiedere soldati ausiliari o finanziamenti.



Nello stesso tempo, noi Europei siamo consapevoli della nostra debolezza. Perché, se abbiamo imparato a decidere insieme dei criteri di manutenzione delle nostre teleferiche o della profondità delle vasche nei nostri zoo, siamo al momento incapaci di uscire dalla teoria quando si tratta di determinare una politica estera comune all’Unione Europea. È per questo che ci attendiamo molto dalla leadership statunitense e speriamo in una direzione razionale e multilaterale da parte del nuovo presidente degli Stati Uniti — tanto più che siamo persuasi della vitalità dell’America.





* Ex cancelliere socialdemocratico tedesco (1974-1982), Helmut Schmidt è caporedattore aggiunto ed editorialista di Die Zeit.





Articolo inizialmente pubblicato in tedesco su Die Zeit del 6 gennaio 2008.


Traduzione dalla versione francese curate da Grégoire Seither.



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[1] Attuale consigliere di Barack Obama. Ndlr.



Voltaire, édition internationale